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Flessibilità, la Ue delude l'Italia: via al piano Juncker di investimenti ma niente scorporo del deficit

 

dal nostro inviato

Marco Conti



BRUXELLES - «La direzione è quella giusta, ma lo sforzo ancora insufficiente».

Le riunioni dei consigli europei non sono la passione di Matteo Renzi e lo si è compreso da tempo anche se Tusk, presidente del Consiglio che ha sostituito Van Rompuy, un po' di brio sta tentando di mettercelo provando a contenere interventi e giorni di riunione. La noia o lo sconforto è facile che prendano il sopravvento se dopo mesi a discutere di investimenti e di piani per rilanciare l'economia, si arriva a partorire il topolino che ieri notte ha messo d'accordo tutti i Ventotto consentendo loro di tornare un giorno prima in patria. Il piano Juncker, quello che dovrebbe moltiplicare per quindici un euro d'investimento, è stato approvato ieri e partirà a giugno ma i punti irrisolti restano molti. Su tutti quello che non chiarisce in che misura e modo gli investimenti nazionali al piano Juncker possono restare fuori dal debito e non computati. «Se l'Italia contribuirà al fondo con alcuni miliardi, questi non saranno presi in considerazione quando valuteremo la situazione delle finanze», spiega il presidente della Commissione. Rassicurazione troppo generica che l'Italia, come altri paesi, attende che venga messa nero su bianco in vista dell'ennesimo Consiglio europeo straordinario del 12 e 13 gennaio che di eccezionale ha solo il terrore con il quale la Commissione gestisce e rinvia appuntamenti e problemi.

LE RISORSE

Un piano di investimenti, quello di Juncker, che avrebbe dovuto rilanciare la crescita di 350 miliardi e che invece sembra arenarsi dietro la difficoltà dei paesi più forti che temono sia questa solo l'occasione per aumentare la spesa pubblica. Un timore che si rintraccia nel documento conclusivo del vertice dove si dà il via libera al piano Juncker sostenendo che la Ue «prende nota della posizione favorevole» indicata dalla Commissione verso i contributi dei Paesi, «necessariamente in linea con la flessibilità». Una chiosa sulla quale la cancelliera Angela Merkel lascia volentieri le impronte digitali ripetendo il concetto nella conferenza stampa notturna. A conclusione del vertice, Renzi si impone di considerare il bicchiere mezzo pieno: «I fondi fuori dal patto sono un piccolo passo per l'Italia ma grande per l'Europa». Inoltre «dopo averla tanto evocata ora che la parola flessibilità c'è non posso che essere contento».

Alla sua ultima conferenza stampa da presidente dell'Unione, Renzi si mostra soddisfatto per essere riuscito a capovolgere le parole d'ordine dei Ventotto passando dall'austerità alla crescita, dalla tecnocrazia alla politica. «A gennaio ci sarà la comunicazione della Commissione europea sulla flessibilità - racconta il sottosegretario Sandro Gozi - poi, a metà di febbraio, un vertice straordinario sulla governance e sulle regole del piano Juncker». In sostanza prima di un paio di mesi non si conosceranno i meccanismi di contribuzione dei singoli Stati al Fondo e se potranno essere scorporati da deficit e debito solo i contributi al Fondo o anche quelli dei singoli Stati su progetti nazionali. Sulla Golden rule Renzi promette battaglia incontrando i leader socialisti europei prima dell'inizio dei lavori del Consiglio, ma le resistenze sono forti anche nella famiglia socialista. Malgrado l'aria natalizia e il dimezzamento delle giornate di consiglio, la tensione si avverte e il presidente della Commissione, Juncker, continua a muoversi sul filo di una situazione complicata e che deve fare i conti con due paesi, Grecia e Olanda, i cui governi rischiano di saltare seppur per opposti motivi. «In questo semestre la Ue ha cambiato testa» e la Commissione ha stabilito «un triangolo tra consolidamento dei conti, riforme e investimenti» quindi «vedo con piacere l'azione del governo Renzi che ha cambiato le cose in Italia e contribuito a cambiarle in Ue, ma non si può cambiare tutto in soli sei mesi». La velocità non è tra le caratteristiche dell'Unione. Juncker lo sa e mette le mani avanti, ma di rinvio in rinvio - sostiene Renzi - l'Unione rischia di " perdersi».



19 Dic 2014 08:35 - Ultimo aggiornamento: 14:05

(Il Messaggero)