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Valloni come Asterix: tengono in scacco l'Ue e non ratificano il Ceta

 

Come i galli dell'Impero romano, i belgi francofoni non si piegano ai desideri di Bruxelles perché non sono convinti dalla clausola sulla protezione degli investimenti esteri nel trattato di libero scambio con il Canada. A rischio il futuro della politica commerciale europea

 

di GIULIANO BALESTRERI

 

21 ottobre 2016

 

MILANO - Asterix ha lasciato la Gallia per la piccola Vallonia da dove tiene in scacco l'intera Unione europea mostrandone tutta la fragilità internazionale. Alla prima vera prova di forza in materia di commercio estero, la Ue rischia di schiantarsi con il muro della regione francofona belga che - almeno per il momento - non ha alcuna intenzione di dare il proprio via libera al Ceta, il trattato di libero scambio con il Canada. Così come Giulio Cesare non riusciva a imporre il suo controllo a galli, così i 27 non riescono a ottenere da valloni il via libera a quell'accordo internazionale considerato come l'antipasto del più discusso Ttip.

 

A non convincere i valloni - il cui voto è necessario perché il governo federale belga prenda una decisione - è in particolar modo la clausola sulla protezione degli investimenti esteri. La stessa che Bruxelles ha proposto di inserire agli americani nel Ttip con il doppio effetto negativo di non convincere gli Stati Uniti (perché troppo morbida e troppo favorevole ai governi, secondo i criteri Washington) e neppure gli oppositori del trattato (perché così a favore delle multinazionali da impedire agli Stati di prendere decisioni).

 

E così è fallito anche il tentativo di accordo in extremis provato questa mattina dalla ministra canadese al commercio, Chrystia Freeland che questa mattina ha incontrato il presidente del governo della Vallonia, Paul Magnette: "Le discussione sono fine e sono fallite. E' un'opportunità mancata. Sono molto delusa" ha detto Freeland. "Nel corso degli ultimi mesi,

abbiamo lavorato molto con la Commissione e gli stati membri, ma sembra evidente che l'Ue non è in grado ora di avere un accordo internazionale, nemmeno con un Paese che ha dei valori così europei come il Canada, nemmeno con un Paese così gentile, così paziente", ha chiosato Freeland sull'orlo delle lacrime.

 

"Ci sono stati degli avanzamenti significatici in particolare sul dossier agricolo tuttavia ci sono difficoltà per noi sul dossier dell'arbitraggio" in caso di controversia, ha detto Magnette. A preoccupare i valloni - come detto - sono i tribunali formati sulla base di regole concordate dalle parti ai quali potranno rivolgersi le multinazionali che investono in un paese qualora si sentissero danneggiate da decisioni governative.

 

Nell'accordo Ceta è previsto un tribunale di 15 giudici nominati dalla Ue e dal Canada con audizioni pubbliche, ma secondo le critiche non ci sono sufficienti garanzie sull'indipendenza dei giudici. Il primo ministro belga, Charles Michel ha quindi parlato di "radicalizzazione" delle posizioni della Vallonia: "Siamo vicini all'ora della verità, ma non sono sicuro di come andranno le cose".

 

Il presidente Ue, Donald Tusk ha ribadito ai 28 leader che c'è il pericolo che il Ceta sia l'ultimo accordo commerciale negoziato (e non ratificato nè, quindi, applicato) dall'Unione perché un "No" comprometterebbe i futuri accordi commerciali globali. Tradotto: senza un via libera al Ceta, il Ttip - che già non gode di buona salute - può considerarsi definitivamente archiviato. L'obiettivo, dopo sette anni di negoziato, è quello di firmare un accordo commerciale che creerebbe uno spazio di libero commercio di circa 550milioni di abitanti, nel vertice del 27 ottobre a Bruxelles alla presenza del premier canadese, Justin Trudeau.

 

(La Repubblica)