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Italia, Brexit e scudo salvabanche: le tre ipotesi allo studio del governoItalia,

 

Renzi: "L'esecutivo vuole dare fiducia rispettando le regole europee". Attivato un tavolo tra Palazzo Chigi, Mef, Mise e Cdp per le soluzioni

 

di GIOVANNI PONS e ROBERTO PETRINI

 

28 giugno 2016

 

ROMA. "Oggi il quadro normativo è molto difficile da maneggiare ma tutto ciò che servirà per dare tranquillità e fiducia sarà oggetto di attenzione del governo e delle istituzioni europee, nel rispetto delle regole". Queste le parole del presidente del consiglio, Matteo Renzi, in conferenza stampa con Angela Merkel e François Hollande che confermano le indiscrezioni degli ultimi due giorni riguardo un possibile intervento statale sulle banche dopo le turbolenze determinate dalla Brexit.

 

"Si valutano tutti i possibili scenari e dunque tutti i possibili interventi", hanno fatto sapere ieri in mattinata fonti del ministero del Tesoro sul tema delle possibili soluzioni a difesa del sistema bancario. Niente di più sul piano ufficiale ma tra i Palazzi romani ieri è circolata con insistenza la voce di contatti con Margrethe Vestager, la commissaria alla Concorrenza che ha in mano il dossier del bail in, cioè il meccanismo europeo che impedisce il salvataggio pubblico delle banche e che ha segnato, coinvolgendo i risparmiatori, le ultime vicende del credito in Italia. La parola d'ordine è evitare nuove "bailinizzazioni" a tutti i costi: del resto il meccanismo è stato oggetto di contestazioni da parte del governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco anche nelle sue ultime Considerazioni finali. La giornata in Borsa per i titoli bancari ieri è stata molto difficile, tanto che ha reso necessaria, in serata, una dichiarazione rassicurante del sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta: "Non siamo in una situazione di emergenza: l'Italia è a favore di una soluzione europea, nessun intervento pubblico".

 

Benché si parli di necessità di svariati miliardi nessuno pensa, neppure in Europa, a soluzioni come quelle spagnole o cipriote che coinvolgano l'intervento dell'Esm, il fondo salva Stati. Si lavora invece ad ipotesi più plausibili e adatte alla realtà del sistema bancario italiano: deroghe al divieto di salvataggio pubblico, ovvero al bail in, o semplici ricapitalizzazioni da parte dello Stato mediante bond.

 

L'ipotesi circolata ieri, benché le interpretazioni siano controverse, prevede che l'Italia possa chiedere ai partner europei l'attivazione della deroga al divieto di aiuti di Stato prevista dall'articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione nel caso si presentino "circostanze eccezionali", caso rappresentato dal Brexit. Tuttavia prima di prendere qualsiasi iniziativa occorre aspettare il ritorno di Renzi dal vertice a tre con Merkel e Hollande. L'Italia in questa fase, infatti, non vuole provocare alcuno strappo con i partner europei ma trovare una soluzione condivisa. L'idea potrebbe essere di creare un "corridoio" di sei mesi o più nel quale tutti i paesi europei che lo ritengano necessario possono procedere a mettere in sicurezza le proprie banche anche con soldi pubblici. Chiusa la finestra si tornerebbe alla situazione di oggi che vieta l'utilizzo di risorse pubbliche ma a quel punto il problema banche dovrebbe essere risolto una volta per tutte. Dunque la situazione è ancora molto fluida anche se i tempi di decisione devono essere veloci visto l'andamento dei titoli bancari in Borsa nelle ultime due sedute.

 

Se dunque tra oggi e domani arrivasse un input politico favorevole a una soluzione di questo tipo a quel punto scenderebbero in campo i tecnici per implementare i piani di ricapitalizzazione. Già da ieri, infatti, è stato attivato un tavolo che comprende uomini di Palazzo Chigi, del Mef, del Mise e i vertici della Cdp per individuare la strada migliore per mettere in sicurezza il sistema bancario. L'entità complessiva dell'ipotetico intervento è ancora da definire, anche se nelle ultime ore qualcuno ha fatto trapelare la cifra di 40 miliardi. "Parlare di interventi da 40 miliardi è assolutamente errato perché se si deve fare un intervento prima si fa e poi se ne parla, prima di dare numeri a vanvera bisogna essere documentati", ha detto Alessandro Profumo, oggi azionista e presidente di Equita e in passato ad di Unicredit e presidente di Mps.

 

E proprio un analista di Equitalia, Giovanni Razzoli, ieri ha provato a simulare delle ipotesi di intervento sul capitale delle banche visto che la liquidità è stata assicurata con le recenti aste Tltro della Bce. Le strade potrebbero essere almeno tre: una garanzia della Cdp e di investitori privati su un nuovo round di aumenti di capitale; un nuovo piano di Padoan bonds che nel 2010 erano stati sottoscritti da alcune banche a un tasso dell'8,5% e convertibili in capitale a richiesta del cda; un Atlante 2 per un acquisto massiccio di Npl (crediti deteriorati). Se l'obbiettivo fosse quello di portare la copertura delle sofferenze delle banche quotate dal 55% medio odierno al 20%, cioè molto vicino alla soglia (17,6%) del bail in, la necessità di capitale totale sarebbe di circa 23 miliardi. A cui bisognerebbe aggiungere eventuali interventi per le banche non quotate che oggi pesano per il 25% del totale.

 

(La Repubblica)