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Le banche frenano Piazza Affari. Il Pil Usa sale del 3,5% nel trimestre

 

Balzo dell'economia Usa, all'indomani della decisione della Fed di porre fine agli acquisti di titoli sul mercato. La Banca centrale ha sottolineato la forza della ripresa, lasciando presagire un rialzo dei tassi nel 2015. Si rafforza il biglietto verde. Comparto bancario venduto, per l'Eba anche gli istituti che hanno passato gli stress test "non devono stare tranquilli". Nuovi tracolli per Mps e Carige

 

di RAFFAELE RICCIARDI

 

MILANO - I toni da "falco" della Federal Reserve spingono in basso l'euro contro il dollaro e fanno credere ai mercati che la via verso l'innalzamento dei tassi possa essere più breve del previsto. D'altra parte la Fed fa bene a sottolineare la consistenza della ripresa americana, visto che il Pil Usa sale del 3,5% nel terzo trimestre dell'anno, oltre le attese per un +3%. Tra luglio e settembre, le spese per i consumi sono però aumentate "solo" dell'1,8%, in calo rispetto all'incremento del 2,5% registrato nel trimestre precedente.

In Italia, invece, continua a farsi sentire la pesantezza delle banche, in particolare delle "bocciate" agli stress test - Mps e Carige - che prima affondano Piazza Affari, poi frenano il rimbalzo del listino milanese. Sul comparto del credito pesano, infatti, le insolite parole di Andrea Enria, numero uno dell'Eba (l'Autorità bancaria Ue), che ha detto: "Le banche non devono sentirsi troppo sicure dopo gli stress test. Anche quelle che li hanno superati", sottolineando per altro come le prove "non sono infallibili".

La situazione di tensione, però, non influisce sui titoli di Stato: il Tesoro ha venduto in asta tutti i Btp a 5 e 10 anni per 5,25 miliardi di euro collocando 2,5 miliardi di titolo quinquennali con tassi in lieve rialzo all'1,23% dall'1,06% precedente e 2,75 miliardi di Btp decennali con rendimenti stabili al 2,44% (2,45% precedente). Collocati anche 1,955 miliardi di euro di Ccteu con scadenza dicembre 2020 all'1,25%.

Come detto, ieri la Banca centrale americana ha decretato la fine del terzo quantitative easing, l'acquisto di titoli direttamente sul mercato, ma ha anche sottolineato come sia "solida" la crescita del mercato del lavoro Usa. Mettendo le turbolenze finanziarie in secondo piano e concentrandosi sulla forza della ripresa a stelle e strisce, il comunicato della Fed ha di fatto testimoniato il cambio di passo dei governatori centrali. Non a caso Wall Street ha chiuso ieri in lieve calo, perché gli investitori vedono finire il tempo del "denaro facile" davanti ai loro occhi, ma senza comunque subire particolari scossoni. D'altra parte lo stop al Qe è stato graduale e la Fed ha cercato di preparare i mercati all'evento nel migliore dei modi.

In Europa la giornata è carica di rilevazioni macroeconomiche importanti. In Germania si guarda all'andamento del mercato del lavoro. La disoccupazione tedesca a ottobre cala a sorpresa dopo i rialzi di agosto e settembre: il numero dei senza lavoro scende di 22.000 unità a quota 2,887 milioni (al netto della stagionalità), secondo quanto comunica l'agenzia federale del lavoro di Norimberga. Gli economisti avevano stimato un aumento di 4.000 unità. Il tasso di disoccupazione è rimasto invariato al 6,7%; da Berlino arriva anche l'inflazione, che segna -0,3% a ottobre e +0,8% tendenziale facendo peggio delle attese. A livello di Eurozona si registra l'aumento della fiducia dei consumatori a quota 100,7 punti dopo quattro mesi di stagnazione. Bene anche le imprese. In Spagna, invece, occhi puntati sul Prodotto interno lordo: cresce dello 0,5% congiunturale nel terzo trimestre, che diventa un +1,6% nel raffronto annuo. Oltre al balzo del Pil, negli Usa si registra la crescita a sorpresa delle richieste iniziali di sussidi per la disoccupazione, di 3mila unità, a quota 287mila.

La Borsa di Milano fallisce l'iniziale rimbalzo sotto il peso delle banche: su molti titoli del comparto scattano le sospensioni. A far girare al ribasso il Ftse Mib erano stati in particolare i titoli di Mps e Carige, che toccano nuovi minimi storici, ma il listino milanese riesce a invertire la rotta grazie ai dati sulla crescita americana e chiude in rialzo dello 0,19%. Tra gli altri titoli di Piazza Affari brilla Eni, che ha annunciato conti sopra le attese del mercato. Continua la speculazione su Fca dopo l'annuncio della quotazione di Ferrari e anche Luxottica è sotto i riflettori per aver annunciato conti con utili in crescita del 10%. In ripresa anche le altre Borse Ue: Francoforte chiude in rialzo dello 0,35%, Londra dello 0,15%, mentre Parigi sale dello 0,74%.

Wall Street migliora con i dati positivi sul Pil Usa nel terzo trimestre: alla chiusura, Dow Jones ha aggiunto l'1,31% a 17.196,77 punti, il Nasdaq è salito dello 0,37% a 4.566,14 punti e l'S&P 500 è avanzato dello 0,62% a quota 1.994,61. Lo spread, il differenziale di rendimento tra Btp decennali e Bund tedeschi, è in lieve ampliamento in area 160 punti base, con un rendimento per il Btp decennale al 2,47%. L'euro avanza a 1,2613 dollari in chiusura, un modesto recupero che non inverte la generale tendenza al rialzo del biglietto verde, trainato dalle conclusioni del direttivo di una Federal Reserve che non sembra orientata a indugiare troppo sul rialzo dei tassi. Aggiustamento analogo per il cambio dollaro/yen (108,94), mentre l'euro è stabile sulla divisa nipponica a 137,48 yen. Movimento inverso per il rublo che torna a salire contro il dollaro lasciando i minimi storici: i mercati sono convinti che Russia e Ucraina stiano per raggiungere un'intesa.

In mattinata, la Borsa di Tokyo ha chiuso in rialzo: l'indice Nikkei è salito dello 0,67% a 15.658,20 punti, sfruttando il rafforzamento del biglietto verde pure sullo yen. Per le materie prime, a Wall Street il petrolio a dicembre scivola dello 0,86% a 81,49 dollari al barile. L'oro con la stessa scadenza cede l'1,52% a 1.206 dollari l'oncia.

 

(La Repubblica)