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Trump firma le sanzioni alla Cina: soffre Wall Street. Negoziati con l'Ue per sospendere i dazi su acciaio e alluminio

Le misure di Washington valgono fino a 60 miliardi di dollari: l'intervento colpirà un centinaio di settori commerciali. Schiarita invece verso Ue, Australia, Brasile, Argentina e Corea del Sud. Draghi: protezionismo è ora il rischio più grande

22 Marzo 2018

ROMA - Da una parte il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, cerca di mettere di nuovo all'angolo la Cina con l'annuncio di nuove tariffe e sanzioni commerciali su beni importati per un valore che potrebbe arrivare a 60 miliardi di dollari. Una misura che manda in rosso Wall Street: male tutti gli indici in chiusura. Dall'altra parte, verso l'Europa torna a miti consigli ed è pronto ad escludere il Vecchio continente - con altri partner - dai balzelli aggiuntivi introdotti su acciaio e alluminio nelle scorse settimane: sono cominciate le negoziazioni. E il presidente Bce Mario Draghi avverte: il protezionismo commerciale è il rischio a medio termine più grande ora, visto che ha effetti diretti, e porta con sé la possibilità di ritorsioni e perdita di fiducia.

IL PUGNO DURO VERSO PECHINO

La notizia di sanzioni verso la Cina, riportata per primo dal New York Times, ha riaperto lo scontro tra i due colossi e appesantito gli scambi in Borsa. Trump ha poi parlato dalla Casa Bianca, nel tardo pomeriggio italiano, ufficializzando le misure contro i prodotti cinesi con la firma del documento in forza del Section 301 del Trade Act (strumento legislativo "da Guerra fredda" secondo l'Ap). Si tratta di prodotti realizzati - è l'accusa Usa - sfruttando illegalmente brevetti americani e per colpire i quali Washington ha preso iniziative mirate a limitare la capacità cinese di investire nel settore della tecnologia. Trump ha firmato un memorandum che - stando alla Casa Bianca - "prende di mira l'aggressione economica della Cina". Impugnando la penna, il leader Usa ha detto: il documento "è il primo di molti".

Trump ha assicurato di considerare la Cina "un Paese amico" e di avere "un enorme rispetto per il presidente Xi". Ha però rimarcato che il deficit commerciale americano con Pechino è "troppo alto", giustificando così le contromisure commerciali dopo aver chiesto alla Cina di ridurre immediatamente il surplus di 100 miliardi di dollari.

Ha quindi affidato al rappresentante della sua amministrazione per il commercio, Robert E. Lighthizer, il compito di stilare una lista di articoli cinesi che saranno colpiti da un aumento dei dazi nei prossimi 15 giorni. Dopo un periodo di pubblica valutazione, la lista finale di prodotti che hanno beneficiato in maniera impropria della tecnologia degli Stati Uniti sarà resa nota.

"L'obiettivo finale è quello di indurre la Cina a modificare le sue pratiche commerciali sleali", ha spiegato Everett Eissenstat, vice assistente del presidente per l'economia internazionale. La Casa Bianca si aspetta che i nuovi dazi, che potranno arrivare a colpire fino a 1.300 importazioni specifiche, avranno un "impatto minimo" su consumatori. Stando alle indiscrezioni, le misure colpiranno l'import cinese in cento categorie commerciali, dalle calzature all'elettronica, e imporranno restrizioni agli investimenti cinesi negli Usa.

ACCIAIO E ALLUMINIO, LA LISTA DELLE ESCLUSIONI SI ALLUNGA

Per l'inasprimento del braccio di ferro con Pechino, si aprono spiragli nei rapporti con l'Europa, dopo le recenti frizioni a seguito dei dazi al 25 e al 10% annunciati l'8 marzo (e pronti a diventare effettivi il 23 marzo) rispettivamente sulle importazioni dall'estero negli Usa di acciaio e alluminio.

Ora, stando a quanto ha riportato per prima Bloomberg citando sempre il rappresentante al commercio Usa, Lighthizer, gli Stati Uniti hanno deciso di esentare (sempre in via temporanea) dalla misura una serie di alleati tra cui Europa, Australia, Corea del Sud, Argentina e Brasile. "Il presidente Donald Trump ha deciso di sospendere l'imposizione dei dazi rispetto a questi paesi", ha detto oggi Lighthizer alla commissione Finanze del Senato. Lo stesso inquilino della Casa Bianca ha quindi confermato l'avvio di negoziati che per il momento sterilizzano le misure: "Siamo nel bel mezzo di negoziati importanti, positivi", ha osservato. Il tycoon vuole accordi commerciali basati sulla "reciprocità". Trump ha definito poi il Wto un disastro, con arbitrati "ingiusti".

Alle indiscrezioni è arrivato il plauso della sponda europea dell'Atlantico. "E' una notizia che va nella giusta direzione" per il presidente dell'Europarlamento, Antonio Tajani. Sono sviluppi in linea con le aspettative dei leader dell'Unione, anche sulla base delle informazioni riportate dal commissario Ue al Commercio Cecilia Malmstroem agli Stati membri, hanno spiegato fonti europee all'Ansa. La commissaria è stata in visita a Washington negli ultimi giorni per cercare di ricomporre la situazione e al suo rientro si era diffuso ottimismo circa il buon esito dei colloqui. La discussione sul commercio - sottolineano le stesse fonti - in un primo momento prevista durante i lavori del pomeriggio al vertice europeo in corso a Bruxelles, è stata ora spostata alla cena dei capi di Stato e di governo, quando dovrebbero arrivare informazioni più precise dagli Usa.

Dai dazi sui metalli fin da subito era stato escluso - per quanto temporaneamente - il blocco Nafta: Canada e Messico, stima uno studio redatto da Claudio Colacurcio e Alessandra Lanza di Prometeia, sono grandi fornitori degli Usa e coprono la domanda americana di acciaio per oltre il 25% e quella di alluminio per il 40%.

L'Europa, che ufficialmente ha sempre sposato la linea del dialogo, era pronta a far scattare contromisure commerciali su import per 3,5 miliardi di dollari, con prodotti simbolici quali i Levi's e le Harley-Davidson, ricorda l'agenzia finanziaria americana. Una possibile escalation negativa nei rapporti commerciali, oltre che a minare le relazioni internazionali, avrebbe innescato una guerra a perdere. Lo studio di Prometeia simula gli esiti su export e produzione nell'eventualità che entrambe le parti in causa decidessero di far scattare le loro misure protezionistiche: per il Vecchio continente un conto negativo da 4,4 miliardi, per gli Usa di 7,8. Secondo gli analisti, nel solo campo dell'acciaio e dell'alluminio gli impatti diretti verso l'Italia sarebbero stati limitati (l'export vale poco più di mezzo miliardo, l'1,2% del totale verso gli Usa). Stando alle quote di mercato negli Usa, ben più rilevante sarebbe l'impatto su Corea del Sud e Brasile, insieme al Giappone.



(La Repubblica)