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Il petrolio rivede quota 50 dollari, i mercati chiudono poco mossi

 

Il greggio è salito ai massimi da quasi sette mesi, sostenendo il buon umore generale dei listini prima di ritracciare. Archiviata la delusione per il possibile rialzo dei tassi Usa e giugno, gli addetti ai lavori sono convinti che una stretta di 25 punti base certificherebbe la ripresa dell'economia americana

 

di GIULIANO BALESTRERI

 

26 maggio 2016

 

MILANO - Sui mercati torna la fiducia con la ripresa dei prezzi del petrolio, mentre si allontana lo spettro della Brexit e l'attesa per un rialzo dei tassi Fed risulta ormai scontata. I listini, in una fase positiva, chiudono in timido rialzo: Milano segna +0,09%. Poco mossi anche gli altri listini europei: Londra è salita dello 0,04%, Parigi dello 0,69% in linea con Francoforte (+0,66%). Wall Steet tratta incerta, dopo due giorni di forti acquisti, con alcune prese di profitto sui titoli bancari: in chiusura il Dow Jones perde lo 0,13%, il Nasdaq sale dello 0,14% mentre lo S&P cede lo 0,02%.

 

A sostenere il generale buon umore degli addetti ai lavori è il recupero del petrolio con il Brent che per la prima volta da quasi sette mesi ha superato la soglia psicologica dei 50 dollari sull'onda del calo superiore al previsto delle scorte settimanali Usa. A ruota, con l'avvio delle contrattazioni Usa, anche il Wti (il riferimento americano) ha sfondato quella soglia. I due indici hanno poi leggermente ritracciato: alla chiusura delle Borse Ue, il Brent segnava 49,4 dollari e il Wti 49,3. Le scorte americane sono scese di 4,2 milioni di barili, in larga parte a causa del blocco della produzione canadese, che è il più grosso fornitore degli Stati Uniti. Inoltre ieri la banca centrale del Canada ha fatto sapere che gli incendi nella zona delle sabbie bituminose dell'Alberta avranno un impatto sui conti pubblici del paese. Sullo sfondo, tuttavia, resta il nodo delle forniture eccessive sui mercati, sul quale i paesi Opec non intendono intervenire. Da gennaio, quando toccò i minimi degli ultimi 12 anni, il prezzo è quasi raddoppiato.

 

Oltre al greggio i mercati hanno incassato l'accordo tra la Grecia e i suoi creditori e a una settimana esatta dalla gelata arrivata dalla Federal Reserve, che con i verbali della riunione di aprile aveva detto di ipotizzare un rialzo dei tassi già a giugno, le Borse iniziano ad essere a loro agio con l'idea di un aumento del costo del denaro. L'impressione generale è che una stretta, magari solo di 25 punti base come lo scorso dicembre, rappresenterebbe un voto di fiducia per l'economia a stelle e strisce. Ieri le probabilità di un rialzo dei tassi a giugno, così come vengono misurate dai future sui Fed funds, erano al 36% contro il 34% di sette giorni prima e il 4% di inizio mese. Negli Usa, le nuove richieste di sussidi per la disoccupazione nella settimana al 20 maggio sono state pari a 268mila, in calo rispetto alle 278mila della settimana passata. Il mercato si attendeva un dato pari a 275mila unità. Bene gli ordini di beni durevoli, che sono saliti del 3,4% ad aprile, ben sopra le stime.

 

A Piazza Affari sono andati sotto pressione i titoli bancari con vendite sul Banco Popolare, Ubi Banca, Bper e Bpm. Peggio Unicredit alle prese con la scelta del nuovo amministratore delegato. Il comparto del credito è appesantito dal tracollo del Banco Popular, a Madrid, che perde il 20% dopo l'annuncio di un aumento di capitale da 2,5 miliardi. In affanno anche Poste Italiane di cui il Tesoro collocherà un altro 30%. Brilla invece Telecom.

 

L'euro chiude stabile a 1,1182 dollari dopo aver toccato un massimo di giornata a 1,1218 dollari per via dei realizzi sul biglietto verde, apprezzatosi in maniera significativa nelle scorse sessioni per via delle crescenti probabilità di un rialzo dei tassi Usa a giugno. Altalenante anche lo yen, che avanza a quota 109,20 nei confronti del dollaro e arretra a quota 122,92 nei confronti dell'euro. Andamento stabile per lo spread fra Btp e Bund: la differenza di rendimento segna quota 121 punti contro i 120 della chiusura di ieri. Sul mercato secondario il titolo decennale italiano viene scambiato a un tasso dell'1,37%. Il Tesoro ha venduto l'ammontare massimo, 2,5 miliardi di euro, dei Ctz marzo 2018 oggi in asta. Il rendimento è sceso a -0,137%, da -0,063% dello scorso 24 marzo.

 

In mattinata, la Borsa di Tokyo ha chiuso la seduta poco mossa (+0,09%) appesantita dalla nuova rivalutazione dello yen con gli investitori che attendono i dati di domani dall'inflazione in Giappone. L'indice Nikkei chiude a quota 16.772.46 punti. L'oro s'indebolisce nel pomeriggio: alla chiusura dei mercati europei il lingotto spot segna 1223 dollari l'oncia.

 

(La Repubblica)