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Monti sul caso Google: "Giusto frenare gli abusi per tutelare i consumatori, ma l'Europa dei populismi rende tutto più difficile"

 L'ex premier italiano è stato anche il primo commissario antitrust europeo a condurre una battaglia contro un colosso Usa: era il 2004 e la multa a Microsoft fu pesante

 

di FEDERICO FUBINI

16 aprile 2015

 

ROMA - Mario Monti è stato il primo commissario Ue a guidare un caso dell'Antitrust di Bruxelles contro un grande gruppo americano di Internet. Allora era Microsoft, oggi tocca a Google. Monti non è in grado di pronunciarsi sul merito dell'indagine di Bruxelles, pur con tutto il sostegno all'azione di quella che è stata anche la sua squadra. Ma di un punto è certo: "L'Europa rozza, quella delle urla, dei populismi e dei nazionalismi di questi anni - avverte - può solo rendere più difficile questo lavoro della Commissione a tutela dei suoi stessi cittadini".

 

Microsoft è stato il primo caso contro un gigante di Internet. Avvertì resistenza negli Stati Uniti?

"Quel caso è stato il primo in Europa nel suo genere, ma era già stato aperto dalle autorità antitrust americane. Negli Stati Uniti c'è una certa ciclicità dell'attività in questo settore, legata all'orientamento politico. Nella fase finale della presidenza di Bill Clinton, Joel Klein, il responsabile dell'Antitrust al dipartimento della Giustizia, aveva addirittura ordinato il breakup, la scissione di Microsoft per abuso di posizione dominante. Poi è arrivata la presidenza di George W. Bush e cambiò il clima anche psicologico con l'11 Settembre. La nuova amministrazione, con una visione più ispirata al laissez faire, concluse con Microsoft un accordo molto timido".

 

A quel punto entrò in gioco lei, è così?

"Era l'inizio del 2002 e abbiamo preso una decisione nel marzo del 2004. L'azione dell'Antitrust europeo veniva vista come meno drastica di quella intrapresa sotto Clinton, e più decisa di quella che si vide sotto Bush. Ma non scosse molto il mondo politico e imprenditoriale americano, forse perché erano già rimasti sorpresi quando vietammo la fusione fra General Electric e Honeywell. Quella sì che fu vista come una scelta aggressiva, Bush era intervenuto su di noi. Inutilmente".

 

Vede analogie fra i casi di Microsoft e Google?

"In parte ne vedo una: l'azione su Google avviene dopo che, tempo fa, avendo investigato sull'azienda, la Federal Trade Commission americana non ha trovato che ci fosse violazione di regole Antitrust. Anche in questo caso c'è divergenza fra Europa e Stati Uniti".

 

Gli anni seguiti alla multa europea sono stati di declino per Microsoft. Si è mai chiesto se quella sanzione vi abbia contribuito?

"La multa, benché fosse molto alta, è stata francamente l'aspetto minore. La nostra decisione cambiava un modello di business e, poiché la Corte l'ha confermata, l'azienda ha dovuto smettere di rendere la vita impossibile a chi volesse sviluppare dei media player alternativi al suo".

 

Davvero pensa che l'Antitrust debba limitare un'azienda innovativa come Google o Microsoft, anziché lasciare che siano il mercato e la stessa rivoluzione tecnologica a riequilibrare la concorrenza?

"Tutti questi giganti hanno il loro momento di gigantismo e poi magari vengono frenati, ma l'innovazione procede. Quando lavoravamo su Microsoft, l'amministratore delegato di Google Eric Schmidt era fra i ricorrenti e ci incitava ad andare avanti. Ora Schmidt è dall'altra parte. L'intento dell'Antitrust è non cercare di bloccare l'innovazione, ma consentire a chi è piccolo di poter avere la sua idea brillante e svilupparla in un mercato aperto. Microsoft allora e Google oggi tendono a presentare questo argomento: così bloccate innovazione a danno del consumatore, dicono ".

 

Non è un po' così?

"Non c'è bisogno di frenare un gigante se non abusa del suo potere, ma quando lo fa rende l'innovazione più difficile. In realtà l'Antitrust non mette nessun limite a queste imprese, né in assoluto né di quota di mercato, se hanno una crescita interna per intrinseca superiorità e bravura. L'unico limite interviene quando la posizione diventa talmente dominante che un'impresa cerca di trasferire la posizione legittimamente conquistata in un settore su altro mercato. Cosa diremmo se un costruttore di auto che ha il 90% del mercato cerca di imporre al consumatore di comprare solo un certo tipo di autoradio, magari prodotta da lui?".

 

C'è chi sospetta che la Commissione contro Google rifletta i pregiudizi anti-americani di alcuni Paesi o riflessi di tipo protezionista. Che ne dice?

"Effettivamente può esserci il sospetto che la Commissione rifletta certi pregiudizi e certi intenti. Non lo condivido, ma capisco che possa sorgere. Questo è un punto delicatissimo perché, se ci pensiamo, la Commissione non fa niente altro che cercare di rendere l'Europa competitiva. In questo la Commissione fa il suo mestiere. Poi al suo interno c'è un'autorità antitrust indipendente, che può funzionare solo sulla base della solidità dei suoi argomenti. È non è un argomento valido dire che un gruppo americano impedisce che si formino o si affermino imprese europee. L'obiettivo è la tutela del consumatore in un mercato aperto, e ciò nella pratica va a vantaggio anche di altre imprese americane. Spesso erano e sono loro a rivolgersi a Bruxelles contro altre imprese americane. Questo è ciò che io ho rispondevo ai senatori di Washington che mi scrivevano per protestare".

 

Perché dice che è un tema "delicatissimo"?

"Perché se l'Europa diventa un carosello urlante, piena di partiti nazionalisti magari non al governo, ma abbastanza forti da indurre i partiti al governo a riecheggiare i loro toni, magari anti-americani, fare il lavoro dell'Antitrust diventa complesso. Questa autorità è un poliziotto che opera a favore dei consumatori e del mercato. Ma in un mondo in cui si cerca solo di aizzare gli incolti, in un clima da "dagli allo straniero", per i miei successori diventa sempre più difficile fare questo tipo di attività al servizio del cittadino".

 

Perché l'Europa non riesce a creare un gigante tecnogico?

"Airbus c'è. Ma oggi Germania, Francia, Spagna, Gran Bretagna, Italia lo farebbero di nuovo con il Front National, lo Ukip o le svariate sigle populiste anti-europee che ci sono da noi? Dubito. Così i cittadini pagano un prezzo economico elevato".

 

(La Repubblica)