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Btp ai nuovi minimi storici, ma la disoccupazione è record

 

Risparmi di tre miliardi per il Tesoro. I mercati Ue fiacchi dopo il nuovo calo dell'inflazione Ue. Continuano i ribassi del petrolio dopo la scelta dell'Opec di non tagliare la produzione: pesante il comparto energetico. In rosso Piazza Affari, l'Europa chiude in parità con Wall Street

 

di RAFFAELE RICCIARDI

 

MILANO - Si rafforza la convinzione che la Banca centrale europea intervenga sui mercati, attraverso l'acquisto massiccio di titoli e in particolare di debito governativo, con l'effetto di comprimere i rendimenti dei Btp italiani a livelli mai visti da quando è stata introdotta la moneta unica. Dopo le parole di Mario Draghi, che ha ricordato ancora una volta come i tecnici dell'Eurotower stiano studiando le soluzioni per avviare il sostegno straordinario, e il dato dell'inflazione tedesca ai minimi da cinque anni come quella dell'Eurozona, gli investitori sembrano dar credito a un passo ulteriore del governatore italiano nel giro di poco tempo, nonostante la resistenza interna del falco tedesco Jens Weidmann. "Altro mese, altro deterioramento del quadro dell'inflazione", commenta Luke Bartholomew di Aberdeen secondo cui "la battaglia di Draghi per lanciare il quantitative easing sembra a un passo dall'esser vinta".

Oggi lo spread tra Btp e Bund tedeschi, cioè il differenziale tra il rendimento dei due titoli decennali, è tornato a 133 punti base, livelli che si erano toccati nello scorso settembre. Ma è soprattutto il rendimento espresso dai decennali italiani sul mercato secondario a rappresentare una importante notizia per il Tesoro, con il minimo storico del 2,03%. Anche i Bonos spagnoli sono interessati da questa corsa agli acquisti: ormai il loro rendimento è all'1,9%, anche in quel caso a livelli mai visti.

Il Mef - che ha incassato il giudizio positivo dell'Ue sulla legge di Stabilità - ha già colto il dividendo di questa situazione con le recenti aste di titoli di Stato, che dopo un periodo di volatilità sono tornate a vedere scendere i rendimenti. Ieri, il Tesoro ha piazzato 2 miliardi di decennali al 2,08% di rendimento; nel corso del 2013, per intendersi, il rendimento medio ponderato sui quasi 42 miliardi di Btp decennali emessi è stato del 4,38%.

Nel 2013, il tasso medio d'interesse dei titoli di Stato è risultato al 2,08%, mentre il 2014 si dovrebbe chiudere all'1,38%. La stessa via Nazionale stima che una riduzione di 100 punti base dei rendimenti corrisponda a un risparmio di circa 0,2 punti percentuali di Pil nel primo anno, di 0,4 nel secondo e di 0,5 nel terzo. Significa che quest'anno si potrà avere un risparmio di circa 3 miliardi sull'anno scorso, e se l'anno prossimo si conferemassero i livelli delle ultime aste, rispetto al 2013 si potrebbe incassare a spanne oltre sei miliardi di risparmi. Già l'aggiornamento del Def d'autunno prevede una discesa della spesa per interessi dal 4,7 al 4,5 del Pil nel 2015, sulla base di uno scenario con spread a 150 punti base. Quest'anno, la spesa dovrebbe chiudersi a 76,7 miliardi (dagli 82,6 miliardi stimati con il primo Documento di economia e finanza).

Piazza Affari non segue l'euforia del comparto obbligazionario e chiude in rosso (-0,43%) una settimana tutto sommato positiva: era dallo scorso 3 ottobre che Milano non archiviava un'ottava sopra quota 20mila punti. Deboli anche gli altri listini europei che, però, a fine seduta hanno recuperato la parità: Londra archivia la giornata invariata (+0,07%) come Francoforte (-0,03%), mentre Parigi recupera lo 0,12%. Sono sempre i titoli del comparto energetico a soffrire maggiormente, come Eni o Saipem.

La ragione di questo andamento sta nella continua flessione del petrolio, dopo il tonfo di ieri dovuto alla decisione dell'Opec di non tagliare le quote di produzione. Quando in Europa chiudono le contrattazioni, il petrolio Wti a gennaio segna un calo di circa sei punti percentuali poco sotto quota 69 dollari al barile. Per il Brent si registra un andamento stabile ma sotto quota 73 dollari al barile. L'oro spot lima lo 0,7% circa sotto 1.185 dollari l'oncia (le materie prime). L'euro chiude stabile a 1,2457 dollari dopo l'arretramento di ieri. Lo yen torna a calare, scendendo a quota 118,69 sul dollaro e 147,77 sull'euro.

Come accennato, si aspettavano molte indicazioni importanti durante la giornata. A cominciare dalla disoccupazione italiana, che torna a salire a ottobre a un nuovo record sopra il 13%, mentre l'inflazione cala allo 0,3%. Nuovo calo a ottobre, intanto, per le spese al consumo delle famiglie francesi: flessione congiunturale dello 0,9% che segue al calo dello 0,5% di settembre (dato rivisto dal -0,8%). Il risultato di ottobre è peggiore delle attese degli analisti che indicavano un lieve aumento dello 0,2 per cento. In Spagna, le vendite al dettaglio hanno mostrato ad ottobre una crescita del 2,1% annuo.

Wall Street si muove in leggero rialzo, in una giornata a mezzo servizio: i listini Usa chiudono con tre ore di anticipo perché il quarto venerdì di novembre rientra nel lungo ponte del Thanksgiving ed è denominato Black Friday, il giorno dei grandi saldi, con i quali negozi e vendite online aprono negli Stati Uniti la stagione dello shopping natalizio. Alla chiusura delle contrattazioni Ue, il Dow Jones avanza dello 0,3%, lo S&P 500 è invariato, mentre il Nasdaq guadagna lo 0,3%. Anche sulla Borsa Usa il comparto energetico è sotto pressione.

In mattinata, si è chiusa una seduta in deciso rialzo per la Borsa di Tokyo, sospinta in avanti dal calo dello yen che rafforza le esportazioni nipponiche. Il Nikkei ha terminato gli scambi con un progresso dell'1,23%, a 17.459 punti. Il tasso di disoccupazione giapponese è sceso a ottobre di 0,1 punti al 3,5%. In numeri assoluti, i disoccupati risultano pari a 2,33 milioni (2,34 milioni se il numero viene rettificato per le variazioni stagionali). L'inflazione invece rallenta a ottobre e si allontana dal target prefissato del 2%. I prezzi al consumo core, con l'esclusione dell'impatto dell'aumento dell'Iva, frenano allo 0,9% annuale.

 

(La Repubblica)