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Il lavoro nero in Europa: Olanda al top, Italia nella media. Sorprese e immaginario collettivo

 

di Giuseppe Chiellino

 

Sapete in quale Paese europeo c'è la percentuale più alta di lavoro nero? In Grecia. E fin qui, potreste dire, nulla di strano. Ma sapete chi c'è al secondo posto? L'Olanda! Al 29%, appena un punto sotto la Grecia che ha conquistato (si fa per dire) il primo posto solo "grazie" alla forte accelerazione (+13 punti) negli anni della grandi crisi. Ma questa non è l'unica sorpresa dell'indagine di Eurobarometro sul lavoro sommerso, pubblicata a fine marzo. Nelle posizioni alte della classifica ci sono altri Paesi considerati "insospettabili" nell'immaginario collettivo "mediterraneo".

Al quinto posto, per esempio, troviamo la Danimarca con il 23% di cittadini che hanno detto di "avere buone ragioni per credere che i beni e i servizi acquistati nei 12 mesi precedenti includessero lavoro sommerso". Una percentuale più che doppia rispetto alla media dell'Unione europea (11%) , da cui – ed ecco l'ulteriore sorpresa – l'Italia è poco distante: appena un punto più sù, al 12%, quasi come la Finlandia. Va detto che in Italia ancora dieci intervistati su 100 si rifiutano o dicono di non saper rispondere, ma si tratta di una percentuale in netto calo: -14% rispetto all'ultima indagine Eurobarometro che risale al 2007. Spagna e Regno Unito con l'8% e Germania (7%) sono i paesi più virtuosi, mentre il 5% della Polonia va preso con le molle per via della scarsa rappresentatività del campione statistico.

Tra i Paesi in cui lavoro sommerso sembra più diffuso che in Italia, ci sono molti che negli anni scorsi hanno dato lezioni di "moralità" e di equilibrio nei conti pubblici ai cosiddetti "periferici" come l'Italia. Lussemburgo, Austria, Svezia sono tutti sopra di 3-4 punti. Bisogna precisare, tuttavia, che in termini di reddito annuale percepito "fuori busta" è nettamente più alta nei paesi dell'Europa meridionale (69%), segue con il 29% l'Europa orientale e centrale mentre sono tra il 7 e il 17% i paesi settentrionali e continentali.

Misurare l'incidenza del lavoro sommerso – nella cui definizione rientrano i lavori legali ma non dichiarati alle autorità, mentre sono escluse tutte le attività illegali -non è una cosa semplice, per ragioni evidenti. L'indagine di Eurobarometro rientra nei metodi diretti che si basano fondamentalmente sulle interviste. Proprio per questo, però, tendono a sottostimare il fenomeno. In genere, i risultati vanno incrociati con indagini indirette, basate sull'uso dei contanti, sui consumi di energia e sulla contabilità nazionale, con esiti che al contrario, tendono a sovrastimare il fenomeno del lavoro nero.

I settori economici in cui più alta è l'incidenza del lavoro nero, in Italia come nel resto d'Europa, sono nell'ordine l'edilizia (poco meno di un terzo dei lavori sono in nero), la manutenzione dell'auto e i lavori domestici.

Per combattere la diffusione del lavoro sommerso, che penalizza prima di tutto i lavoratori, poi le imprese che applicano correttamente i contratti e infine i conti pubblici perché sottrae gettito fiscale e previdenziale, la Commissione europea ha proposto al Consiglio e al Parlamento una piattaforma che metta in rete tutti gli organismi nazionali dei 28 paesi membri a cui e affidata la lotta al sommerso. Ispettorati del lavoro e della sicurezza sociale, autorità fiscali, quelle che si occupano di politiche migratorie e rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro potranno così condividere informazioni e "best practice", discutere degli strumenti adottati dai singoli paesi e di questioni comuni come il lavoro autonomo fittizio o il sommerso nei subappalti, tanto per citare due esempi che riguardano da vicino anche l'Italia. Potranno cooperare nella formazione e soprattutto definire principi e orientamenti condivisi. Un passo avanti verso un'Europa dei cittadini e dei lavoratori che però dovrà essere accompagnato – non solo in Italia – anche da una forte semplificazione amministrativa delle regole in materia di lavoro, senza compromettere le garanzie, e da una significativa riduzione del cuneo fiscale che è la prima causa del lavoro sommerso: il 60% di chi accetta di pagare in nero lo fa perché spende di meno (63% in Italia).

 

(Il Sole 24Ore)