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Pensioni, via tre anni prima: penalità in base all’assegno

 

di Andrea Bassi

 

Il governo, come anticipato ieri dal sottosegretario alla Presidenza del consiglio Tommaso Nannicini al Messaggero, è pronto a presentare una sua proposta per una riforma delle pensioni. Un «position paper», un documento sul quale avviare il confronto, potrebbe arrivare già entro il mese di maggio. Lo scopo è introdurre dei meccanismi di flessibilità nella legge Fornero, considerata troppo rigida. Questo, tuttavia, senza appesantire troppo i conti dello Stato. Le varie proposte avanzate fino ad oggi, compresa quella dell’Inps, basate sull’equilibrio attuariale, con un anticipo dell’età di pensionamento e una riduzione dell’assegno mensile che garantisca parità di spesa, hanno il difetto di avere un costo tra i 5 e i 7 miliardi per le casse dello Stato nei primi anni di applicazione. Il meccanismo al quale lavorano i tecnici di Palazzo Chigi permetterebbe invece di contenere l’esborso ad una cifra inferiore al miliardo di euro. Come funzionerebbe?

 

Il meccanismo non sarebbe unico, ma come ha spiegato Nannicini, ci sarebbero diverse possibilità in grado di creare una sorta di mercato della flessibilità. Il primo esempio è quello della nonna che vuole lasciare con qualche anno di anticipo per accudire i nipotini. Nelle simulazioni alle quali si lavora, gli anni massimi di anticipo sarebbero tre. Invece dei 66 anni e 7 mesi attuali, si potrebbe lasciare il lavoro a 63 anni e 7 mesi. Per questi tre anni non si percepirebbe la pensione, ma si otterrebbe un prestito da una banca che poi verrebbe restituito a rate mensili trattenute dalla pensione una volta raggiunti i 66 anni e 7 mesi. A quanto ammonterebbe il prestito? Sarebbe commisurato a quello della futura pensione. L’assegno verrebbe erogato dall’Inps che poi, al compimento dei 66 anni e 7 mesi, inizierebbe a rimborsare il prestito alle banche decurtandolo dalla pensione stessa. La decurtazione verrebbe legata all’entità dell’assegno, più alta per le pensioni alte, più bassa per quelle inferiori. Le cifre sono ancora ballerine, ma per un anticipo di tre anni si oscillerebbe tra il 15% delle basse al 30% delle alte.

 

 

 

L’INTERVENTO Il costo degli interessi da pagare alle banche sarebbe a carico dello Stato, così come il costo dell’assicurazione per il caso di premorienza del pensionato. Resta da capire se lo Stato verserà per i tre anni anche dei contributi figurativi, nel caso contrario la pensione sarebbe ulteriormente ridotta. Per il vice ministro dell’Economia, Enrico Zanetti, «quella del prestito pensionistico è l’unica strada percorribile», perché «sarebbe da irresponsabili scaricare sul bilancio dello Stato altri miliardi di oneri di spesa pensionistica. Soldi», secondo il vice ministro, «che servono per lavorare alle vere priorità: più investimenti e meno tasse su lavoratori e imprese». Secondo il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, che la considera «una proposta valida e un concreto passo in avanti», anche «i fondi pensione potrebbero contribuire per coprire i costi dell’anticipo». Poi c’è il secondo caso citato da Nannicini, quello dei lavoratori disoccupati involontari che sono vicini alla pensione.

 

In questo caso, come ha riconosciuto lo stesso sottosegretario, a farsi carico del costo dovrebbe essere lo Stato. Questo potrebbe essere fatto utilizzando il meccanismo dell’anticipo con penalizzazioni in grado di rispettare l’equilibrio attuariale. Essendo la platea più ristretta il costo non dovrebbe essere eccessivo. C’è, infine, il caso della aziende che vogliono svecchiare i loro ranghi. Nannicini ha spiegato che, in questo caso, dovrebbero essere loro a caricarsi il costo al posto del lavoratore. Questo potrebbe essere fatto erogano il prestito al posto delle banche, sia creando un fondo solidaristico simile a quello utilizzato nel caso dei bancari. Ieri intanto la Camera ha dato il via libera al Def chiedendo al governo del governo, «un intervento sulle pensioni sostenibile per i conti pubblici ma anche per chi dovesse decidere di ritirarsi in anticipo dal lavoro, attraverso un meccanismo di penalizzazioni che non sia troppo oneroso».

 

2016-04-27 23:44:41

(Il Messaggero)