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Svezia, scontro governo-Riksbank: l'indipendenza della Banca centrale a rischio

La più antica Banca centrale del mondo si sente sotto attacco per l'idea dell'esecutivo di attingere dalle riserve per mettere fondi a disposizione del bilancio pubblico, in un tentativo di rilanciarsi in una fase difficile

 

di ANDREA TARQUINI

 

STOCCOLMA - Scontro aperto tra Banca centrale e governo di minoranza socialdemocratico-verde, sullo sfondo di crescenti tensioni politiche nonostante l'eccellente stato di salute del paese leader del Grande Nord. In un appello drammatico e assolutamente insolito nelle tradizioni storiche del paese la Riksbank, cioè l'istituto d'emissione svedese, ha puntato i piedi contro i piani dell'esecutivo di sinistra di dimezzare le sue riserve per metterle a disposizione del bilancio pur in ottima salute.

 

Sullo sfondo, c'è il confronto aperto tra socialisti del premier Setfan Löfvén e alleati verdi da un lato, e opposizione di centrodestra. L'alleanza dei 4 partiti del centrodestra, senza il cui appoggio esterno Löfvén non governerebbe, ha detto chiaro e tondo che entro fine estate porrà il voto di fiducia contro i piani di aumenti della pressione fiscale del governo. E gli imprenditori appoggiano. Le elezioni parlamentari sono prevoiste ad autunno 2018 con i populisti antimigranti (Sverigedemokratetrna) in crescita, ma elezioni anticipate potrebbero essere catastrofiche per i socialdemocratici, anche dopo il trauma del recente attentato del camion assassino di un seguace del Daesh nel centro della capitale Stoccolma.

 

L'attacco della Riksbank all'esecutivo è stato esternato con un articolo uscito sul Dagerns Nyheter, uno dei piú autorevoli media nordici, a firma di due vice-governatori della Banca centrale, Cecilia Skingsley e Per Jansson. I piani del governo per dimezzare le nostre riserve, scrivono i due, sono un attacco senza precedenti all'indipendenza della banca centrale più antica del mondo. Non ci stiamo. "Non è chiaro se il governo voglia introdurre un principio senza precenti, cioè il controllo politico sulla Banca centrale, speriamo che il Parlamento (Riksdag) reagisca". Immediatamente la Banca centrale svedese (Riksbank appunto) ha avuto l'appoggio esplicito della Banca centrale europea guidata da Mario Draghi, sebbene la Svezia non sia stata mai membro dell'Eurozona.

 

Conflitto duro e a dimensioni europee e globali, soluzione difficile. La Riksbank ha da anni sostenuto la fortissima crescita economica svedese - dal 3 al 4 per cento in media - e il consolidamento del debito sovrano, crollato in poco piú di un decennio dal 120 al 38 per cento del Pil. Per anni la Riksbank ha attuato una politica "alla Draghi" di tassi negativi e quantitative easing, acquistando di fatto circa il 40 per cento dei bond nazionali. "E' assolutamente insolito che la Riksbank attacchi cosí direttamente i politici di governo", afferma Robert Bergqvist di Seb, una delle maggiori banche d'affari del Regno delle tre corone. Controbatte la ministra delle Finanze, Magdalena Andersson. "Siamo sicuri di un ampio appoggio in Parlamento". Insiste Bergqvist: "Il rating svedese è cosí alto che non c'è alcun bisogno di toccare le riserve, si possono prendere nuovi crediti o concludere swap agreements con la Federal reserve americana o con la Banca centrale europea e lasciare l'indipendenza della Riksbank in pace rispettando - come da secoli - la sua indipendenza". I dati macroeconomici fondamentali svedesi danno ragione ai sostenitori della Banca centrale: la crescita - come scrivevamo sopra - è tra il 3 e 4 per cento annuo, il debito sovrano attorno al 38 per cento del prodotto interno lordo (Pil), la metà del Pil viene da export di eccellenze industriali tecnologiche e internettiane, la disoccupazione (migranti esclusi) è attorno al 4,1 per cento. C'è quasi da sospettare che nonostante l'economia scoppi di salute il governo,

visti i sondaggi, abbia perduto i nervi. E appunto la coalizione di centrodestra guidata dai Nya Moderaterna Anna Kinberg Batra promette sfiducia in caso di ulteriori inasprimenti fiscali. Peccato per l'Europa intera, se il paese-leader del Grande Nord dovesse giocarsi i suoi atouts blindati.

 

(La Repubblica)