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Le Banche centrali tirano dritto, torna la debolezza sui mercati

 

La Fed ha riaperto la porta a un aumento del costo del denaro già a settembre, mentre Pechino pare intenzionata ad abbandonare gli acquisti di azioni su larga scala e le azioni dell'Asia tornano in rosso: Tokyo perde l'1,2%, vendite su Shanghai. In Europa le attenzioni si concentrano sull'inflazione prima del board della Bce. Milano perde lo 0,2%

 

di RAFFAELE RICCIARDI

 

31 agosto 2015

 

MILANO - La Federal Reserve potrebbe alzare i tassi d'interesse, seppure in modo molto graduale, già dalla riunione del 16 e 17 settembre. Pechino sarebbe intenzionata, come rivela il Ft, a dismettere gli acquisti massicci di titoli di Stato per sostenere i corsi azionari - come avvenuto nelle ultime due sedute della scorsa settimana, quando Shanghai ha ripreso il 5% al giorno - per concentrarsi piuttosto sulla 'caccia ai destabilizzatori' del mercato. Da Est a Ovest gli investitori iniziano a percepire le Banche centrali più distanti rispetto alle aspettative di avere denaro facile e a costo zero per lungo tempo ancora, una condizione alla quale si sono abituati negli ultimi anni di politiche monetarie ultra-accomodanti. Certo, la prima riunione in agenda già giovedì prossimo è quella della Bce e tutti si aspettano toni da "colomba" da Mario Draghi, che dovrà anche prender atto dei pochi passi avanti fatti verso l'obiettivo di un'inflazione vicina al 2% nell'Eurozona. Motivo per cui c'è anche chi crede che il piano d'acquisto di titoli di Stato possa essere esteso. Intanto, però, sui listini arrivano gli ordini di vendita.

 

Proprio il dato sull'inflazione dell'Eurozona è uno degli osservati speciali di giornata, monitorato da vicino anche da Francoforte: nell'area della moneta unica la stima flash è di un andamento stabile dei prezzi (+0,2%), stessa variazione per l'Italia. L'Istat ha anche annunciato il calo dello 0,3% mensile delle vendite al dettaglio. Il commercio tedesco ha invece segnato una crescita oltre le previsioni, con le vendite in ripresa dell'1,4% su mese e del 3,3% su anno. I mercati europei chiudono deboli, in scia alla nuova ondata di vendite registrata in Asia e alla debolezza di Wall Street. Milano, nonostante il balzo di Eni reduce da una maxi-scoperta di gas al largo dell'Egitto, segna una flessione dello 0,24% finale. Deboli anche le altre Borse Ue: Francoforte chiude in calo dello 0,38%, Parigi dello 0,47%, mentre Londra è rimasta chiusa per festività.

 

Wall Street si muove in calo sulle incertezze legate alle mosse della Federal Reserve: quando gli scambi Ue si avviano alla chiusura, il Dow Jones e il Nasdaq limano lo 0,6%, lo S&P500 arretra dello 0,8%. Le parole del vicepresidente Fed, Stanley Fischer, da Jackson Hole hanno riaperto la porta a un timido aumento del costo del denaro già a settembre: potrebbe passare dall'attuale livello di 0-0,25% a quota 0,25%. L'indice Pmi di Chicago è sceso lievemente in agosto a 54,4 punti da 54,7 in luglio. Il dato è leggermente peggiore delle attese degli analisti che si attendevano un dato invariato rispetto al mese precedente. Male anche l'indice che misura l'andamento dell'attività manifatturiera dell'area di Dallas è crollato a -15,8 punti ad agosto rispetto ai -4,6 punti della passata rilevazione. In mattinata, ha chiuso in calo la Borsa di Tokyo, con l'indice Nikkei in rosso dell'1,28% a 18.890,48 punti. Debole anche Shanghai, che ha comunque limitato le perdite al -0,82% (-12,5% il saldo mensile) mentre Shenzen, l'altra Borsa della Cina continentale, ha lasciato sul terreno il 3,06% (-15,2% nel mese). Sydney ha chiuso in rosso dell'1,1%. La situazione pone l'indice globale delle azioni, il Msci All-Country World Index, verso una perdita di sei punti e mezzo ad agosto, peggior mese dal maggio del 2012.

 

Gli scambi nipponici sono stati seguiti dall'inatteso calo della produzione industriale del Giappone a luglio, con una contrazione dello 0,6% su base mensile. Gli analisti aveva previsto, in media, un incremento dello 0,1% il mese scorso dopo la crescita dell'1,1% segnata a giugno. La Cina ha invece registrato un deficit più grande nel commercio estero nel mese di luglio rispetto al mese precedente: è stato di 107,6 miliardi di yuan (16,8 miliardi di dollari) nel mese di luglio, passando da 90,9 miliardi di yuan nel mese di giugno. Il governo ha preso anche una decisione storica, ponendo un tetto all'indebitamento degli enti locali (2.500 miliardi di dollari nel 2015),

 

Sul fronte valutario, si stabilizza l'euro che passa di mano in chiusura di giornata poco sopra 1,12 dollari (1,1191 venerdì sera a New York) e in area 136 yen. Torna invece a indebolirsi, dopo il rally delle ultime sedute, il petrolio: a New York, alla chiusura dei mercati europei, le quotazioni perdono due punti percentuali circa in area 44 dollari al barile. Oro in calo: il lingotto con consegna immediata viene scambiato a 1.130 dollari l'oncia. Si stabilizza lo spread tra Btp e Bund tedeschi: il differenziale di rendimento tra i titoli di Stato decennali italiani e quelli tedeschi è in area 119 punti, con un rendimento dell'1,9% per il titolo tricolore sul mercato secondario.

 

(La Repubblica)