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Borse in rialzo ma il mini-petrolio sgonfia gli energetici. Bene l’asta BTp

 

di Andrea Franceschi

29 gennaio 2015



Chiusura brillante per Wall Street: il Dow Jones sale dell'1,31%, il Nasdaq avanza dello 0,98% mentre lo S&P 500 mette a segno un progresso dell'1%. Seduta contrastata per le principali Borse europee (qui l’andamento degli indici). Dopo aver bruciato circa il 15% del proprio valore nel giro di tre giorni oggi la Borsa di Atene registra un «rimbalzo» del 3 per cento. Positiva anche la performance delle altre borse, con l’eccezione di Londra mentre Piazza Affari chiude a +0,56 per cento.

Le vendite penalizzano in particolare i titoli del settore energetico (qui il grafico dell’indice Stoxx 600) che fanno i conti con gli effetti dei calo del prezzo del petrolio sui loro bilanci.

Il colosso Royal Dutch Shell ha registrato una crescita deludente degli utili per azione. Vallourec, società francese che opera nel campo delle forniture al settore petrolifero, ha comunicato una maxi-svalutazione degli asset a bilancio pari a 1,2 miliardi di euro mentre la spagnola Repsol ha fatto sapere che rinuncerà al piano di riacquisto di azioni proprie (buyback). Il consensus degli analisti di S&P Capital IQ stima che le società del settore energia che fanno parte del paniere S&P500 registreranno un calo del 24,94% degli utili per azione nel quarto trimestre.

A Piazza Affari le vendite sul settore energetico frenano i grossi nomi del settore come Eni, Tenaris e Saipem, che scontano la debolezza del prezzo del petrolio: oggi il Wti a New York è scivolato sotto i 44 dollari, ai minimi da quasi sei anni, mentre il Brent è stabile intorno ai 48 dollari.

Pesanti vendite anche sul titolo di Banca Mps le cui azioni hanno toccato un nuovo minimo storico a 0,425 euro. Sul titolo c’è forte pressione dopo la fine del divieto delle vendite allo scoperto imposto dalla Consob. Per contro gli acquisti premiano Salvatore Ferragamo e Finmeccanica che prosegue la corsa dopo la revisione al rialzo delle stime sui conti comunicata nei giorni scorsi dall’azienda.

Sul fronte obbligazionario continua a prevalere l’avversione al rischio.Gli operatori comprano solidi ma poco redditizi Bund tedeschi, i cui tassi sono ai minimi storici, e vendono BTp italiani e Bonos spagnoli, che tuttavia rimangono vicini ai minimi storici. Non stupisce quindi che sia in rialzo il differenziale di rendimento tra Bund e BTp (qui il grafico di giornata dello spread).

L’incertezza sulla situazione in Grecia, che è il principale motivo che spinge al rialzo gli spread, non ha condizionato le aste di titoli di Stato che il Tesoro in programma oggi. Il ministero dell'Economia ha collocato 6,5 miliardi di euro di Btp a 5 e 10 anni, al massimo del target previsto, con tassi ai minimi storici. I 3,5 miliardi di euro di Btp decennali sono stato venduti all'1,62% dall'1,89% della precedente asta e con una domanda 1,38 volte l'offerta. I 3 miliardi di euro di Btp quinquennali sono stati collocati allo 0,89% dall'0,98% della precedente asta e con una domanda pari a 1,40 volte l'offerta. Collocati anche 1,75 miliardi di euro di Ccteu con scadenza dicembre 2020 allo 0,87 per cento.

I mercati fanno i conti poi con le indicazioni arrivate dal vertice della Federal Reserve. Nel comunicato diffuso in serata la banca centrale Usa ha confermato il proprio orientamento nonostante il recente calo delle aspettative sull’inflazione legato alla svalutazione del petrolio. La crescita dell’economia americana si conferma solida ha sostenuto la Fed. Il calo dell’inflazione non desta preoccupazione. I prezzi - sostiene la banca centrale Usa - sono destinati a risalire. Questo accadrà per effetto della spinta ai consumi che prevedibilmente ci sarà con il miglioramento del mercato del lavoro e il maggior potere d’acquisto degli americani la cui bolletta energetica si è alleggerita di molto con il calo del greggio.

Queste indicazioni fanno credere ai mercati che la Banca centrale rialzerà i tassi già quest’anno, ma non prima di giugno. Dai massimi dello scorso anno l’euro si è svalutato di oltre il 18% sul dollaro (qui il grafico di giornata dell’euro-dollaro). Un movimento alimentato dai differenti orientamenti di politica monetaria tra le due sponde dell’Atlantico. Se negli Usa la tendenza è quella di rialzare i tassi, nell’area euro sta accadendo l’esatto contrari: la Bce ha infatti adottato una politica ultraespansiva con la recente decisione di varare il Quantitative easing.



(Il Sole 24 Ore)

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