News

ARAN – Orientamenti Applicativi

 

Aran

Comparto Regioni e Autonomie locali

RAL_1753_Orientamenti Applicativi

 

Si può assumere l’onere di difesa del dipendente ai sensi dell’art. 28 del CCNL del 14/9/2000 anche nel caso della particolare azione risarcitoria esercitata contro l’amministrazione nell’ambito di un processo amministrativo, disciplinata dall’art. 30 del decreto legislativo 2/7/2010 n. 104?

 

L’avviso della scrivente Agenzia è nel senso che la disciplina del patrocinio legale, di cui all’art.28 del CCNL del 14.9.2000, su di un piano generale, possa certamente trovare applicazione anche nella particolare ipotesi dell’azione risarcitoria esercitata, ex art.30 del Decreto legislativo 2.7.2010 n° 104, contro l’amministrazione in solido con i dipendenti comunque interessati (responsabile del procedimento e responsabile di settore).

 

Infatti, come in quasi tutti i CCNL dei vari comparti del lavoro pubblico, l’art.28 del CCNL del 14.9.2000 dispone: “l’ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento”.

 

Nella dizione “…l’apertura di un procedimento di responsabilità civile…..” può rientrare anche la particolare fattispecie dell’art.30 del citato Decreto legislativo 2.7.2010 n° 104, dato che la stessa, proprio per la sua ampiezza e genericità, non fa alcun riferimento alla sede giurisdizionale in cui “il procedimento” deve essere incardinato”.

 

Conseguentemente, si ritiene che la regola contrattuale sia applicabile anche nell’ipotesi in cui l’azione di responsabilità sia attivata innanzi al giudice amministrativo, secondo le previsioni del citato art.30 del D.Lgs.n.104/2010.

 

Si ricorda, comunque, che, come già evidenziato in altri orientamenti applicativi, ai fini dell’applicazione della predetta disciplina contrattuale, sono richiesti i seguenti presupposti e condizioni, da valutare in via preventiva, e cioè che:

 

- l’ente sia stato puntualmente e tempestivamente informato dal lavoratore interessato sui contenuti del contenzioso;

 

- l’ente abbia formalmente ritenuto, sempre preventivamente, che non sussista conflitto di interessi;

 

- l’ente abbia deciso di assumere ogni onere della difesa “sin dalla apertura del procedimento”;

 

- il legale per la difesa del dipendente sia stato individuato con il gradimento anche dell’ente (non importa se lo propone il dipendente; l’essenziale, per la corretta applicazione del CCNL, è che vi sia il gradimento dell’ente).

 

Per completezza informativa, si evidenzia che, in ordine alla rimborsabilità degli oneri relativi al patrocinio legale, si registrano alcune pronunzie della magistratura contabile, amministrativa e del lavoro che sembrano consentirla in via successiva, anche in mancanza cioè degli adempimenti preventivi di cui è detto.

 

Nell'ambito dei diversi requisiti stabiliti dal CCNL, particolare attenzione dovrà essere prestata al profilo della sussistenza o meno di eventuali situazioni di conflitto di interesse, dato che molto spesso vengono in considerazione comportamenti lesivi anche della posizione del datore di lavoro.

 

 

 

Aran

Comparto Regioni e Autonomie locali

RAL_1754_Orientamenti Applicativi

 

Un dipendente di un ente, assunto da un altro comune, si è avvalso della previsione dell’art.14-bis, del CCNL del 6.7.1995 (conservazione del posto per tutta la durata del periodo di prova), rientrando presso l’ente di originaria appartenenza. Il dipendente ha diritto a fruire delle ferie maturate e non godute presso l’ente di originaria appartenenza alla data di cessazione del precedente rapporto di lavoro? E’ possibile, eventualmente, procedere alla monetizzazione delle ferie di cui si tratta?

 

In relazione alle problematiche esposte, si ritiene utile precisare quanto segue:

 

a) l’art. 14-bis del CCNL del 6.7.1995, come modificato dall’art. 20 del CCNL del 14.9.2000, riconosce al lavoratore un significativo beneficio, in quanto questi, già dipendente di un ente e assunto presso un’altra amministrazione, ha diritto alla conservazione del posto presso il primo, per tutta la durata del periodo di prova presso la seconda;

 

b) uno specifico verbale del tavolo tecnico di coordinamento giuridico del 25.7.1996, a suo tempo esistente presso l’ARAN, ha precisato che, in caso di applicazione dell’art.14-bis, comma 9, del CCNL del 6.7.1995, come modificato dall’art.20 del CCNL del 14.9.2000: “il rapporto con la precedente amministrazione si estingue e qualora il dipendente, non avendo superato il periodo di prova, chiede di rientrare nel profilo e qualifica di provenienza si deve aprire un nuovo rapporto”. Si tratta, in sostanza, di una sorta di riammissione in servizio che ha la particolarità di essere obbligatoria e non discrezionale; il posto precedentemente ricoperto dal dipendente deve essere considerato vacante ma non disponibile per tutto il periodo nel quale è prevista la sua conservazione. Questo orientamento è ancora valido perché le modifiche successivamente intervenute sul testo dell’art.14- bis non hanno inciso su tale particolare aspetto;

 

c) conseguentemente, non solo, non è possibile considerare nell’ipotesi in esame, il dipendente in aspettativa, ma, determinandosi la risoluzione del rapporto di lavoro su sua iniziativa, lo stesso è tenuto anche al rispetto della disciplina sul preavviso; nel caso di inadempimento di questo preciso obbligo, l’ente può richiedere al dipendente il pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso non dato, secondo la disciplina dell’art.12 del CCNL del 9.5.2006 (salvo che il datore di lavoro pubblico, sulla base di una autonoma valutazione del proprio interesse organizzativo non abbia espressamente deciso di dare attuazione alla dichiarazione congiunta n.2 allegata al CCNL del 5.10.2001, secondo la quale “…gli enti possono valutare positivamente e con disponibilità, ove non ostino particolari esigenze di servizio, la possibilità di rinunciare al preavviso, nell'ambito delle flessibilità secondo quanto previsto dall'art.39 del CCNL del 6.7.1995, come sostituito dall'art.7 del CCNL del 13.5.1996, qualora il dipendente abbia presentato le proprie dimissioni per assumere servizio presso altro ente o amministrazione a seguito di concorso pubblico e la data di nuova assunzione non sia conciliabile con il vincolo temporale del preavviso.”);

 

d) determinandosi l’estinzione del rapporto di lavoro con l’ente, il dipendente avrebbe dovuto fruire delle ferie comunque già maturate nell’ambito dello stesso, prima dell’effettiva risoluzione del rapporto di lavoro;

 

e) in mancanza di tale fruizione, all’epoca della risoluzione del rapporto di lavoro, l’ente avrebbe potuto procedere, in via alternativa, all’eventuale monetizzazione delle ferie, nel rispetto della disciplina contrattuale, limitatamente a quelle maturate e non fruite per ragioni di servizio; evidentemente, tale soluzione sarebbe stata praticabile solo ove la risoluzione del rapporto di cui si tratta fosse intervenuta prima dell’entrata in vigore dell’art. 5, comma 8, della legge n.135/2012, che, come è noto, ha introdotto per tutti i pubblici dipendenti il generale divieto della monetizzazione delle ferie maturate e non fruite;

 

f) la soluzione ipotizzata della fruizione delle ferie maturate e non godute, alla data di cessazione del precedente rapporto, presso il vostro ente a seguito della riammissione in servizio presso lo stesso non può ritenersi effettivamente praticabile;

 

g) Infatti, con le dimissioni (finalizzate all’assunzione presso il nuovo ente), il precedente rapporto di lavoro si è estinto, con il conseguente venire meno di tutte le situazioni soggettive del lavoratore che hanno trovato fondamento in esso, comprese le ferie maturate e non fruite. Queste, infatti, come detto, o avrebbero essere godute prima di tale momento o, in alternativa, proprio per effetto della cessazione del rapporto di lavoro, avrebbero dovuto formare oggetto di monetizzazione, nel rispetto della disciplina contrattuale, purché prima della legge n.135/2012;

 

h) tale ricostruzione degli effetti applicativi del citato art.14-bis, comma 9 del CCNL del 6.7.1995 comporta anche un ulteriore effetto: trattandosi, della costituzione di un nuovo rapporto con l’ente di originaria appartenenza, a seguito della stessa, il dipendente interessato, fermo restando la quantità complessiva di ferie determinata ai sensi dei commi 2, 3 e 5, dell’art.18 del CCNL del 6.7.1995, nel primo anno di servizio (l’anno di nuova assunzione), ha diritto ad un periodo effettivo di ferie è definito in proporzione ai dodicesimi di servizio prestato, come stabilito dal comma 7 del medesimo art.18; la soluzione ipotizzata, quindi, non solo contrasterebbe con gli effetti dell’intervenuta cessazione del precedente rapporto di lavoro, ma anche con le prescrizioni del citato art.18, comma 7, del CCNL del 6.7.1995.

 

 

Aran

Area dirigenziale II

RAL_1756_Orientamenti Applicativi

 

I compensi connessi ai progetti per condono edilizio, di cui alla legge n.326/2003, possono essere riconosciuti, come incremento della retribuzione di risultato, anche ai dirigenti?

 

Attualmente, ai sensi dell’art.20 del CCNL dell’Area II della dirigenza (Regioni-Autonomie Locali), in aggiunta alla retribuzione di posizione e di risultato, ai dirigenti possono essere erogati direttamente, a titolo di retribuzione di risultato, solo i compensi previsti da specifiche disposizioni di legge, come espressamente recepite nelle vigenti disposizioni della contrattazione collettiva nazionale e secondo le modalità da queste stabilite: art. 92, comma 5, del D.Lgs.n.163 del 12.4.2006 (incentivi per la progettazione); art.37 del CCNL del 23.12.1999 (i compensi professionali per gli avvocati, relativamente agli enti dotati di uffici di avvocatura); art. 3, comma 57 della legge n. 662 del 1996; art. 59, comma 1, lett. p) del D.Lgs.n.446/1997 (recupero evasione ici); art.12, comma 1, lett. b) del D.L.n.437 del 1996, convertito nella legge n.556 del 1996 (spese del giudizio).

 

In tale elenco, da ritenersi tassativo, non figurano in alcun modo i compensi connessi ai progetti per condono edilizio, secondo le disposizioni della legge n.326/2003.

 

 

Aran

Settore Scuola

SCU_092_Orientamenti Applicativi

 

Alla luce del provvedimento n. 431 del 20 dicembre 2012 del Garante per la protezione dei dati personali, devono essere pubblicati i compensi accessori corrisposti al personale della scuola?

 

L’art.6, comma 2 del CCNL del 29.11.2007 del comparto scuola, sancisce che è materia di informazione successiva i nominativi del personale utilizzato nelle attività e progetti retribuiti con il fondo d’istituto.

 

Nulla dice il contratto sulla pubblicazione dei compensi accessori corrisposti al personale della scuola, pubblicazione che, in base al provvedimento n. 431/2012 del Garante della Privacy, violerebbe il codice dei dati personali, d.l. n. 196/2003.

 

Ne consegue che, il dirigente scolastico, al fine di fornire un prospetto riassuntivo alle RSU nel rispetto dell’autonomia negoziale e nel quadro delle relazioni sindacali improntato ai criteri di comportamento di correttezza, di collaborazione e di trasparenza, dovrebbe da un lato pubblicare i nominativi ai sensi del citato art. 6, comma 2 e, dall’altro, pubblicare l’importo complessivo dei compensi accessori distinti per voce e tipologia.

 

 

Aran

Comparto Università

UNI_069_Orientamenti_Applicativi

 

I fondi per l’erogazione dei benefici socio-assistenziali di cui all’art. 60, comma 5 del CCNL del 16/10/2008 devono essere oggetto di contrattazione integrativa o di sola informativa e, in mancanza di accordo, l’amministrazione potrà procedere autonomamente?

 

Preliminarmente, si evidenzia che l’art. 60, comma 5, del CCNL 16/10/2008 prevede che le iniziative a favore dei lavoratori siano definite in sede di contrattazione integrativa.

 

La mancata intesa tra le parti, in sede di contrattazione integrativa, giustifica l’adozione dell’atto unilaterale sostitutivo del mancato accordo il quale ha, ipso iure, natura transitoria ed è finalizzato a garantire la continuità e il migliore svolgimento della funzione pubblica,

 

Pertanto, è demandata all’amministrazione stessa la valutazione della sussistenza dei presupposti legittimanti l’attivazione delle procedure di cui all’ art. 40, comma 3 ter, del d. lgs. n. 165/2001.

 

 

(ARAN)