News

Bancari, i sindacati denunciano una "emorragia infinita": persi 44mila posti in otto anni

La rassegna della First Cisl: "Il rilancio occupazionale è una priorità"

26 maggio 2018

MILANO - I lunghi anni della crisi finanziaria prima ed economica poi, con l'annessa operazione di pulizia su crediti marci e strutture barocche, hanno presentato un conto molto salato ai lavoratori del settore bancario. Lo ricordano ancora oggi, dopo molte ricerche in tal senso, i numeri presentati dall'ufficio studi della First Cisl, che parla di una emorragia che non si arresta: in 8 anni il conto è salatissimo con 44mila posti di lavoro andati in fumo, di cui 13.500 solo nel 2017. Alla fine del 2009 i bancari erano più di 330 mila, nel 2017 sono scesi quasi a 286 mila. "Al Nord abbiamo perso un addetto su 10, al Sud quasi 2 su 10", denuncia il segretario generale, Giulio Romani che sottolinea come siano "maturi" i "tempi per una riforma che tuteli il risparmio, il lavoro e che rilanci l'occupazione".

"Nessuno venga più a dirci che il personale costa troppo", aggiunge ancora Romani che invita a riconoscere "tangibilmente" lo "straordinario apporto dei dipendenti" per cui "il tempo dei tagli economici e occupazionali è finito, è ora di coinvolgere i lavoratori negli organi di controllo delle banche".

Secondo i calcoli della First Cisl ai 2,9 miliardi di utile, realizzati dai cinque maggiori gruppi bancari italiani (Intesa SanPaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps, Ubi) nei primi tre mesi del 2018, hanno dato un enorme contributo i 5 miliardi di commissioni nette che sono strettamente correlate al fattore lavoro e valgono il 119% del costo del personale, contro il 112% di fine 2017. L'efficienza del personale è dunque molto alta e il costo del lavoro assorbe solo il 33% dei proventi operativi. I sindacati stanno salendo in pressing sul miglioramento dei risultati, che auspicano abbia come contraltare una minore pressione sul fronte dei lavoratori. Pochi giorni fa, la Fabi ha stimato che l'esercizio si possa chiudere con profitti aggregati a 10 miliardi presso i maggiori istituti.

"Il rilancio occupazionale - spiega il responsabile dell'Ufficio Studi di First Cisl, Riccardo Colombani - è una priorità, poiché dal 2009 abbiamo avuto flessioni a doppia cifra in tutte le aree del Paese, anche se una lettura superficiale delle rilevazioni della Banca d'Italia può trarre in inganno indicando illusori incrementi in province come Torino o Bergamo che nell'ultimo anno sembrano cresciute l'una di 3.000 e l'altra di 500 addetti, mentre non è così".

Il problema, rileva la First Cisl, è che per il 2017 la Vigilanza ha attribuito alla provincia della nuova capogruppo gli addetti delle ex direzioni delle banche che sono state oggetto di integrazione. Per cui chi lavora nelle ex sedi delle venete è conteggiato come fosse a Torino (sede legale di Intesa Sanpaolo) chi è negli ex uffici centrali di Banca Marche e di Etruria è sul conto di Bergamo, (sede di Ubi) chi, invece, è nelle direzioni delle tre Casse acquisite da Credit Agricole-Cariparma è contabilizzato a Parma. "Stimando opportuni correttivi sulle varie regioni coinvolte, riteniamo realistico affermare - spiega ancora Colombani - che in otto anni il Nord Ovest ha perso poco meno dell'11% dei suoi bancari, il Nord Est il 12,5% circa, l'Italia Centrale poco più del 16% e il Mezzogiorno quasi il 17% mentre nel solo 2017 il Sud è sceso più del 5% contro un calo di poco superiore al 4% al Nord, con il Centro anche in questo caso collocato su un valore intermedio".

(La Repubblica)