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Boeri: "Paghiamo 1 miliardo di pensioni all'estero, ma hanno versato contributi per pochi anni"

La relazione del presidente dell'Inps: l'anno scorso sono stati versati 373mila assegni in 160 Paesi. Accedono a benefici come integrazioni al minimo e quattordicesima dopo pochi anni di contributi. L'affondo: "E' un'anomalia. L'Italia riduce le spese sociali degli altri, senza avere un ritorno in consumi"

 

19 luglio 2017

3,3mila

Boeri: "Paghiamo 1 miliardo di pensioni all'estero, ma hanno versato contributi per pochi anni"

Il presidente dell'Inps, Tito Boeri (ansa)

MILANO - Hanno contribuito al sistema previdenziale italiano per poco tempo, in più di otto casi su dieci per meno di un decennio e in più di un caso su tre per nemmeno tre anni. Ma l'Inps deve loro poco più di 1 miliardo di euro l'anno. Sono le pensioni pagate all'estero dall'Istituto della previdenza sociale: "Su 160 Paesi sono state 373mila, per un valore poco superiore a 1 miliardo di euro". Lo ha detto il presidente dell'Inps, Tito Boeri, sentito dal Comitato permanente sugli italiani nel mondo alla Camera. Come accennato, ha fatto notare Boeri, "più di un terzo delle pensioni pagate a giugno del 2017 hanno periodi di contribuzione in Italia inferiori a 3 anni, il 70% è inferiore ai 6 anni e l'83% è ai 10 anni", quindi durate contributive "molto basse".

 

Boeri ha rimarcato che "si tratta in tutti i casi di durate contributive molto basse e a fronte di queste i beneficiari possono accedere a prestazioni assistenziali quali le integrazioni al minimo o la quattordicesima. Quindi c'è chiaramente uno iato tra l'entità e la durata dei contributi e la possibilità ad accedere a delle prestazioni che vanno molto al di là dei contributi versati". Il presidente dell'Inps ha osservato che "malgrado i limiti posti dalla normativa nazionale e internazionale annualmente si versano a soggetti residenti all'estero integrazioni al trattamento minimo e maggiorazioni che costituiscono un'uscita per lo Stato italiano e che non rientra nel circuito economico del nostro paese sotto forma di consumi".

 

Dai numeri portati dall'Inps ai parlamentari, emerge che tra integrazioni al minimo e maggiorazioni sociali si tratta di un importo di una ottantina di milioni, per poco meno di 40mila pensionati.

 

Si tratta, in sostanza, di una "anomalia". Il motivo, per Boeri, è semplice: "Le prestazioni assistenziali" pagate all'estero "vanno a ridurre gli oneri di spesa sociale di altri Paesi, è quindi come se il nostro Paese operasse un trasferimento verso altri" senza "avere un ritorno in consumi". Le somme, infatti, sono erogate "dall'Italia invece che dal Paese in cui si risiede e si paga le tasse" e quindi "non c'è un quadro di reciprocità". Non mancano poi "le pratiche di prestazioni indebite", che Boeri ha quantificato in "circa 101 mila, di cui 60 mila sono in corso di recupero su pensione, mentre le rimanenti vengono riscosse con rimesse in denaro. L'importo complessivo da recuperare è di circa 270 milioni di euro". La "maggior parte degli indebiti è in Argentina (27,5%), seguono Australia (quasi 15%), Francia, Canada e Usa" (tutte e tre con il 9%).

 

Boeri ha portato un altro numero che ritrae quanto si siano ampliati i diritti di questi pensionati esteri: "Nel 2017 con il provvedimento sulle quattordicesime si è ampliata in modo molto considerevole la platea tra i residenti all'estero" con un'impennata "del 131% dl numero dei beneficiari". In questo caso, dalle tabelle dell'Inps emerge che l'importo versato ha superato i 35 milioni di euro.

 

Nel pomeriggio il presidente dell'Inps è intervenuto invece in commissione Lavoro per parlare della riforma della governance dell'istituto. A proposito dell'ok del civ al piano sul patrimonio, Boeri ha spiegato che l'operazione "è importante, ci dà la possibilità di procedere speditamente alla dismissione degli immobili, in attuazione di quanto la legge richiede". "È qualcosa che fa bene al Paese - ha aggiunto -, perché riduce il debito pubblico, e dall'altro lato migliora l'efficienza dell'Istituto". il numeor uno dell'istituto di previdenza ha spiegato come si ragioni di stime "attorno a 2,5 miliardi di euro di valore" immobiliare, per un piano da sviluppare in "circa 5 anni".

 

 

Pensionati italiani, la grande fuga in Portogallo

 

Un paradiso esentasse, 800 euro sono una fortuna. Ecco perché in migliaia lasciano lo Stivale

 

dal nostro inviato ETTORE LIVINI

 

23 ottobre 2015

 

LISBONA - Italia addio. La pensione vado a godermela - se possibile esentasse - all'estero. Lo Stivale non è più un paese per vecchi. La vita costa troppo, gli assegni previdenziali non sono quelli di una volta. E da un paio d'anni, silenzioso ma imponente, è scattato l'esodo oltre frontiera dei nonni tricolori. Nel 2014 hanno fatto la valigia in 5.345, il 64% in più dell'anno precedente. Molti sono partiti per Tunisia, Romania o Bulgaria, i Bengodi low-cost dove 800 euro al mese pagati dall'Inps sono una mezza fortuna. L'ultima moda è però un'altra: la caccia alle Cayman della terza età. Quei paesi - il più gettonato è il Portogallo - dove lo stipendio mensile, come in un paradiso offshore, si incassa al lordo. Senza pagare un euro all'Agenzia delle entrate.

 

Le Cayman della terza età. Remo Romandini, ex bancario di San Benedetto del Tronto, è uno di questi profughi fiscali. E i suoi conti li ha fatti per bene. "Sono separato, ho 67 anni, due figli che lavorano fuori dall'Italia e tanta voglia di ricominciare una nuova vita", racconta. Qualche mese fa ha preso il mappamondo, consultato centinaia di siti di consulenza all'espatrio, fatto 3 settimane di visita in loco. E alla fine ha deciso: "A inizio 2016 vado a vivere a Sesimbra, mezz'ora da Lisbona, su un promontorio che pare Portofino. Pagherò 300 euro d'affitto per un bilocale fronte-mare, 10 euro per mangiare ottimo pesce al ristorante ". Ma soprattutto vedrà la sua pensione crescere dalla sera alla mattina - del tutto legalmente - del 30%. "Quanto prendo non glielo dico - sussurra con pudore - ma confesso che solo di Irpef risparmierò 15mila euro l'anno". Come dire che ogni mese, grazie alle generose agevolazioni del fisco portoghese, si troverà in tasca 1.250 euro in più.

 

Il trucco c'è e si vede. L'Europa delle tasse è tutt'altro che unita. Google & C. pagano aliquote da prefisso telefonico in Irlanda e Olanda. Cipro, Malta e Lussemburgo difendono con i denti il loro status di paradisi fiscali. E in questa battaglia erariale tutti contro tutti, il Portogallo è diventato l'Eldorado degli ultrasessantenni.

 

Le regole sono semplici: basta vivere 183 giorni l'anno nel paese, assumere lo status di "residente non abituale" et voilà , il gioco è fatto: per dieci anni la pensione è esentasse. L'Inps l'accredita lorda, come previsto dagli accordi bilaterali. E l'erario locale non effettua alcun prelievo.

 

Guadagna Lisbona (50mila aderenti al programma portano 2 miliardi di Pil l'anno, dice Deloitte). È felice il diretto interessato (mille euro netti di pensione tricolore possono lievitare a 1.300 sulle rive dell'Atlantico). Piangono solo le casse dello stato italiano, orfane di Irpef e consumi degli espatriati.

 

Il piano portoghese, come prevedibile, viaggia a gonfie vele. Inglesi e brasiliani sono arrivati a centinaia. Entro fine 2015 oltre 5mila francesi, terrorizzati dalle tasse sul lusso di Francois Hollande, si trasferiranno verso sud nella nuova Terra Promessa previdenziale.

 

Il paradiso portoghese. I numeri dell'Italia sono molto inferiori: 51 espatriati nel 2014, il triplo dell'anno prima. Ma crescono geometricamente. "Quest'estate abbiamo ricevuto 15-20 richieste di informazioni alla settimana" assicura Elisabetta Bortone, avvocato dello studio Haag a Lisbona. "Noi almeno 20-30 al mese", calcola Marcello Menichetti della Camera di Commercio Italia-Portogallo. Il passaparola funziona. Anche perché chi è già "residente non abituale" è tutt'altro che pentito. "Io sono rinata - racconta entusiasta Luisa Gaiazzi, 63enne ex impiegata di un'azienda farmaceutica residente nella capitale lusitana da un anno - . A Roma con i miei 840 euro al mese faticavo a far quadrare i conti. In Portogallo, a parte la lingua su cui fatico un po', mi sento una signora". I suoi 840 euro sono diventati 1.150. Non solo: "D'affitto pago il 25% in meno per un bilocale identico a quello che avevo al Prenestino, il paese è sicuro, la gente accogliente, il caffè costa 60 centesimi al bar. Questa cotoletta di vitello con contorno - dice mulinando forchetta e coltello al suo tavolo fisso al Solar di San Josè - viene solo 5,5 euro. E così posso permettermi pure un quartino di rosso. Un paradiso!".

 

Un Eden, oltretutto, alla portata di tutti. "L'avvocato che ha curato le mie procedure d'espatrio è costato 390 euro". E l'iter - precluso agli ex dipendenti pubblici per i misteri degli accordi bilaterali - è semplice e rapido. "A Lisbona bastano pochi giorni per ottenere il codice fiscale presentando un contratto d'affitto o l'impegno all'acquisto di una casa. Poi c'è da aspettare qualche settimana per completare le pratiche in Italia", spiega Luis Villaca Ferreira, legale di Lipari Garcia & Asociados.

 

Tutto facile e ad occhio molto conveniente. Tanto che diverse vecchie volpi dell'ottimizzazio- ne previdenziale già espatriate in passato - fiutato l'affare - hanno preso armi e bagagli e traslocato qui. "Molti si sono trasferiti dalla Tunisia, spaventati dal terrorismo", racconta Menichetti.

 

Lo spettro dell'Inps. Dalla Francia è arrivato Marco Monticelli, una vita in giro per il mondo come dirigente Fiat, residente ora a Lagos, in Algarve: "Il vantaggio fiscale non è l'unica ragione della mia decisione, anche se ora prendo 2.500 euro al mese in più - spiega dalla sua bella casa con vista su porto e marina - . Stavo in Costa Azzurra, mica in Bulgaria. Abitavo in una villa con piscina. Ma qui si vive meglio". La sua ultima scelta esistenziale - un manager resta sempre un manager - si è trasformata in business: ha aiutato un amico ad aprire un sito per aiutare gli italiani a trasferirsi in Portogallo e - ti pareva - "siamo travolti dalle richieste".

 

L'Inps, come prevedibile, non apprezza. I 654 pensionati emigrati in Romania nel 2014 (erano 210 l'anno prima) e i 213 della Tunisia (raddoppiati) sono un cruccio. La concorrenza fiscale di Lisbona ancora di più. Il presidente Tito Boeri, uomo che di numeri ne mastica e i problemi preferisce prevenirli, ha lanciato l'allarme sulla fuga dei pensionati. "È un fenomeno che erode la base imponibile - spiega - Queste persone non solo ottengono l'esenzione della tassazione diretta ma non consumano in Italia, creando problemi aggiuntivi per le entrate". Che fare? La Gran Bretagna è già corsa ai ripari. E vuole tagliare ai nonni in fuga verso i paradisi (climatici e fiscali) del Mediterraneo i contributi per il riscaldamento, garantendoli solo a chi resta a vivere nella gelida Albione. L'Inps ha minacciato di non pagare la parte non contributiva della pensione. Proposta che ha suscitato una clamorosa levata di scudi tra i nostri connazionali felicemente sistemati oltrefrontiera. "Ho lavorato 42 anni, pagato tutte le tasse. Adesso devono lasciarmi invecchiare in pacee dove mi pare. Non si possono cambiare le regole in corsa!", s'arrabbia Gaiazzi. La cotoletta è finita. "Questa storia di Boeri mi ha messo in agitazione. Tocca farmi un bicchierino di Porto". Prosit. In fondo, con buona pace dell'Inps, a Lisbona costa solo un euro.

 

 

La fuga dal Belpaese dei pensionati italiani: ecco le mete preferite

 

Sono sempre di più i pensionati italiani che decidono di emigrare per godere dei frutti del del lavoro di una vita altrove, dove la vita costa spesso meno e la pressione fiscale è più bassa. Dal Sud America all'Asia, dall'Europa all'Africa: ecco quali sono le destinazioni preferite dei pensionati italiani.

 

 

 

(La Repubblica)