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Parte la tassa Airbnb, ma Airbnb non la raccoglie

Da oggi gli intermediari degli affitti turistici devono versare al Fisco la cedolare secca per conto dei proprietari, ma la piattaforma digitale conferma che non rispetterà l'obbligo esponendosi alle sanzioni delle Entrate. La startup ha fatto ricorso contro la legge al Tar, che entro questa settimana deciderà se sospenderla, ma il governo vuole tirare dritto

di FILIPPO SANTELLI

16 Ottobre 2017

ROMA - Ora non ci sono più scuse. La norma "Airbnb", la legge che obbliga gli intermediari degli affitti turistici a raccogliere le tasse dovute dai proprietari e a girarle al Fisco, è ufficialmente operativa: oggi le piattaforme, digitali e non, devono versare all'erario le prime somme, relative alle locazioni del mese di settembre. Solo che la principale di quelle piattaforme, cioè Airbnb, non rispetterà l'obbligo. La startup californiana lo ha ribadito più volte: il vincolo è tecnicamente non rispettabile e soprattutto lesivo della concorrenza, come ha argomentato nel ricorso contro la legge al Tar e in un esposto all'Antitrust. Airbnb dunque non intende nominare un responsabile fiscale in Italia. Solo che ora rischia di andare incontro a sanzioni consistenti, fino al 20% delle somme nel caso di omessa trattenuta.

La speranza della startup, bloccare in extremis l'applicazione della norma, sembra infatti molto remota. Nel suo ricorso l'azienda aveva chiesto al Tar una sospensiva urgente entro il 15 ottobre, prima che l'obbligo di versare scattasse. Ma l'udienza è stata fissata per domani, martedì 17, con la decisione che quindi arriverà solo nei giorni successivi: un calendario che sembra quindi indicare come il Tribunale amministrativo non ritenesse la questione così pressante da dover essere anticipata alla data di entrata in vigore. L'altro fronte è quello del governo, a cui la startup ha chiesto di rivedere l'impianto della norma, dicendosi disposta a dialogare.

L'intenzione che filtra dal Mef, secondo fonti vicine al dossier, è però di inserire qualche piccola correzione nella legge di Bilancio, ma senza stravolgere l'impianto della legge. Anche per garantire il gettito previsto, che nel 2017 già superava gli 80 milioni e dal prossimo dovrebbe sfiorare i 130, frutto dell'emersione degli affitti in nero. Le modifiche potrebbero riguardare la parte relativa alla tassa di soggiorno, altra imposta che la legge impone alle piattaforme di raccogliere, ma che varia da Comune a Comune, e l'estensione della cedolare anche alle locazioni commerciali. Difficile invece che si trovino ora le risorse per ridurre l'aliquota al 10%, come molti operatori chiedevano per incentivare l'emersione del mercato.

Nessuna marcia indietro, dunque. Del resto molti operatori del settore, pur criticando la fretta con cui la norma è stata introdotta, si sono attrezzati per rispettarla. E' il caso dei membri, digitali e non, dell'associazione Property managers Italia, ma anche degli operatori "tradizionali" di Fiaip, la sigla degli agenti immobiliari, che pur lamentando gli extra costi da sostenere per l'incombenza ha ottenuto dalle Entrate dei corsi di formazione per i propri soci. Chi non si è adeguato sono quindi i big digitali. Booking ha una scappatoia tecnica: non intermedia i pagamenti tra turista e proprietario, quindi non è obbligata a trattenere la cedolare, anche se dovrà comunque trasmettere i dati dei contratti. Airbnb sta cercando quella legale. E se non la troverà nei tribunali italiani, potrebbe andare a cercarla in quelli comunitari.

@filipposantelli

(la Repubblica)