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Taglio delle pensioni, chi riguarderà la misura Lega-M5s

Il progetto di legge Lega-M5s punta a colpire 158 mila assegni sopra i 4 mila euro netti al mese per aumentare le pensioni minime. Ma la platea dei pensionati interessati potrebbe essere più vasta

 

13 Agosto 2018

 

MILANO - Un taglio alle pensioni superiori agli 80 mila euro lordi annui, circa 4 mila euro netti mensili per finanziare l'innalzamento delle pensioni minime dai 450 euro attuali fino, risorse permettendo, ai 780 euro. È questo il cardine del progetto di legge (il testo integrale) presentato alla Camera da Lega e Movimento 5 Stelle poco prima della pausa estiva e che, nelle intenzioni del governo, dovrebbe colpire 158 mila persone, ma che come raccontato oggi da Repubblica potrebbe riguardare una platea ben più ampia. Ecco i punti principali.

 

I DESTINATARI DEL PROVVEDIMENTO

Il ddl punta a colpire tutte le pensioni uguali o superiori agli 80 mila euro lordi all’anno, un po’ meno di 4 mila euro netti al mese. Da queste sono comunque escluse le le pensioni di invalidità e reversibilità e gli assegni per le vittime del dovere e delle stragi. La norma include poi una clausola di salvaguardia che prevede che in ogni caso, a seguito di una riduzione, non si possa mai scendere sotto la soglia degli 80 mila euro l'anno.

 

QUALI SONO I CRITERI DEL TAGLIO

Il principio di fondo è che più anticipi o hai anticipato l’età dell’uscita dal lavoro, più sei penalizzato. La norma vale sia per il passato, cioè retroattiva, sia per il futuro dal primo gennaio 2019. Uno dei punti fondamentali è che ad essere colpite non saranno solo le pensioni anticipate, cioè chi è andato in pensione maturando i requisiti contributivi necessari al momento del pensionamento, ma anche le pensioni di vecchiaia, cioè quelle di chi ha maturato i requisiti in funzione dell'età. È questo uno dei punti più controversi. La legge stabilisce nuove età di uscita calcolate applicando la speranza di vita in modo retroattivo a partire dal 1974.

 

CHI SONO QUESTI PENSIONATI "D'ORO"?

Per ora è ancora presto per tracciare un identikit. Si tratta di lavoratori dipendenti privati e pubblici. Autonomi. E forse anche professionisti, ma la loro inclusione è dubbia. Quel che è certo è chi non sarà toccato dalla sforbiciata del governo: magistrati e professori universitari che potevano andare in pensione a 70 anni, perché sono sempre al di sopra delle nuove età. Ma anche generali usciti ad un’età molto alta. Tra i più colpiti invece le donne e i militari, i cui criteri anagrafici per la pensione di vecchiaia erano più bassi. E in generale chi ha lavorato per 40 o più anni e va in pensione a 61-62 anni. Nel 2019 il tetto è fissato a 67.

 

(La Repubblica)