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Tasi, ecco come funziona l'acconto del 16 ottobre

 

Scade il termine per la pubblicazione delle delibere adottate dai Comuni entro il 10 settembre scorso: i rispettivi cittadini dovranno versare l'acconto del 50% della Tassa sui servizi entro il 16 ottobre prossimo. Occhio alle possibili detrazioni e ai sindaci che hanno sfruttato anche lo 0,8 per mille aggiuntivo di spazio

 

di ANTONELLA DONATI

 

ROMA - Fine dell'attesa. Per la Tasi è scoccata l'ora della verità nella stragrande maggioranza di comuni. Sono, infatti, solo una quota residuale quelli che non hanno stabilito le aliquote entro il 10 settembre scorso e, quindi, rinviato il pagamento a dicembre. In tutti gli altri casi l'appuntamento alla cassa è per il 16 ottobre prossimo, quando si pagherà l'acconto pari al 50% della somma dovuta in base d'anno. Una scadenza che riguarda non solo i proprietari ma anche gli inquilini. Aliquote, detrazioni per la prima casa e quote a carico degli inquilini si trovano nelle delibere dei comuni, pubblicate dal dipartimento delle Finanze.

La Tasi sulla prima casa. Il concetto di "prima casa" ai fini della Tasi è lo stesso previsto dalla legge per l'Imu: per abitazione principale si intende quella quella nella quale il proprietario è anagraficamente residente e fisicamente domiciliato. E' prima casa anche l'immobile abitato dall'ex coniuge sulla base di una sentenza del giudice. La legge consente inoltre ai Comuni di assimilare a prima casa, ai fini dell'imposta, gli immobili degli anziani in casa di cura, le abitazioni dei residenti all'estero, le case date in uso ai figli e ai genitori, purché con rendita catastale bassa e Isee di chi vi abita entro un massimo di 15.000 euro. L'eventuale assimilazione deve essere sempre espressamente specificata nella delibera di approvazione delle aliquote.

Le detrazioni sull'imposta. Per la prima casa, e relative pertinenze, la legge prevede un'aliquota massima del 2,5 per mille. Solo per quest'anno è però prevista la possibilità per i comuni di aumentarla di 0,80 punti, a patto, però, di prevedere specifiche detrazioni per i proprietari. E qui i Comuni possono deliberare come vogliono. Le agevolazioni possono essere in funzione del reddito catastale, legate alla presenza dei figli, sulla base del numero degli occupanti, in base ai metri quadri, relativamente al quartiere, in riferimento al reddito o altro, senza alcun limite alle ipotesi praticabili. Di conseguenza vanno lette con attenzione le delibere per non commettere errori, anche perché può essere prevista la necessità di inviare al Comune i documenti che attestano il diritto a usufruire dell'aliquota ridotta quando si tratta di immobili dati in comodato.

Le aliquote sugli altri immobili. Per le abitazioni diverse dalla prima casa, e per le prime case che pagano anche l'Imu, ossia quelle di categoria catastale A/1, A/8 e A/9, l'aliquota può essere inferiore anche a quella prevista per l'abitazione principale, o la Tasi può non essere Infatti la legge stabilisce che tra Imu e Tasi per lo stesso immobile non si debba pagare complessivamente più del 10,5 per mille. Si può arrivare, però, fino all'11,3 per mille nel caso in cui il Comune abbia deciso di introdurre le agevolazioni prima casa, e quindi utilizzi la facoltà di applicare l'aumento di 0,80 punti non all'aliquota prevista sull'abitazione principale ma alle seconde case. Di conseguenza chi possiede seconde case nei Comuni particolarmente "clementi" con la prima casa (e con gli immobili assimilati) dal punto di vista della Tasi, potrà essere chiamato alla cassa per Tasi anche se sulle seconde case ha già pagato il 10,5 per mille di Imu.

La quota a carico dell'inquilino. Per chi possiede immobili affittati o dati in comodato, comunque, la tassa sarà un po' meno cara rispetto alle case a disposizione. La legge prevede, infatti, che una quota sia a carico di chi occupa l'appartamento, o l'immobile commerciale, sia in caso di contratto di affitto sia in presenza di un comodato gratuito. Il pagamento "ripartito" è escluso solo per le locazioni con durata inferiore ai tre mesi con lo stesso inquilino nel corso dell'anno, quando a pagare è solo il proprietario. Per gli altri contratti la legge mette a carico dell'inquilino una quota tra il 10% e il 30% dell'imposta e non è prevista la possibilità di rivalersi sul proprietario se l'inquilino non paga, in quanto non esiste solidarietà tra i due soggetti obbligati al versamento. Non è neppure richiesto al proprietario di farsi carico di comunicare all'inquilino la quota dovuta o di versarla per suo conto, salvo poi chiedere il rimborso. Spetta invece ai Comuni recuperare l'eventuale mancato versamento.

Quando l'inquilino non paga. Non sempre, però, l'inquilino è tenuto a pagare. Secondo la legge che ha introdotto l'imposta, infatti, la quota a carico dell'inquilino è dovuta solo nel caso in cui il contratto abbia una durata superiore ai sei mesi nel corso dello stesso anno solare. Quindi chi ha preso in affitto un'abitazione da giugno in poi non è tenuto a pagare la sua quota, e l'intero importo della Tasi è a carico del proprietario. Lo stesso in caso di contratto terminato entro il mese di giugno. La base imponibile della Tasi è la stessa prevista per l'Imu: si tratta della rendita catastale aumentata del 5% e poi moltiplicata per 160. Gli inquilini potranno trovare la rendita catastale sul proprio contratto di locazione. Altrimenti dovranno richiederla al proprietario. In ogni caso non è tenuto a pagare chi deve versare una somma, calcolata su base d'anno, che risulti inferiore alla soglia minima stabilita dal comune, che è, in genere, pari a 12 euro.

 

(La Repubblica)