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Case sfitte, quando e perché si paga l'Irpef

 

di Oliviero Franceschi e Daniele Cuppone

 

La tassa è dovuta per alloggi vuoti nella città di residenza

 

Proprio come nel leggendario film “Guardie e ladri”, è ricominciata ufficialmente la corsa tra contribuenti e fisco, per la compilazione del modello 730 a prova di sanzione. Ed anche quest’anno non mancano le novità nel quadro Fabbricati, il più caro agli amanti del “pianeta “casa”.

Le brutte notizie

Iniziamo col toglierci il peso delle novità più amare per i proprietari di case ed immobili. Chi ha dimestichezza con il Modello probabilmente ricorderà che lo scorso anno il reddito dei fabbricati soggetti ad Imu ma non affittati, compresi quelli dati in uso gratuito, non veniva più tassato ai fini dell’Irpef e delle relative addizionali. Questi immobili venivano sempre indicati nel quadro “B”, ma risultavano non imponibili e dunque non concorrevano a formare il reddito complessivo del contribuente. Da quest’anno, purtroppo, le cose cambiano nuovamente: il fisco ci ha in parte ripensato e per alcuni di questi immobili (si tratta di quelli situati nel Comune dove il contribuente possiede l’abitazione principale e che sono sfitti), si torna a pagare l’Irpef e le addizionali sul 50% del reddito. Anche se soggetti ad Imu. Per tutti gli altri immobili invece l’esenzione dall’Irpef resta come l’anno passato. Una complicazione in più dunque, da tenere in conto per evitare contestazioni.

Affitti più tassati, cala deduzione forfettaria

Ma le cattive notizie non sono finite. Da tantissimi anni, ricorderete, chi affitta una casa o un negozio paga l’Irpef (nella maggioranza dei casi) sull’85% del canone annuo di locazione: c’è, cioè, una sorta di franchigia del 15% per compensare - in modo forfettario – le tante spese sostenute per conseguire il reddito da locazione. Da quest’anno “qualcuno” ha pensato bene di ridurre la franchigia al solo 5% e, pertanto, al momento di pagare le imposte i proprietari pagheranno sul 95% del canone di locazione, con effetti deleteri sul loro già disastrato portafogli.

Affitti concordati e con la cedolare

Un miglioramento invece ci sarà per chi ha affittato con la cedolare secca e per giunta con “canone concordato”: l’imposta sostituiva da liquidare nel 730 diminuisce dal 19% al 15%. Come abbiamo visto negli articoli passati, la cedolare secca é un regime alternativo di tassazione sugli affitti che consente di pagare un’imposta sostituiva evitando l’Irpef, le addizionali regionale e comunale e le imposte di registro e di bollo relative al contratto di locazione.

Compilazione del quadro B

Semplificando un po’, si può dire che il quadro B del modello 730, riservato ai fabbricati, riguarda tutti coloro che possiedono a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono o devono essere iscritti con attribuzione di rendita nel catasto edilizio urbano. Oltre ai soliti noti, tra i contribuenti obbligati a compilare il quadro B figurano degli insospettabili come: il coniuge superstite per la casa coniugale; i soci di società semplici; gli assegnatari di alloggi riscattabili o per i quali è previsto un patto di futura vendita da parte di Enti (Iacp, ex Incis, ecc.); i soci di cooperative edilizie non a proprietà indivisa, assegnatari di alloggi, anche se non ancora titolari di mutuo individuale. Dribbla invece felicemente la compilazione del quadro B il “nudo proprietario” di un immobile, poiché l’onere ricade su chi ha l’usufrutto, mentre rimane nella rete il coniuge separato o divorziato, per la casa assegnata dal giudice all’altro coniuge: oltre al danno la beffa.. A parte ogni considerazione, le istruzioni ministeriali tracciano molto bene la compilazione del quadro “B” e come sempre rappresentano la prima guida da seguire per non avere problemi col fisco. Perciò, dopo aver indicato la rendita catastale a colonna 1, riportate nella colonna 2 il codice relativo all’utilizzo che l’immobile ha avuto nel 2013. Poiché negli anni la casistica è continuamente variata, attenzione a non ricopiare meccanicamente da un vecchio modello 730, risalente a chissà quale anno precedente, e cercate di leggere invece con attenzione le istruzioni.

Rendita catastale

Il punto di partenza per una corretta compilazione del quadro è senz’altro l’importo della rendita catastale del fabbricato da riportare nella prima colonna del quadro ”B”, senza tener conto della rivalutazione del 5%: sarà infatti chi prepara la dichiarazione a preoccuparsi di fare bene i conti. Si tratta di una delle tante semplificazioni del modello 730, grazie alla quale è sufficiente ricopiare dalla visura catastale il valore indicato alla voce rendita catastale, senza tanta matematica. Attenzione però agli errori: chi rileva i dati dall’Unico 2013, dovrà “scorporare” la rivalutazione del 5% operata lo scorso anno, dividendo l’importo per 1,05. Per i fabbricati non censiti o con rendita non più adeguata si può indicare invece la rendita presunta. Per gli immobili “storici” la rendita va riportata ridotta al 50%.

Rendite aumentate

Se negli ultimi mesi avete ricevuto la letterina dell’Agenzia delle Entrate – uffici del Territorio - con la quale vi comunicavano cortesemente che la vostra rendita catastale veniva cospicuamente aumentata, potrebbe essere il momento di tenerne conto. Com’è noto è stata avviata una campagna in grande stile per aggiornare le rendite in molti Comuni italiani tra cui la nostra Capitale. A Roma ad esempio tutti o quasi i quartieri più centrali sono stati interessati dell’opera di revisione delle rendite, con forte dispiacere dei proprietari. Nel preparare il modello 730, se siete tra i “fortunati”, dovete scrutare con attenzione la comunicazione ricevuta che dovrebbe recare anche la data dalla quale la rendita passata si considera “scaduta”.

 

(1° – continua)

Hanno collaborato Alberto Martinelli e Enrico Rabitti

 

(Il Messaggero)