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Pensione, Quota 100 e le altre vie: con l'accordo aziendale possibile anticipo a 59 anni

Oltre alla sperimentazione triennale, arriva la proroga di un anno per l'Ape sociale e l'Opzione donna. Maxi sconto per il riscatto di laurea: basteranno 5241 euro l'anno

 

18 Gennaio 2019

 

Rep

Quota cento, il governo prevede un milione di nuovi pensionati in tre anni

di VALENTINA CONTE

 

MILANO - In pensione con 62 anni e 38 di contributi, ma - in caso di un accordo interno all'azienda - anticipare il ritiro a 59 anni è una via possibile.

 

In attesa di avere l'ufficialità dei testi definitivi, il decreto varato dal Consiglio dei ministri sul reddito di cittadinanza e quota 100 cambia le regole per la fine del lavoro. Si tratta, è bene precisare fin da subito, di una finestra per il momento "sperimentale" e della durata di tre anni. Come sottolinea Repubblica in edicola, per altro, manca l'uscita con 41 anni di contributi (a prescindere dall'età) che era annunciata come il punto d'approdo dello smantellamento della riforma Fornero, per il 2022.

 

Intanto, per una platea di un milione di persone nel triennio 2019-2021, si amplia la gamma di soluzioni per uscire dal lavoro. La base è la famigerata Quota 100, che si può centrare solo con la combinazione 62 anni + 38 di contributi, anche cumulando gratuitamente gestioni separate ma sempre in ambito Inps. Il secondo addendo (quello contributivo) non è modificabile, per cui si potrà accedere all'anticipo salendo a quota 101 (63 anni + 38 di contributi), 102, 103 e 104. Arrivati a questo punto, infatti, scattano i normali requisiti di vecchiaia della riforma Fornero: 67 anni di età (con almeno 20 di contributi). Un requisito che resta agganciato alla speranza di vita e dunque salirà nei prossimi anni. L'altra via normale d'accesso è l'anticipata, che prevede i requisiti di 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne), bloccati fino al 2026 dal decretone pentaleghista. L'incasso dell'assegno arriva tre mesi dopo la maturazione dei requisiti, che fino al 2026 non saranno dunque adeguati alla speranza di vita.

 

Quota 100 e finestre per dipendenti pubblici e privati

Restando nell'ambito della novità, Quota 100, ci sono alcuni noti paletti introdotti per contenere la spesa e scoraggiare di fatto l'accesso. Innanzitutto i tempi di ricezione dell'assegno sono diversificati. Per i lavoratori del privato si prevedono due scadenze: chi ha maturato i requisiti entro la fine del 2018 prenderà la pensione dal 1° aprile 2019; chi arriva ai requisiti dopo l'inizio del 2019, deve aspettare tre mesi.

 

Diverso il quadro del pubblico: chi ha già i requisiti entro la pubblicazione del decreto deve attendere agosto 2019; chi invece ci arriva dopo, l'attesa prevista è di sei mesi. Nel solo caso della scuola, si potrà andare a settembre se si hanno già i requisiti, in autunno per gli altri. Per chi dovesse arrivare ai requisiti nel 2021, il diritto di sfruttare quota 100 potrà esser conservato anche per gli anni successivi. I disincentivi: in tutti i casi, la pensione non potrà prevedere il cumulo con altri redditi, a meno che non si tratti di lavoro occasionale entro un limite di 5mila euro. E il fatto di smetter di lavorare con meno contributi versati del normale decurta automaticamente l'assegno: calcolate sforbiciate intorno al 25%.

 

Quota 100 e Tfr per i dipendenti pubblici

La possibilità di ottenere il Tfr pr i dipendenti pubblici c'è, ma con un anticipo bancario e nel limite di 30mila euro. E, a tutela dei conti pubblici, la grande novità prevede uno stretto monitoraggio Inps che dovrà tenere sotto controllo richieste e fondi stanziati (22 miliardi nel triennio): se le prime eccedessero i secondi, scatterebbero tagli alle spese del ministero del Lavoro, poi lineari, poi altre coperture come aumenti di tasse.

 

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Rep

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Quota 100 a 59 anni

A questo quadro si deve aggiungere una ulteriore ipotesi, che permette appunto di anticipare l'uscita a 59 anni. Per farlo, dovranno essere attivati i fondi bilaterali di solidarietà delle aziende e si dovrà sottoscrivere un accordo sindacale a livello aziendale. Da una parte, infatti, il testo prevede che gli attuali lavoratori in prepensionamento o "accompagnati" alle pensione non possano sfruttare le regole di Quota 100. Dall'altra, però, si che i fondi possono riconoscere al lavoratore la pensione e la contribuzione relativa, a condizione che il lavoratore maturi i requisiti per l'accesso a Quota 100 nei tre anni successivi. In pratica, le aziende potranno finanziare l'uscita dei 59enni con 35 anni di contributi (che nel giro di tre anni rientrerebbero cioè sotto lo schema di Quota 100), con i fondi bilaterali. Questi soldi sono deducibili per le aziende, che però devono garantire i livelli occupazionali tra entrate e uscite.

 

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Proroga per Ape sociale e Opzione donna

Tra le altre misure del decreto, che quindi sono canali d'accesso alla pensione, la proroga di un anno dell'Ape Sociale, che mira a 63 anni e investe i disoccupati da almeno tre mesi con 30 anni di contributi; chi - sempre con 30 anni di contributi - assiste da almeno sei mesi familiari gravementi disabili; i lavoratori invalidi con 30 anni di contributi; i lavoratori che svolgono una mansione usurante con 36 anni di contributi. Conferma anche per l'Opzione donna, che prevede per le donne 58enni (59enni, se autonome) e con 35 anni di contributi di anticipare l'uscita: il prezzo da pagare è un ricalcolo contributivo dell'assegno e attendere una finestra di almeno 12 mesi tra la maturazione del diritto e l'accredito della pensione.

 

Maxi sconto per i riscatti di laurea. Bastano 5241 euro all'anno

Infine, tra le misure previste si apre la possibilità di accedere alla pace contributiva, un condono previdenziale per chi ha versamenti dal 1996 in avanti. Anche in questo caso vale un triennio: si potranno riscattare periodi di mancati versamenti fino a un massimo di cinque anni, portando in detrazione la metà delle spese. Fino a 45 anni, si potranno riscattare anche i periodi di studio per la laurea con un ammontare uguale per tutti di 5.241,30 euro di contributo annuo da pagare per ogni anno di studio. Una cifra che - calcola la Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro - offre uno sconto sostanzioso: un lavoratore in regime contributivo, che guadagna 40.000 euro avrebbe infatti pagato circa 13.200 euro l'anno. Il riscatto serve ai fini dell'anziantià contributiva, ma non per il calcolo del montante. Anche le aziende potranno aderire all'iniziativa, spesando i contributi dei dipendenti e deducendoli.

 

(La Repubblica)