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Buoni pasto, sul caos Qui! interviene il ministero

Bongiorno: "Intollerabile stop, individueremo soluzioni". Cosa possono fare i lavoratori che hanno ticket non spesi? La Cgil: "Chiedere il rimborso alle aziende, noi valutiamo class action"

 

di RAFFAELE RICCIARDI

 

19 Luglio 2018

 

MILANO - La crisi dei buoni pasto Qui! agita i lavoratori, in gran parte della Pubblica amministrazione, che si ritrovano nel portafoglio i blocchetti di ticket non più utilizzabili. La società emittitrice genovese è finita infatti in una crisi che l'ha portata a non pagare gli esercenti che accettavano i buoni col suo marchio. Bar, ristoranti e supermercati hanno iniziato a rifiutare i ticket e alla fine la Consip - verificato che il corto circuito è sfuggito di mano - ha risolto la convenzione con il gruppo Qui!.

 

Il bando in questione risaliva al 2016 e, su 1 miliardo di valore, aveva assegnato due lotti al gruppo ligure: Piemonte, Liguria, Valle d'Aosta, Lombardia e Lazio le Regioni interessate. Con la revoca della convenzione, si apre un problema sia per i lavoratori della società che per i dipendenti pubblici che hanno in tasca i buoni. La convenzione Consip è infatti la cornice entro la quale si muovono le singole amministrazioni che si devono approvvigionare di ticket da assegnare ai loro dipendenti, ma la sua rottura non fa decadere automaticamente i rapporti instaurati tra le varie Pa e il gruppo Qui!. Alle amministrazioni si aprono la via della prosecuzione del contratto fino alla naturale scadenza (ma sarebbe un contro senso, visto che ormai i buoni non sono spendibili), o la risoluzione consensuale o unilaterale per inadempimento della fornitura.

 

Sul lato dei dipendenti, ci sono due ordini di problemi. Da una parte, un problema di "scorte" da smaltire, quando ormai nessun esercente si fida ad accettare quei ticket. Dall'altra, la gestione dei prossimi mesi. Se le amministrazioni interrompono la fornitura, devono infatti trovare un sostituto. Ma la prossima gara Consip - sempre da 1 miliardo - non sarà pronta prima della fine dell'anno. Alternative percorribili sono il Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione (Mepa), ovvero una sorta di eBay della Consip in cui le amministrazioni possono fare ordini d'acquisto diretti o rapide trattative dirette. Proprio per queste procedure semplificate, però, non si possono superare i limiti di forniture di 144mila euro per le amministrazioni centrali e 221mila per tutte le altre. Chiaramente le amministrazioni maggiori farebbero fatica a rientrare in queste soglie comunitarie. La terza via è la pubblicazione di un Bando istitutivo "Buoni pasto" sullo Sdapa – il sistema che consente alla Pa di negoziare appalti autonomamente anche oltre le soglie comunitarie - ma non prevedibile prima del prossimo novembre.

 

Anche il ministro della Pa, Giulia Bongiorno, si è fatta sentire garantendo che "saranno individuate in tempi brevi soluzioni idonee a tutelare i dipendenti e porre rimedio a questa situazione che reputo intollerabile. Ho già sensibilizzato le strutture tecniche competenti per avere un approfondimento sulle cause e le responsabilità di quanto accaduto".

 

E intanto cosa possono fare i dipendenti? Secondo la Funzione Pubblica Cgil "serve un atto da parte del ministero che acceleri il processo di restituzione ai dipendenti pubblici di quanto loro spetta. Così come c'è bisogno per un verso di fornire indicazioni chiare a quelle amministrazioni tuttora legate da un rapporto contrattuale con la Qui! Group e, per l'altro, di maggiori verifiche, per quanto riguarda le procedure per il prossimo appalto, sull'affidabilità delle imprese partecipanti". Dettaglia il concetto Salvatore Chiaramonte, segretario nazionale della Fp della Cgil: "Le priorità sono due. In primis le amministrazioni devono chiudere il loro rapporto con Qui!, che contrattualmente deve rifondere i buoni non spesi. Ai lavoratori diciamo invece di contattare la propria amministrazione e restituire il ticket con la richiesta di rimborso: stiamo valutando se ci siano gli estremi per una class action". Quante sono le persone coinvolte? "Difficile stimarle, solo nelle funzioni centrali tra 50 e 60mila, ma nel complesso si potrebbe salire sopra i 100mila".

 

"Le amministrazioni devono evitare richieste di nuovi ordinativi per non avere altri buoni in giro non spendibili, recuperando i ticket dai dipendenti e chiedendo al gruppo Qui! il rimborso", Roberto Cefalo della Flp, federazione lavoratori pubblici e funzioni pubbliche. "In qualche amministrazione ci si è già mossi, la presidenza del Consiglio lo ha già fatto sostituendo il fornitore ed è l'esempio da seguire".

 

Rincara la dose il Codacons: "I buoni pasto sono un diritto economico acquisito dai lavoratori e devono essere usufruiti senza alcuna limitazione di sorta. E' assolutamente illegittimo - aggiunge l'associazione - che un diritto acquisito dei lavoratori venga cancellato con un gesto di spugna e pertanto, se non saranno trovate soluzioni immediate al problema, saranno inevitabili le azioni legali del Codacons contro chi non accetterà i buoni pasto e contro la società erogatrice, a tutela dei titolari dei ticket economicamente danneggiati", conclude Rienzi.

 

(La Repubblica)