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La Turchia spaventa i mercati, Milano perde il 2,5%. Erdogan: "Campagna contro di noi"

Il presidente esorta i cittadini a comprare valuta locale. Ma Trump raddoppia i dazi sull'acciaio di Ankara, facendo crollare ancor più la lira ai minimi. Financial Times: "Bce preoccupata", tra gli istituti più esposti c'è Unicredit. Spread sopra 260, salgono i rendimenti all'asta Bot

di RAFFAELE RICCIARDI

10 Agosto 2018

MILANO - Venerdì di passione sui mercati, con la pressione sulla Turchia che monta sempre più e mette in subbuglio gli investitori. Piazza Affari va in rosso fino al -3% e alla fine recupera un poco al -2,5%, ma resta la più pesante d'Europa. Ankara è stretta da un crollo della lira che è scesa ai nuovi minimi storici a quota 6,8 per un dollaro (ha perso oltre un terzo di valore da inizio anno), con un'inflazione galoppante e i rendimenti dei titoli di Stato decennali che hanno infranto il 20%. Sui listini si riflettono le preoccupazioni per la situazione di Ankara, che cova da tempo sotto le ceneri del potere vastissimo di Erdogan ed è emersa con le tensioni con gli Usa per la vicenda della detenzione del pastore Brunson. Vicenda che si arricchisce di un nuovo capitolo, visto che Trump decide di raddoppiare i dazi su acciaio e alluminio turchi rispettivamente al 50 e al 20%: "Le nostre relazioni non sono buone in questo momento!", twitta The Donald facendo avvitare ancor più la spirale discendente dellira turca e la Borsa di Istanbul.

Milano segna -2,51% finale, Parigi perde l'1,59%, Londra lo 0,97% e Francoforte l'1,99%. Istanbul ha oscillato fortemente contenendo alla fine il passivo al -2,3%. Quando terminano gli scambi in Europa, a Wall Street domina il rosso con il Dow che cede lo 0,65% e il Nasdaq lo 0,4%. Anche lo spread tra il Btp italiano e il Bund tedesco risente delle fibrillazioni sui mercati e sale ai massimi da due mesi a 267 punti base, con il rendimento del decennale a un passo dal 3%. Del clima teso se ne accorge anche il Tesoro che ha assegnato sei miliardi di Bot annuali con un rendimento che riconquista territori scomparsi dal gennaio 2014: 0,679%, in rialzo di 34 punti base dall'asta di luglio. La domanda è stata buona, 10,74 miliardi con rapporto di copertura 1,79.

Il ministro delle Finanze di Ankara, genero di Erdogan, ha provato a tranquillizzare tutti dicendo che l'inflazione verrà dimezzata al 2020, e che le banche sono forti grazie al loro surplus di capitale. Nella serata di giovedì, lo stesso Erdogan ha denunciato "campagne" contro il suo Paese: "Ci sono diverse campagne in corso, non prestate loro alcuna attenzione", ha detto citato dalla Reuters. "Non dimenticate questo: se loro hanno i dollari, noi abbiamo la nostra gente, il nostro diritto, il nostro Allah". Oggi ha ribadito, in attesa del promesso piano di rilancio dell'economia: "Non perderemo la guerra economica" e ha invitato la popolazione a comprare lira turca vendendo oro e valute stranere.

Parole che non hanno registrato un grande effetto sul cambio, precipitato ancor di più sopra 6 per dollaro dopo le parole di Trump. Anche l'euro ha accusato il colpo, chiudendo in picchiata a 1,1418 dollari e 126,36 yen. Ad allargare l'ombrello di preoccupazione sulla moneta unica ha contribuito un articolo del Financial Times, che ha descritto la Bce come "preoccupata" per l'evolversi della situazione turca e in particolare per l'esposizione di alcune banche verso quell'economia. Il quotidiano della City ha fatto i nomi e cognomi: la spagnola Bbva, la nostra Unicredit e la francese Bnp Paribas. Secondo la ricostruzione - alla quale gli istituti interessati e Francoforte hanno opposto il classico "no comment" - non ci sarebbe ancora presso l'Eurotower la percezione di una situazione come "critica", ma da qualche tempo si fanno i conti delle esposizioni verso il Paese. Il crollo della valuta penalizza gli utili realizzati localmente dalle banche che lì hanno aperto operazioni significative. Preoccupa poi che i creditori locali non si siano protetti dalle oscillazioni valutarie e siano in difficoltà dal restituire i prestiti in divisa estera che hanno sottoscritto e valgono ben il 40% delle esposizioni del mondo bancario turco.

Nonostante i crediti deteriorati siano solo al 3% dei prestiti, Moody's paventa che questa cifra salirà con l'aumentare della pressione economica. WisdomTree notava pochi giorni fa che l'economia turca rimane vulnerabile, "in quanto il suo disavanzo delle partite correnti è il più elevato tra i mercati emergenti e i livelli di inflazione sono quasi tre volte superiori all'obiettivo della banca centrale". Inoltre le società hanno 337 miliardi di dollari di passività in valuta, con un deficit di 217,3 miliardi netti rispetto agli asset. E le banche sono esposte a costi di finanziamento più elevati in quanto si prevede che il debito di quasi 100 miliardi di dollari vada a scadenza nell'arco di un anno. Gli osservatori internazionali sono poi preoccupati per come il potere politico si estende sulla Banca centrale, rea ad esempio di non aver dato corso a una stretta monetaria che poteva calmare un poco i prezzi.

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Secondo il conteggio del Ft, alle banche spagnole fanno capo esposizioni per oltre 83 miliardi di dollari, a quelle francesi per 38 e alle nostre per 17 miliardi. Andrea Martella di Cmc Markets annota che "alcune banche potrebbero non essere adeguatamente coperte verso il crolo della moneta turca" e "se alcune banche turche iniziassero ad essere insolventi verso le controparti europee potrebbero partire ribassi importanti sul comparto bancario". Nel caso di Unicredit c'è da considerare l'investimento da 2 miliardi e mezzo di euro in una quota del 40,9% di Yapi Kredi, che sul mercato dopo il crollo della lira vale 1,15 miliardi. Durante la recente presentazione dei conti semestrali, gli analisti hanno chiesto se fosse necessaria una svalutazione ma dalla banca hanno risposto che l'impatto sarebbe stato assorbito dalle riserve proprie. Il direttore finanziario Mirko Bianchi ha fatto capire in quell'occasione che non è intenzione di Unicredit vendere e ha spiegato che il contributo di Yapi è salito nel trimestre del 28% annuo a cambi costanti, percentuale che scende a -3,4% se si tiene conto della svalutazione della lira turca. Sul patrimonio, in particolare sul cosiddetto indicatore CET1, la volatilità della lira turca è limitata a 2 punti base ogni 10% di deprezzamento della valuta. Il titolo Unicredit alla fine di una giornata difficile ha lasciato sul parterre quasi cinque punti percentuali a Piazza Affari dove è passata da alcune fasi di stop. L'azione di Piazza Gae Aulenti è comunque in compagnia del resto del mondo bancario, tutto in rosso.

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Di fronte al caos turco, ha perso d'importanza il resto delle notizie odierne. Dal fronte macroeconomico, l'Istat ha segnalato la crescita dell'export italiano a giugno, mentre in Gran Bretagna il Pil ha segnato un +0,4% nel secondo trimestre in linea con le previsioni e il deficit della bilancia commerciale di giugno si è attestato a 11,4 miliardi. Negli Usa i prezzi al consumo di luglio hanno registrato un +0,2% in linea con le attese.

Questa mattina, la Borsa di Tokyo ha chiuso in calo dell'1,33%. L'economia giapponese è tornata a crescere con un Pil a +0,5% nel secondo trimestre. 29%. Oltre alla vicenda turca, non arrivano certo segnali distensivi dagli altri fronti internazionali aperti. La Russia ad esempio ha detto che considererà "una dichiarazione di guerra economica" l'adozione di nuove sanzioni americane e reagirà con tutti i mezzi a disposizione.

Petrolio in rialzo a New York, dove le quotazioni salgono dell'1,1% con il Wti a 67,6 dollari al barile. Giocano per il rialzo dei prezzi le indicazioni dell'Aie secondo la quale le sanzioni degli Usa all'Iran mettono a rischio il mercato. Si stabilizza il prezzo dell'oro e alla chiusura degli scambi europei il metallo con consegna immediata segna 1.214 dollari l'oncia.



(La Repubblica)