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Disoccupazione ferma all'11,4%, ma il lavoro c'è solo per i 50enni

Ad agosto il numero degli occupati è cresciuto solo grazie ai nuovi assunti più anziani: i giovani al lavoro sono sempre meno. La dinamica prosegue da un anno, nonostante il Jobs Act

 

di GIULIANO BALESTRERI

 

30 settembre 2016

 

MILANO - Se come certifica l'Istat i giovani italiani che vivono a casa dei genitori, sul modello del francese Tanguy, sono in continuo aumento è perché il lavoro c'è, ma solo per gli over 50. A metterlo nero su bianco è sempre l'Istat nel rapporto mensile su occupati e disoccupati dal quale emerge come ad agosto il tasso di disoccupazione sia rimasto invariato rispetto a luglio all'11,4%.

 

Il numero degli occupati è aumentato solo grazie ai 50enni: i 162mila nuovi occupati degli ultimi 12 mesi sono frutto di una crescita di 401mila unità tra gli over 50 a fronte di un calo di 239mila giovani. Nonostante il Jobs Act, l'occupazione giovanile rimane una piaga che il governo non riese a curare. Il calo della disoccupazione giovanile ad agosto - scesa al 38,8% - diventa quindi poco significativo: un po' perché si tratta del 10,2% dei giovani tra i 15 e i 24 (dal calcolo sono per definizione esclusi i giovani inattivi, cioè coloro che non sono occupati e non cercano lavoro, nella maggior parte dei casi perchè impegnati negli studi); un po' perché in termini assoluti il numero di giovani occupati in quella fascia di età è lo stesso di un anno fa.

 

Più preoccupante piuttosto la situazione delle fascia compresa tre 25 e 49 anni per la quale il numero di occupati è calato di 39mila unità in un mese e di 238mila unità in un anno. Sono i considetti lavoratori senza pensione, ma anche senza lavoro nella quale rientra anche la generazione 1980, quella che il presidente della Bce, Mario Draghi, ha definito la "più istruita di sempre", ma che rischia di essere perduta definitivamente. D'altra parte da tempo l'Istat ha confermato i temuti calcoli dell'Inps secondo cui per un lavoratore tipo nato tra il 1980 e il 1990 c'è "una discontinuità contributiva, legata probabilmente a episodi di disoccupazione, di circa due anni". Un buco destinato a pesare sul raggiungimento delle pensioni, che a seconda del prolungamento dell'interruzione può slittare "fino anche a 75 anni".

 

Per quanto riguarda la qualità del lavoro, la crescita tendenziale degl occupati è attribuibile esclusivamente ai dipendenti permanenti (+253 mila) e si manifesta per uomini e donne, mentre gli indipendenti calano dell'1,6% (-89 mila). In discesa anche gli inattivi: -2,1% (-296 mila). Ad agosto i disoccupati - cioè coloro che sono in cerca di un lavoro - erano 2,9 milioni di persone.

 

L'Istat permette quindi al governo di aggiornare i propri conti: dalla nomina di Matteo Renzi alla presidenza del consiglio, avvenuta nel febbraio 2014, sono stati creati 589mila nuovi posti di lavoro, ma il risultato è dovuto soprattutto al varo - nel 2015 - degli incentivi fiscali triennali per le assunzioni a tempo indeterminato (8 mila euro l'anno di sgravi, poi ridotti a 3.250 dal 2016), mentre il 7 marzo dello scorso anno è entrato in vigore il Jobs Act. A preoccupare, però, è l'allungamento dell'età lavorativa che porta sempre meno giovani ad entrare nel mercato del lavoro, alimentando i dubbi sulla tenuta del sistema pensionistico.

 

Soddisfatto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, secondo cui "il mercato del lavoro registra, ad agosto, un leggero incremento determinato essenzialmente dalla crescita dei lavoratori dipendenti permanenti". Nel secondo trimestre dell'anno, "gli occupati che lavorano per più di 32 ore settimanali sono il 68,5% del totale, con un aumento di quasi 3 punti percentuali rispetto al dato del secondo trimestre 2015". Con questi dati, sottolinea il ministro, "vengono smentite le illazioni secondo cui l'aumento dell'occupazione sarebbe riferito principalmente ai voucher o a lavori occasionali, poiché si evidenzia che oltre il 90% dei lavoratori si colloca nelle fasce orarie più alte della rilevazione".

 

Per i voucher, sono previsti nuovi limiti per contenere l'abuso. 

"Ma non sarà sufficiente se non scende il costo del lavoro"

 

(La Repubblica)