News

Imprese scottate dalla Manovra, tradita la promessa di "meno tasse"

Dallo scambio Ace-mini Ires ne deriva un peggioramento del quadro fiscale per le aziende. I gruppi maggiori sono invece scontenti per la proroga degli ammortamenti maggiorati

di ROBERTO PETRINI

13 Novembre 2018



ROMA - Gli occhi sono puntati sul braccio di ferro con l'Europa e sulle misure di maggiore impatto, come le pensioni e il reddito di cittadinanza. Ma a ben guardare la legge di Bilancio, il settore delle imprese, nonostante le promesse di "meno tasse", non ne esce bene affatto. Di qui il malcontento della Confindustria e della Confapi, delle associazioni delle banche e delle assicurazioni.

La vera e propria sorpresa infatti, secondo quanto riferito dall'Istat durante l'audizione parlamentare di lunedì, è che per un terzo del mondo delle imprese le tasse aumenteranno del 2,1 per cento e solo il 7 per cento delle aziende sarà avvantaggiato dalle nuove misure. Senza contare che l'aggravio fiscale del prossimo anno, rispetto alla normativa vigente, sarà maggiore per le imprese sotto i dieci dipendenti, cioè la parte più fragile, e spesso più combattiva, del nostro mondo produttivo.

La mini stangata fiscale sulle imprese dipende dal mix di interventi introdotti che prevede in primo luogo l'abolizione dell'Ace, cioè l'"aiuto alla crescita economica" che introduceva uno sconto fiscale finalizzato al rafforzamento del capitale delle aziende attraverso il reinvestimento degli utili. L'Ace viene sostituita con la mini-Ires che si limita ad introdurre uno sconto del 15 per cento sugli utili reinvestiti in macchinari ma è meno efficace ai fini del rafforzamento patrimoniale.

Lo scambio Ace-mini Ires, oltre ad essere discutibile sul piano degli effetti sul profilo del sistema industriale, non conviene. Il nuovo mix di imposte consente infatti un risparmio fiscale per le aziende dell'1,7 per cento; ma questo risparmio non compensa i vantaggi della ormai vecchia Ace che l'Istat valuta nel 2,1 per cento e dell'altra misura abolita dalla manovra, cioè il maxi ammortamento che avrebbe mantenuto per le imprese un vantaggio fiscale dell'1,5 per cento (misura ben considerata dalle aziende perché consentiva di spalmare il risparmio d'imposta lungo tutta la vita del un bene acquistato).

Al contrario per la proroga degli iperammortamenti per chi investe in alte tecnologie, prevista dalla "Finanziaria", scontenta le imprese più grandi e con progetti di più ampio respiro. Gli "iperammortamenti" rimangono infatti previsti nella attuale maggiorazione piena del 150% del costo deducibile dell'investimento solo per gli investimenti fino a 2,5 milioni di euro, per poi ridursi al 100% per gli investimenti tra 2,5 e 10 milioni di euro, al 50% per gli investimenti tra 10 e 20 milioni di euro, fino ad azzerarsi per gli investimenti oltre 20 milioni di euro.



(La Repubblica)