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Bankitalia vede il Pil di nuovo in accelerazione: "Possibile superare stime"

Nel terzo trimestre il Prodotto è cresciuto dello 0,5%, riprendendo slancio rispetto ai mesi primaverili. Lavoro: sotto-occupazione e ore lavorate, le statistiche che spiegano perché gli stipendi non crescono

20 Ottobre 2017

MILANO - Il consueto Bollettino economico della Banca d'Italia ricorda che nonostante - tutte le polemiche - c'è un'attività istituzionale di via Nazionale che procede e una fragile ripresa in accelerazione, da non frustrare. "In Italia prosegue la crescita economica e nel terzo trimestre del 2017 il Pil sarebbe cresciuto ad un ritmo sostenuto, pari allo 0,5% sul periodo precedente, segnando un'accelerazione rispetto ai mesi primaverili", dicono gli economisi di Palazzo Koch spiegando che la "crescita è sostenuta da consumi e investimenti". Secondo Via Nazionale, la crescita del Pil nell'anno in corso "potrebbe essere leggermente superiore all'1,4%" stimato in precedenza. Il governo, si ricorda, ha stimato +1,5% nell'aggiornamento del Def.

Sul fronte del lavoro, la fotografia aggiornata dice che "il numero di occupati è tornato ai livelli pre-crisi. Si registra tuttavia un calo delle ore lavorate del 5% che mostra un ampio sottoutilizzo del fattore lavoro". Come emeso anche dalle più recenti rilevazioni "la dinamica dell'occupazione nel secondo trimestre è in prevalenza attribuibile all'aumento dei dipendenti a tempo determinato (+4,8%)", mentre i contratti a tempo indeterminato segnano un +0,2% e in linea col periodo precedente. In un riquadro ad hoc, via Nazionale riflette sull'andamento dei salari e trova che la loro mancata crescita, nonostante il recupero dell'occupazione, è data dal fatto che in realtà le ore lavorate sono ancora indietro (-4%) rispetto ai valori pre crisi. A fronte di un tasso di disoccupazione dell'Eurozona (che considera i lavoratori che si dichiarano in cerca di occupazione) attorno al 9 per cento, se nella stima del margine di inutilizzo del fattore lavoro si tiene conto anche delle risorse non pienamente impiegate, si ottengono nell’area dell’euro livelli prossimi al 18 per cento: siamo solo di poco sotto il livello del 2013 alla fine della recessione (20 per cento). Ecco perché si può dire che manca ancora una vera pressione al rialzo sui salari da parte dell'aumento dell'occupazione.

"Nostri esercizi di simulazione confermano che nel medio periodo una rilevante riduzione del rapporto tra debito e prodotto è possibile, sotto ipotesi realistiche circa l'evoluzione futura dell'economia italiana e delle condizioni finanziarie e in presenza di adeguati avanzi primari", dice ancora la Banca centrale ricordando che nei programmi dell'Esecutivo "il sostanziale pareggio di bilancio verrebbe raggiunto nel 2020; nello stesso anno il rapporto Debito/Pil scenderebbe al 123,9%".

Quanto al modno bancario, la qualità del credito "migliora" e il tasso di deterioramento è tornato "in linea con i valori precedenti la crisi finanziaria", mentre continua la riduzione dello stock dei crediti deteriorati sul totale dei prestiti, con un tasso di Npl sceso al 8,2% nel secondo trimestre, al netto delle rettifiche di valore.

Il tasso era del 9,2% nel primo trimestre. Nel corso degli ultimi 12 mesi, sottolinea Palazzo Koch, i corsi azionari delle banche italiane sono cresciuti del 51%, più di quanto sono cresciuti quelli delle altre banche dell'area dell'euro.

(La Repubblica)