News

Referendum Grecia, per i sondaggi sarà testa a testa. L'ultimo appello di Tsipras

 

Il Consiglio di Stato boccia il ricorso, il voto si terrà. Un quotidiano greco segna l'avanzata dei sì, che si attestano al 44,8%. Secondo altre indagini, è un testa a testa tra favorevoli e contrari. L'81% non vuole tornare alla dracma. Il premier parla in Tv: "Votate no agli ultimatum, non si decide della permanenza nell'euro". Scontro Varoufakis-Ue, le banche: "Liquidità fino a lunedì"

 

di GIULIANO BALESTRERI e RAFFAELE RICCIARDI

03 luglio 2015

 

MILANO - I greci vogliono restare nell'euro, ma, a 48 ore dal voto di domenica, sono ancora indecisi si dire "sì" o "no" alle proposte dei creditori per proseguire il piano di aiuti: secondo le ultime stime del Fmi servono almeno altri 50 miliardi di euro per fare fronte a un debito ormai insostenibile. Il Consiglio di Stato ellenico ha bocciato il ricorso presentato dall'ordine degli avvocati e quindi il referendum di domenica si terrà; la consultazione si annuncia un vero e proprio voto di fiducia sul governo Tsipras, che in una tornata elettorale organizzata in una settimana si gioca molto del proprio futuro. La piazza ateniese è spaccata, con manifestazioni a supporto dell'una e dell'altra parte (alle quali non manca la tensione). "Se i greci voteranno 'no', la posizione di Atene sarà drammaticamente indebolita, ma anche con il 'sì' non sarà facile" dice il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker che solo mercoledì aveva imposto il silenzio a tutti i commissari fino al voto.

 

Lo stesso premier lancia un nuovo appello alla sua popolazione, parlando in Tv ed escludendo una frattura con l'Eurozona in caso di rifiuto del piano dei creditori. "Votare 'no' al referendum non significa creare una frattura con l'Europa. Significa continuare i negoziati con termini migliori per i greci", ricorda invitando a dire "no agli ultimatum, ai ricatti e alla campagna della paura". Poi cita proprio il rapporto del Fmi per giustificare il rifiuto del piano dei creditori: "L'unico modo per rendere sostenibile il debito è un taglio del 30% e un periodo di grazia di vent'anni".

 

Anche fuori da Atene si muovono le pedine. Dura la presa di posizione del premier lussemburghese Xavier Bettel nell'assumere la presidenza di turno dell'Ue: "Manca la fiducia tra Tsipras e gli altri leader europei. L'ho chiamato tre volte la scorsa settimana, gli ho detto che la presidenza Ue lussemburghese è basata su una cosa che si chiama fiducia, mai una volta è stata menzionata la parola 'referendum', poi venerdì sera ascolto le notizie e scopro che ne ha indetto uno".

 

E mentre il ministro greco delle Finanza, Yanis Varoufakis, a una radio irlandese rassicura che "un accordo è in vista" anche con la vittoria del "no" ed "è più o meno fatto" perché i contatti proseguono "dietro le quinte"; da Bruxelles arriva una secca smentita: "Non c'è alcuna trattativa in corso". Ancora più duro il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, per il quale l'affermazione di Varoufakis "è una bugia". Per il ministro delle Finanze ellenico, in ogni caso, "la Grecia resterà nell'euro" e la discriminante tra un voto favorevole o contrario alle proposte Ue è che "il voto 'no' porterà a un accordo che includerà "la ristrutturazione del debito". La scelta di aderire al piano Ue, invece, "semplicemente porterà il governo a mettere la sua firma in calce al documento proposto in precedenza dai creditori". Il falco Wolfgang Schaeuble ci va cauto: alla Bild dice che "ci vorrà un po' di tempo per far ripartire i negoziati".

Il governo greco: "Con l'austerity più suicidi e depressi"

 

Secondo il vice presidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, la vittoria del "no" non rafforzerà la posizione negoziale di Atene, anzi avverrà l'esatto contrario: "La situazione è più complicata rispetto a una settimana fa" ha dichiarato al quotidiano tedesco Die Welt. L'Europa resta quindi in attesa del voto: "Aspettiamo il risultato del referendum, è il momento che i greci decidano il loro futuro", ripete Juncker. Per il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, se i greci voteranno "no" sarà "incredibilmente difficile" mettere in piedi un nuovo salvataggio, mentre il presidente francese Francois Hollande spera che vincano i 'sì', "altrimenti entreremmo in una dimensione sconosciuta". Duro il presidente dell'Europarlamento, Martin Schulz, secondo cui Tsipras "è un abile manipolatore" con il quale non è più possibile negoziare.

 

Negli ultimi sondaggi locali, intanto, si fa stretto il margine di differenza tra l'una e l'altra fazione. Un sondaggio citato dal quotidiano Avgi parla del "no" in vantaggio al 43%, ma il "sì" incollato al 42,5%. In mattinata, altre fonti locali parlavano di "sì" in recupero al 44,8%, mentre i "no" arretravano al 43,4%. Sta di fatto che gli indecisi sono ancora moltissimi e probabilmente saranno proprio loro a condizionare il risultato di domenica sera. E' significativo, però, che il 74% dei greci voglia restare nell'Eurozona mentre solo il 15% sogna il ritorno alla dracma. Per Bloomberg, l'81% del campione vuole rimanere nell'area euro e solo il 12% è favorevole a tornare a una valuta nazionale. Tutte questioni che verranno chiarite dalle urne, sempre che il Consiglio di Stato oggi non accolga le obiezioni degli avvocati sulla costituzionalità della chiamata al voto.

 

In caso in caso di vittoria del "sì" si dimetteranno il ministro dell'Economia, Yanis Varoufakis e probabilmente il premier Alexis Tsipras ("Non sono uomo per tutte le stagioni", ha detto qualche giorno fa) che parlando in tv ha spiegato: "Non bisogna trasmettere ai cittadini allarmismo. Avremo un accordo 48 ore dopo il referendum. Questo accordo può essere il cattivo accordo che ci hanno proposto o uno migliore. Quanto più forte sarà il 'no', migliore sarà l'accordo". Un accordo che deve contenere una soluzione percorribile, ossia deve prevedere la ristrutturazione del debito greco. Se invece vincerà il 'sì', ha spiegato il premier, "avremo un accordo non sostenibile. Rispetterò il risultato sia quel che sia e avvierò i procedimenti previsti dalla Costituzione".

 

(La Repubblica)