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La corsa dello spread spinge al rialzo i mutui. E le banche rallentano i prestiti alle imprese

I rincari saranno soprattutto sui contratti futuri. Il differenziale sui titoli tedeschi arriva a 340 punti poi cala a 301



Pubblicato il 20/10/2018

sandra riccio

milano



Si chiude con una forte sbandata dello spread quella che è stata una delle settimane più difficili degli ultimi anni per il debito italiano. Nella mattinata di ieri lo spread è balzato a quota 340 punti per poi recuperare terreno e tornare, a fine giornata, su 301,6 punti base. Nel frattempo continua il flusso di notizie preoccupanti. Secondo quanto rivelato ieri dal Bollettino economico della Banca d’Italia, prosegue la fuga degli investitori esteri dal nostro debito. Nei primi otto mesi del 2018 «gli investitori non residenti hanno ridotto le loro consistenze di titoli di portafoglio italiani di 42,8 miliardi: i disinvestimenti hanno riguardato soprattutto i titoli pubblici (24,9 miliardi) e le obbligazioni bancarie (12,4 miliardi)».



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Fitch, l’agenzia di rating che a fine mese si esprimerà sui conti del nostro Paese, ha già lanciato un avvertimento. In una nota di ieri ha detto che l’impennata dello spread mette a rischio le banche italiane che dovranno spendere di più e ricapitalizzarsi per far fronte al deciso calo del valore dei titoli di Stato in pancia.

I primi effetti di questa crisi dello spread iniziano già a farsi vedere su famiglie e imprese. In primo piano ci sono mutui e prestiti che rischiano di diventare più salati. Le banche italiane dovranno, infatti, finanziarsi sui mercati internazionali dei capitali a livelli più esosi e questi extra-costi saranno girati sulla clientela. Per ora non ci sono stati rincari sulle rate dei finanziamenti a tasso variabile già stipulati dalla clientela negli anni passati. Questo perché sono tarati sull’Euribor, indice europeo che poco risente della crisi locale italiana e che quindi in queste ultime settimane non si è mosso (i prestiti a tasso fisso restano invariati).

I rincari ci potranno essere però sui contratti di mutui e prestiti futuri, sia fissi sia variabili. Nelle scorse settimane alcune banche, poche a dire il vero, hanno già iniziato un rialzo degli spread. «Si tratta però di movimenti ancora lievi con incrementi in media di 6 centesimi di punto e che sono legati anche al possibile avvio del rialzo dei tassi Bce da parte di Draghi» dice Roberto Anedda di Mutuionline.it. L’allarme vero e proprio arriverebbe nel caso di spread a quota 500. In quell’ipotesi, i tassi sui mutui tornerebbero al 2011, vale a dire al 5,5% per il variabile e sopra al 6% per i fissi. Si tratta di livelli anche dieci volte più alti di quelli attuali (il variabile medio è allo 0,5%).

La preoccupazione è anche sulle aziende. Se la corsa dello spread tornerà a livelli di paura, gli istituti bancari dovranno proteggere i propri indici patrimoniali e quindi si troveranno a dover rallentare la concessione di finanziamenti. «A partire dall’ultimo mese e mezzo si percepisce già un certo irrigidimento da parte delle banche nei confronti della aziende a caccia di finanziamenti» dice Saverio Maisto, direttore di Comet, cluster della metalmeccanica del Friuli Venezia Giulia.

Anche le stesse banche sono tornate in trincea. Gli addetti ai lavori raccontano che qualche istituto pronto per il lancio di nuovi bond ha fatto marcia indietro nelle ultime ore per paura di pagare di più. Quanto? Ludovic Subran, Chief Economist Euler Hermes e Capo Studi Economici di Allianz, calcola un incremento dello 0,80% di tasso per i bond bancari per ogni punto in più del rendimento dei Btp. È comunque un extra-costo che le banche finirebbero per rovesciare sulle famiglie già penalizzate, tra l’altro, dal forte calo del valore dei titoli di Stato in portafoglio. Si tratta di perdite solo sulla «carta» per chi non ha venduto ma che portano sfiducia e poca voglia di spendere . Con buona pace per la crescita economica.



(La Stampa)