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Reddito cittadinanza, Boeri contrario: funziona meglio il Rei

Su quota 100 "il conto del governo sulla spesa per le uscite con 62 anni e 38 anni di contributi che è simile per il 2019 e il 2020" pari a 6,7 miliardi il primo anno e sette il secondo "non esiste". E la salita dello spread causata dagli annunci del governo "ha prodotto danni sul reddito dei pensionati"

13 Novembre 2018



ROMA - Proseguire con il Rei (il Reddito di inclusione) piuttosto che introdurre il reddito di cittadinanza sarebbe meglio e "più sicuro" perché la struttura è già rodata e "ha funzionato molto bene". Lo ha detto il presidente dell'Inps, Tito Boeri il quale ha sottolineato che "il problema vero" negli interventi di contrasto alla povertà è "identificare i beneficiari", guardando alle persone che hanno davvero bisogno e non "le app". "Molte cose sono molto vaghe - ha detto - è fondamentale il ruolo dei comuni. Sarebbe meglio tenersi il Rei, è l'ipotesi con il costo più basso".

Il presidente dell'Inps ha proseguito parlando di quota 100: il conto del governo sulla spesa per le uscite con 62 anni e 38 anni di contributi che è simile per il 2019 e il 2020 (6,7 miliardi il primo anno e sette il secondo) "non esiste". Boeri ha spiegato che la spesa del primo anno, considerate anche le finestre che ritardano le uscite, sarà nettamente inferiore a quello dell'anno successivo che deve tenere conto naturalmente delle persone uscite nel 2019 e di quelle che escono nel 2020.

Inoltre, "allo stato attuale - ha proseguito il numero uno dell'Inps - solo gli annunci hanno determinato una perdita di reddito per i pensionati. In primo luogo per i fondi pensione integrativi che hanno investito in titoli di Stato e hanno perso valore per effetto dello spread. L'altro effetto potenziale è la riduzione della crescita, l'effetto spread è depressivo e pesa su imprese e famiglie. Quindi questi aspetti gravano, abbiamo già danneggiato le pensioni future senza aver fatto nulla". Per Tito Boeri, inoltre, "nel 2011 con la riforma dell'epoca un rapporto spiegava che ogni tre pensionati in meno, un giovane in più veniva assunto. Ora si sostiene un rapporto 1 a 1, oppure addirittura che con ogni pensionato ci siano tre giovani assunti, sono stime senza alcuna base empirica per i dati a nostra disposizione".



(La Repubblica)