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Katainen frena sull'Italia: "Possibili procedure in futuro". Dall'Ue 43 miliardi per il 2014-2020

 

Per il vicepresidente in pectore della Ue il governo ha un'agenda di riforme importante, ma bisogna vedere se saranno attuate. Fassino e i Comuni sulle barricate: "Tagli effettivi da 3,7 miliardi". Siglato l'accordo per impiegare i fondi comunitari: attesa per i piani di Campania, Calabria e Sicilia, più denaro alla banda larga

 

MILANO - "L'Italia sta facendo cambiamenti importanti, ora bisogna vedere se saranno attuati". Così il commissario agli Affari economici dell'Unione europea e vicepresidente in pectore della Commissione, Jyrki Katainen, torna sul via libera alla legge di Stabilità da parte di Bruxelles. Un ok che però non allenta la tensione sul Belpaese: "Il fatto che non abbia riscontrato serie deviazioni dalle regole del Patto, non significa che i piani lo rispettano appieno, non pregiudica la nostra analisi finale e non esclude che la Commissione possa adottare procedure nell'ambito del Patto".

Tagli ai Comuni. Per la Stabilità il tempo delle politiche è tutt'altro che finito. Oggi sulle barricate tornano i Comuni, per i quali la Finanziaria 2015 pesa "non per 1,2 miliardi, come è stato detto finora, ma per 3,7 miliardi". Lo ha detto il presidente dell'Anci, Piero Fassino, intervenendo all'assemblea dei presidenti di Provincia e annunciando che oggi pomeriggio al governo chiederà "una forte correzione alla legge di stabilità".

Le decisioni di Bruxelles. Tornando all'Europa, per Katainen la valutazione della Stabilità si baserà sulle previsioni economiche d'autunno e terrà conto delle opinioni dell'esecutivo di Bruxelles sull'outlook macroeconomico, delle misure prese dai governi e dai rischi legati all'attuazione del bilancio. La valutazione, ha concluso, dirà "se misure addizionali o sostitutive saranno necessarie per assicurare il pieno rispetto del Patto". Per Katainen non si può quindi escludere che la Commissione "debba adottare ulteriori misure sotto la procedura per deficit eccessivo per alcuni Stati membri".

Il commissario ha poi rincarato la dose quando ha sottolineato che "la situazione economica è cambiata in quest'ultimo anno", ma "non possiamo cambiare retrospettivamente gli impegni", quindi "non cambiamo le regole per quest'anno, e se mi chiede se i Paesi eviteranno sanzioni per quest'anno a causa delle prospettive cambiate, la risposta è no". Un modo per dire che la recessione non è una buona scusa per deviare dagli obiettivi, in classico stile da "falco".

Fondi Ue, 43 miliardi dal 2014 al 2020. Mentre continuano queste frizioni, l'Italia ha incassato l'approvazione dell'accordo per l'assegnazione dei fondi strutturali Ue per il periodo 2014-2020. Si tratta di programmi da un valore complessivo di circa 43 miliardi, in linea con il periodo precedente. Di questi, 32,2 miliardi proverranno dai fondi della politica di coesione (erano circa 28 miliardi nel 2007-2013), 10,4 di quelli per lo sviluppo rurale e 537,3 milioni per il settore marittimo e della pesca. I fondi europei serviranno a cofinanziare i progetti regionali approvati, con la condizione che siano accompagnati da un piano di rafforzamento amministrativo.

Dato che la Commissione ha riscontrato nell'inefficienza della pubblica amministrazione uno dei fattori principali di cattiva spesa dei fondi europei, all'Italia si impone l'obbligo di snellire la burocrazia. Indicazione, questa, che risponde peraltro a una delle raccomandazioni avanzate da Commissione e Consiglio Ue indipendentemente dal nuovo ciclo di programmazione sui fondi strutturali. Dal canto suo, l'Italia dimezzerà la quota di co-finanziamento dei fondi dal 50 al 25%, anche per liberare dal patto di stabilità interno quei soldi che avrebbero rischiato di bloccare pure gli stanziamenti europei.

All'interno dell'accordo mancano ancora all'appello i programmi di Campania, Calabria e Sicilia, ultimi in assoluto in Ue assieme ad un programma svedese, nell'ambito delle politiche di coesione. Tra le altre cose, si segnala l'incremento di fondi per la Banda larga, che sarebbero potuti finire altrove.

 

(La Repubblica)