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Rai, sul tetto ai compensi degli artisti arriva l'altolà dell'Avvocatura. La parola al Mef

Ora c'è un parere pesante a favore della tesi che esclude i compensi degli artisti Rai da quelli sottoposti al tetto di 240mila euro, ma certezze sull'esito della contesa ancora non ci sono. A fornirlo è l'avvocatura dello stato, che esprime forti dubbi sull'estensione della misura ai collaboratori dell'emittente di stato, decisa dal consiglio di amministrazione di Viale Mazzini. Toccherà ai vertici della tv pubblica prendere la decisione finale, ma non è detto che basti questo intervento a sbloccare l'impasse.

 

Il cda, in attesa dell'entrata in vigore della delibera dal 30 aprile, ha chiesto al Mef e al Mise un'interpretazione sulla norma. Mentre lo Sviluppo Economico era più propenso a venire incontro alla richiesta, al Tesoro tale intervento appariva inopportuno. Alla fine la richiesta di un parere all'avvocatura dello stato è arrivata da Palazzo Chigi. Ora quel parere - si apprende - sarà girato al Ministero dell'Economia, azionista della Rai, che valuterà se prendere una posizione alla luce di queste nuove indicazioni.

 

Qualora lo facesse, appare però improbabile che dia un'interpretazione fortemente restrittiva dell'ambito di applicazione della norma. Toccherà poi, comunque, al cda la definizione delle figure a cui si applica o meno il tetto, fermo restando che difficilmente figure diverse da artisti o autori, come i giornalisti, saranno graziati. La posizione dell'Avvocatura è comunque chiara. Innanzitutto da un punto di vista normativo le prestazioni artistiche sono tenute distinte dalle altre. In secondo luogo i compensi agli artisti non gravano sul canone, ma sono coperti dalla raccolta pubblicitaria. C'è poi la necessità di garantire alla Rai di operare in regime di parità concorrenziale. Il cda, che oggi ha esaminato il bilancio 2016 (che chiuderà in attivo) e tornerà a incontrarsi lunedì, si è limitato a prendere atto delle notizie sul parere e attende di leggerlo per valutarlo.

 

«Dobbiamo prendere atto di questa indicazione, ma allo stesso tempo dobbiamo affrontare il tema dell'autoregolamentazione dei compensi», afferma il consigliere Arturo Diaconale. E a scuotere la riunione del consiglio ci ha pensato un tweet di Fabio Fazio. «In una tv che cambia - ha scritto -, bisogna assumersi responsabilità e nuovi rischi. D'ora in poi, ovunque sarà, vorrei essere produttore di me stesso». Nessun annuncio di voler lasciare la Rai, né un addio a Endemol che produce Che tempo che fa, ma piuttosto una reazione all'ingerenza della politica nelle scelte aziendali.

 

Un'uscita, non a caso, arrivata dopo il parere dell'avvocatura, da cui emerge la consapevolezza che, a prescindere dall'applicazione del tetto, un rapporto da dipendente finisca con l'essere necessariamente in balia della politica. Da qui la valutazione sull'opportunità di mettersi in proprio, come già fanno molti altri protagonisti del mondo dello spettacolo e del giornalismo. Tutte ipotesi che potrebbero concretizzarsi a giugno, quando scadrà il contratto di Fazio con la Rai. «La rivolta di queste ore delle cosiddette star strapagate, con richieste di pareri legali a super studi legali, fa venire un sospetto: ma siamo davvero sicuri che, se la Rai mette il tetto, ci sarà questa paventata fuga verso le tv private?», si chiede il deputato Dem Michele Anzaldi.

 

2017-03-29 21:59:34

(Il Messaggero)