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L'Ue difende la piadina: «Quella vera si fa solo in Romagna»

Il tribunale dell'Ue ha sentenziato oggi sulla piadina, street food romagnolo per eccellenza. Ebbene, la sentenza è stata che chi vuol vendere la piadina romagnola, industriale o artigianale che sia, deve produrla in Romagna.

Un'impresa alimentare, la Crm aveva chiesto l'annullamento di un regolamento di esecuzione dell'ottobre 2014. La Crm temeva di essere impossibilitata a svolgere la propria attività economica ordinaria, dato che produce piade in uno stabilimento che non è in Romagna. La domanda di registrazione della Igp è stata presentata nel 2011 dal Consorzio Piadina Romagnola; la pubblicazione della proposta di registrazione in Gazzetta Ufficiale, il 28 gennaio 2012, ha sollevato numerose opposizioni, specialmente da parte di organizzazioni che rappresentano i produttori artigianali, quelli che vendono la piada nei chioschi, che hanno contestato l'equiparazione, ai fini della Igp, delle piade prodotte industrialmente a quelle artigianali, vendute nei chioschi. Ciò nonostante le autorità italiane, nel dicembre 2012, hanno depositato alla Commissione Europea la dichiarazione di registrazione della Igp della piadina romagnola, insieme al disciplinare di produzione. Nel 2013, la Crm ha impugnato davanti al Tar del Lazio gli atti della fase nazionale della procedura di registrazione: nel maggio 2014 il Tribunale amministrativo ha dato ragione all'azienda, imponendo alle autorità italiane di riformulare il disciplinare di produzione. Per il Tar era meritevole di tutela solo la produzione artigianale, non certo quella industriale. La sentenza del Tar era immediatamente esecutiva. Qualche giorno dopo, la Commissione ha pubblicato la domanda di registrazione della Igp, indicando che la pubblicazione dava il diritto di opporsi alla domanda stessa. La Crm ha quindi informato la Commissione della sentenza del Tar, chiedendo di annullare la pubblicazione della domanda di registrazione.

La Commissione ha adottato ugualmente il regolamento impugnato, per il quale l'azienda in questione, la Crm di Modena, non può più utilizzare la denominazione ' Piadina romagnolà per le sue piade, che vengono fabbricate a Modena, che, essendo in Emilia, si trova al di fuori dell'area geografica protetta. Il 13 maggio 2015, il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza del Tar del Lazio, ma nel frattempo la Crm aveva fatto ricorso anche al Tribunale dell'Ue. Con la sentenza di oggi, i giudici di Lussemburgo respingono il ricorso della Crm, pur rimproverando la Commissione. Per il Tribunale la Commissione Europea non ha commesso errori di diritto, ritenendo che esista un legame tra la reputazione del prodotto, anche industriale, e la sua origine geografica; legame che è dovuto a fattori umani, al 'saper farè tramandato di generazione in generazione. Il consumatore, secondo i giudici di Lussemburgo, assocerebbe l'immagine della piadina romagnola, «a prescindere dalle modalità artigianali o industriali di realizzazione», al territorio della Romagna. Per il Tribunale però la Commissione, non tenendo in considerazione l'annullamento del disciplinare di produzione da parte del Tar, ha svolto un'istruttoria incompleta ed ha violato il principio di buona amministrazione. Tuttavia, dato che il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza del Tar, i profili di illegittimità restano virtuali e, per il Tribunale, non possono portare ad annullare la decisione della Commissione. Le sentenze del Tribunale possono essere impugnate davanti alla Corte di Giustizia Ue, per le questioni di diritto. In linea di principio, l'impugnazione non ha effetti sospensivi. Se l'impugnazione è ricevibile e fondata, la Corte annulla la decisione del Tribunale: se la causa è ritenuta matura per essere decisa, la Corte può pronunciarsi in via definitiva, altrimenti rinvia la causa al Tribunale, il quale è vincolato alla decisione emanata dalla Corte in sede di impugnazione.

2018-04-23 16:50:57

(Il Messaggero)