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Un dl per cancellare l’aumento Ires al non profit

La cancellazione dell’aggravio Ires per gli enti no profit non entrerà nel decreto semplificazioni ma prenderà la strada di un dl autonomo, dove troverà spazio anche una disposizione sulla riclassificazione degli interessi passivi e qualche altro correttivo tecnico scaturente dalla manovra

 

di Cristina Bartelli

 

La cancellazione dell'aggravio Ires per gli enti non profit non entrerà nel decreto semplificazioni ma prenderà la strada di un dl autonomo, dove troverà spazio anche una disposizione sulla riclassificazione degli interessi passivi e qualche altro correttivo tecnico scaturente dalla manovra. A confermarlo a ItaliaOggi, a margine del convegno dell'Ordine dei commercialisti (Odcec) di Milano sulle novità della legge di Bilancio che si è tenuto ieri nel capoluogo lombardo, è stato Stefano Buffagni, sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri.

 

Il decreto correttivo

Nella legge di Bilancio - ricordiamo - è stato previsto un innalzamento dell'aliquota Ires dal 12 al 24% per le imprese non profit. Ma a seguito delle proteste del terzo settore con la legge di bilancio fresca di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, sia il presidente del consiglio Giuseppe Conte, sia il vicepremier Luigi Di Maio avevano preso l'impegno di cancellare la disposizione. Impegno che ora, dopo aver trovato le coperture, potrà essere mantenuto appunto con un decreto ad hoc. In questo articolato, poi, troveranno spazio altre misure correttive di alcune disposizioni della legge di bilancio. In particolare la riclassificazione degli interessi passivi, che ha creato difficoltà nel settore immobiliare per un accavallarsi di entrate in vigore di norme tra un decreto legislativo di recepimento delle direttiva Ue (Atad 2) che ha inasprito la tassazione e la legge di Bilancio 2019 che ne ha aggiustato il tiro ma è stata pubblicata successivamente al decreto su cui era intervenuta la correzione. Su questo aspetto, Maurizio Leo, professore ordinario della Scuola nazionale dell'amministrazione (Sna), ha però osservato come, in via interpretativa, non dovrebbero sussistere dubbi in merito al ripristino in capo alle società immobiliari di gestione della norma transitoria cancellata, appunto, dal decreto legislativo n. 142 del 2018. Per tali soggetti dunque non vi sarà un aggravio fiscale derivante dalla necessità di applicare, sin dal 2019, le nuove disposizioni in materia di interessi passivi deducibili di cui all'articolo 96 del Tuir. Sempre Leo, nell'affrontare congiuntamente la panoramica degli interventi normativi in materia di pace fiscale, ha osservato come il sistema introdotto dal legislatore non sia coerente in alcuni aspetti ovvero possa non rappresentare una reale convenienza alla chiusura di liti aperte o solo potenziali. In particolare, la notazione ha riguardato la necessità di definire integralmente invece che solo parzialmente i pvc notificati entro il 24 ottobre 2018 nonché l'esclusione degli avvisi bonari da ogni forma definitoria. Senza dimenticare, inoltre, le difficoltà interpretative che si pongono sul tema della possibilità di chiudere le liti pendenti nel momento in cui si debba identificare la nozione di processo pendente dinanzi alla Corte di cassazione.

 

Il nuovo forfait

Come era prevedibile, però, la parte del leone, anche in termini di quesiti posti ai relatori, è stata quella dell'esame delle nuove regole del sistema forfetario come modificato dalla legge di Bilancio del 2019. Annibale Dodero, dirigente dell'Agenzia delle entrate ora a riposo, ha auspicato una interpretazione dell'amministrazione finanziaria che sia finalizzata a chiarire in modo puntuale l'ambito di applicazione delle nuove cause ostative introdotte dalla legge 145/2018. Questo perché, sotto l'aspetto pratico, è del tutto frequente il caso in cui un soggetto che produce compensi entro il limite soglia di 65 mila euro sia ad esempio in possesso, magari congiuntamente a dei familiari, di una quota di una srl che ostacolerebbe l'applicabilità del regime di specie. La legge 145 afferma infatti che non è possibile fruire del regime in questione nel momento in cui si sia in possesso, direttamente o indirettamente, di una quota di controllo di una srl che svolge la attività svolta anche singolarmente dal contribuente titolare di partita Iva.

 

Fatturazione elettronica

La convitata di pietra al convegno, la normativa sulla fatturazione elettronica, è stata oggetto di critiche da parte di Guido Beltrame, consigliere dell'Odcec: «Se il rinvio della fatturazione elettronica non poteva essere inserito nella legge di bilancio per questioni di gettito ci aspettavamo almeno che venisse prevista non solo una moratoria per l'invio tardivo delle fatture elettroniche, ma che venisse anche disciplinata la possibilità di detrarre comunque l'Iva sugli acquisti e dedurre i costi effettivamente sostenuti. Il maggior gettito atteso deve derivare dalla vera lotta all'evasione e non dalle difficoltà e dall'impossibilità di detrarre Iva e dedurre e costi sostenuti, un sacrosanto diritto dei contribuenti. Le prime informazioni che stiamo ricevendo ci dicono, invece, che molti stanno rinunciando, per cause di forza maggiore a vedersi riconosciuti gli effettivi oneri sostenuti». Sul fronte opposto il sottosegretario Buffagni, il quale ha difeso, davanti a un teatro Carcano gremito di dottori commercialisti, la scelta sulla fatturazione elettronica: «Era necessario partire, per sei mesi si sono tolte le sanzioni, non si pagherà quindi per disservizi dell'avvio. L'obiettivo a regime è quello di assorbire altri adempimenti per poter avere una reale semplificazione».

 

17/01/2019

(Italia Oggi)