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Manovra, il governo chiede nuova flessibilità. Privatizzazioni, obiettivo "impossibile" da 18 miliardi

Nella nuova versione del Documento programmatico di bilancio, le spese per gli eventi eccezionali (rete viaria e alluvioni) salgono allo 0,2 per cento del Pil e l'obiettivo di vendite nel solo 2019 sale dallo 0,3 all'1% del Prodotto

di FLAVIO BINI e RAFFAELE RICCIARDI

14 Novembre 2018



Rep

Manovra, sfida alla Ue: “Ma il debito scenderà con le privatizzazioni”

di ALBERTO D'ARGENIO e ROBERTO PETRINI



MILANO - Saldi e previsioni di crescita invariate, ma con qualche importante novità. Nella nuova lettera di risposta del governo alla Commissione europea, il governoha messo a punto due importanti modifiche, che pur senza cambiarei punti più controversi del quadro macroeconomico contestato da Bruxelles, aggiungononuovi elementi nello scontro con l'Europa. Una nuova richiesta di flessibilità sui conti per eventi eccezionali legata alle ultime alluvioni e alle spese per interventi sulla rete viaria (dopo la tragedia del Ponte Morandi) e la garanzia, molto ambiziosa, di far calare più decisamente il debito già dal prossimo anno grazie a un piano di privatizzazioni e dismissioni da 1 punto di Pil, circa 18 miliardi.

La flessibilità sale a 3,6 miliardi per il prossimo triennio

Rispetto al Progetto di bilancio inviato a metà ottobre, il governo aggiunge nel capitolo degli "eventi eccezionali" le successive alluvioni che hanno colpito l'Italia da Nord a Sud. Nella prima versione si intendeva chiedere la flessibilità per 0,05 punti percentuali di Pil per il solo 2019, per spendere quasi 1 miliardo nella messa in sicurezza della rete stradale e delle opere coetanee o antecedenti rispetto al Ponte Morandi. Ora si sale allo 0,2% del Pil nel triennio (3,6 miliardi totali) aggiungendo la voce reltiva al "contrasto al dissesto idrogeologico". Lo stesso Tria ha spiegato questa modifica nella sua lettera, chiedendo che l'Europa ne tenga conto nella sua valutazione dello sforamento dei conti. "Si tratta di eventi inattesi che in qualche misura sono anche testimonianza di un territorio ancora troppo esposto al dissesto idrogeologico", ha annotato il ministro. Che ha anticipato che il governo predisporrà "a breve un piano per contrastare il dissesto, da avviare in tempi rapidi e realizzare nel prossimo quinquennio".



Carlo Cottarelli

@CottarelliCPI

Il Governo alza l’obiettivo di entrate da privatizzazioni nel 2019 dallo 0,3% del Pil del Documento Programmatico di Bilancio all’1%. È dal 2003 che le entrate da privatizzazioni non arrivano a questi livelli. È credibile?



Il traguardo impossibile dei 18 miliardi da privatizzazioni

Parlando con i cronisti all'uscita da Palazzo Chigi, il ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio ha assicurato che il piano di dismissioni del governo "non include i gioielli di famiglia" parlando di "immobili e beni secondari dello Stato". I risultati raggiunti negli anni passati mostrano però che l'obiettivo del governo, 18 miliardi di incassi nel solo 2019, se fosse concentrato unicamente su questi asset sarebbe praticamente impossibile da raggiungere. Secondo i dati del Def del 2018 e di quelli degli anni precedenti il bottino è stato assai più magro: dal 2010 al 2017, in otto anni, l'incasso totale è stato di 8,7 miliardi di euro. Di questi, nell'ultimo triennio, ne sono entrati soltanto 2,5 miliardi.

Posto che il traguardo dei 18 miliardi in un anno dalle sole dismissioni immobiliari è più un miraggio che un reale obiettivo, come sottolineato anche dal presidente della Commissione economica dell'Europarlamento Roberto Gualtieri, resta la possibilità che il governo intenda procedere alla cessione di quote delle sue società di Stato. Anche se in giornata Luigi Di Maio ha assicurato che "Aziende come Eni, Enel, Enav non andranno in mani private" e che nel piano dismissioni sono stati previsti "immobili e beni di secondaria importanza".

Nel recente passato a più riprese si è messo mano ai "gioielli di famiglia": è lo stesso Tesoro a tenere conto di quello che si è incassato dalla vendita di quote di società pubbliche. Nell'ultima relazione sulle privatizzazioni, di un paio di anni fa, si indicava curiosamente proprio in "poco meno di 20 miliardi di euro" il ricavato dirottato al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. Peccato che ci siano voluti quasi sei anni per arrivare a quel risultato, con operazioni di vaste dimensioni. Ora il Documento programmatico di bilancio indica un obiettivo dell'1 per cento del Pil, circa 18 miliardi, in un solo anno.

Nella finestra in esame nell'ultima relazione - dal gennaio 2011 al settembre 2016 - lo Stato ha venduto in Borsa con una procedura accelerata una fetta (la quinta tranche) dell'Enel per oltre 2,1 miliardi e ha quotato il 35% delle Poste per 3,1 miliardi. Anche l'Enav è stata messa sul mercato in quel periodo e non va dimenticato il peso della cessione alla Cassa Depositi e Prestiti delle partecipazioni in Sace, Simest e Fintecna: una partita di giro da quasi 9 miliardi, 2,4 dei quali erano stati dirottati al pagamento dei fornitori. Ancora, nel conteggio di allora andarono anche i rimborsi dei cosiddetti Tremonti e Monti Bond pensati per salvare il Monte dei Paschi.

 

Rep

"Se Bruxelles dichiara guerra ci faremo la campagna elettorale"

di Tommaso Ciriaco e Carmelo Lopapa



In passato, ha annotato dall'Osservatorio sui conti pubblici Carlo Cottarelli, soltanto nel 2003 si è venduto per un ammontare pari all'1% del Pil. Allora però vennero vendute quote pesanti di Enel, Eni, Cdp e altro ancora. Via via i "gioielli" dai quali attingere per far cassa sono diventati sempre meno. E metterli in vetrina è diventato più compliato: in tempi recenti, più volte si è parlato di nuove privatizzazioni, a proposito di una seconda tranche di Poste o delle Ferrovie. Ma non se n'è fatto nulla. Ora, dice il Documento programmatico di bilancio, si potrebbe puntare a centrare l'obiettivo in pochi mesi per costruire "un margine di sicurezza per garantire che gli obiettivi di riduzione del debito" siano "raggiunti anche qualora non si realizzi appieno la crescita del Pil ipotizzata". Nonostante le attuali condizioni di mercato siano tese e gli economisti di una grande banca d'affari quale Barclays abbiano definito di prima mattina "incerto" quel target di introiti, considerando che l'Italia ha scollinato il picco del ciclo economico e il barometro dell'economia segna un futuro incerto.



(La Repubblica)