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La Vallonia blocca il Ceta. Bruxelles: "Non possiamo ratificare l'accordo"

 

L'europarlamentare tema il contraccolpo del veto vallone all'accordo di libero scambio con il Canada: "La politica commerciale è compentenza di Bruxelles, c'è un problema di forma democratica che blocca tutti i Paesi membri dell'Unione"

 

di GIULIANO BALESTRERI

 

24 ottobre 2016

 

MILANO - La Vallonia non cede, arroccata sulle proprie posizioni ribadisce il proprio "no" al Ceta, il trattato di libero scambio tra Ue e Canada. Un accordo che nei piani dei negoziatori europei dovrebbe garantire una crescita del Pil di 12 miliardi di euro. Ma, soprattutto, un trattato in discussione da oltre sette anni e che adesso rischia di naufragare sulle tensioni politiche che paralizzano la regione del Belgio. Peggio, rischia di aprire un nuovo fronte di crisi - potenzialmente irreversibile - per l'Unione europea: la politica commerciale, infatti è di compentenza esclusiva di Bruxelles. "E' incredibile che lo 0,6% della popolazione europea possa bloccare un'intesa approvata da tutta Europa, mettendo a rischio il futuro dell'intera Unione" dice Alessa Mosca, eurodeputata Pd, membro della commissione commercio internazionale che poi aggiunge: "C'è un problema di forma democratica se un piccolo parlamento impedisce al Parlamento europeo di esprimere le proprie posizioni".

 

Molti sostengono che il Ceta sia il grimaldello per il Ttip, il trattato di libero scambio tra Ue e Usa.

Sono due trattati non paragonabili, sono troppe le differenze. Fosse solo che con gli Stati Uniti negoziamo da tre anni e con il Canada da oltre sette. E poi nel tempo il Ceta è stato ampiamente modificato. Il Parlamento europeo è riuscito a intervenire anche dopo il primo via libera grazie anche alle aperture del governo Trudeau, in particolare sulla protezione degli investimenti internazionale con la creazione di un corte internazionale composta da giudici (la stessa che gli Usa rifiutano di inserire nel Ttip, ndr). Quello che sta succedendo dovrebbe spingere l'Europa a ripensare come si chiudono i trattati.

 

Vorrebbe che i Parlamenti nazionali fossero esclusi dal processo?

Al contrario, vorrei fossero più coinvolti. Questa tendenza a rinazionalizzare la politica commerciale, che pure è competenza esclusiva della Ue, è preoccupante. Ma vorrei che i parlamenti nazionali avessero un ruolo maggiore, soprattutto nell'estensione dei trattati. Non è possibile che siano chiamati solo a ratificare testi che neppure conoscono. Il problema, comunque, non è solo belga: anche i parlamenti regionali tedeschi potrebbero intervenire, ma per fortuna non è successo. Il rischio però esiste sempre. E' assurdo che adesso in Vallonia si giochi sul futuro dell'Europa per una battaglia interna al partito socialista.

 

Se una regione del Belgio blocca la politica commerciale europa, l'Unione rischia la fine?

Entriamo in una terra di nessuno. Io spero che prevalga la ragione, ma è difficile fare previsioni su quello che potrebbe accadere. I rischi però sono evidenti. La politica commerciale è competenza esclusiva dell'Unione europea: i trattati impediscono agli stati membri di fare accordi da soli: lo stallo vallone rischia di bloccare tutti i paesi europei. E mentre il mondo avanza, l'Europa si ferma. Mi preoccupa anche che qualcuno metta in dubbio che gli accordi europei possano entrare in vigore prossivoriamente, dopo l'ok del Parlamento Ue, in attesa che venga ratificato da tutti. Il caso della Corea del Sud è chiaro: avessimo aspettato le ratifiche di tutti, avremmo perso 5 anni di benefici.

 

Molti degli ultimi accordi però sono misti. E questo crea potenziali conflitti tra l'Ue e gli Stati membri.

Tutti gli accordi di ultima generazione sono misti e non solo commerciali. E' assurdo però che si possa fare un'intesa di questo tipo con la Corea del Sud e non con il Canada, uno dei Paesi con la più alta qualità della vita. A maggior ragione perché sono convinta che sia un buon accordo, grazie proprio al lavoro fatto dall'Europarlamento abbiamo ottenuto elementi fondamentali come la protezione delle indicazioni geografiche. Il settore agricolo apprezza l'intesa, anche perché si tratta del quarto mercato per l'export. E poi non c'è alcun rischio di privatizzazioni dei servizi pubblici. Posso aggiungere un'altra cosa?

 

Certo.

Noi non negoziamo accordi internazionali per le multinazionali. Non facciamo trattati perché i nostri figli possano avere una qualità di vita peggiore di quella che abbiamo adesso. Io non sottoscriverei mai un'intesa pensando che possa mettere a rischio la vita e la salute dei miei figli.

 

(La Repubblica)