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Danimarca, solo i robot potranno salvare il Welfare

 

Per coprire i costi del sistema, serve robotizzare massicciamente l’industria. Così saliranno competitività, export, utili e dunque entrate fiscali. I punti deboli sono gli alti costi del Welfare, la scarsa natalità e la mancanza di manodopera specializzata

 

di ANDREA TARQUINI

 

23 agosto 2016

 

COPENHAGEN – Secondo le statistiche e i sondaggi internazionali la Danimarca è il paese dal popolo più felice del mondo, eppure il suo welfare state system, uno dei più generosi del pianeta, è a rischio. Solo i robot potranno salvarlo. Non accudendo i vecchietti, bensì accrescendo produttività e competitività delle aziende, dunque i loro utili, e quindi aumentando il gettito fiscale. Soluzioni creative, per rileggere e riformare una delle versioni più celebri ma anche più problematiche e contradditorie del modello scandinavo. Quella danese, appunto.

 

Il problema lo narrano le cifre. Il welfare del regno è tra i più estesi e costosi del mondo. Dà molto a tutti, dai 700 euro mensili ai giovani che scelgono di vivere da soli e non da bamboccioni e cercano studio e lavoro, fino a enormi sussidi per disoccupati, poveri, socialmente svantaggiati. E va detto che con un tasso di disoccupazione inferiore al 4 per cento, uno dei più bassi in Europa, la Danimarca ha meno timori di esplosione dei costi dello Stato-previdenza rispetto a quasi tutti gli altri Stati membri dell’Unione europea. Eppure questi punti di forza non bastano a compensare problemi strutturali.

 

Primo: il tasso di natalità è troppo basso. Non è servita a rialzarlo nemmeno la recente campagna di spot tv e internet che invitava i felici sudditi della regina Margrethe a fare più sesso gioioso per mettere al mondo più danesi. Mentre la durata media della vita si allunga. E quindi in Danimarca come altrove in Europa il futuro promette sempre più pensionati, il cui rateo dovrà essere finanziato da sempre meno giovani.

 

Secondo: al contrario della vicina Svezia (che pure adesso ha chiuso le frontiere, dopo aver accolto in percentuale alla popolazione più migranti della Germania o dell’Italia) la Danimarca è stata ed è molto restrittiva nell’accoglienza. Quindi meno input demografico dai nuovi arrivati. E quelli accettati, spesso disperati da zone di guerra, non sono sempre facilmente integrabili.

 

Terzo ma non ultimo, al contrario della Svezia, la Danimarca ha problemi nel suo pur moderno tessuto industriale. Manca ovviamente manodopera, specie qualificata, ma al tempo stesso i costi del lavoro salgono rendendo meno competitivi persino brands globali da Lego a Bang&Olufsen. Quindi meno crescita meno export meno utili tassabili, diversamente da Stoccolma. E di conseguenza, meno garanzie di finanziabilità futura del welfare.

 

A mali estremi, estremi rimedi. Secondo la tipica ricetta scandinava, si discute del problema in spirito consensuale, tra governo conservatore, populisti che lo appoggiano, opposizione socialdemocratica, sindacati, imprenditori, media et tout le reste. Soluzione individuata, o almeno proposta con forza: robotizzare massicciamente l’industria. Così saliranno competitività, export, utili e dunque entrate fiscali. Il robot salverà il welfare. I padri del modello nordico, da Tage Erlander a Olof Palme (ma erano svedesi, sorry) non se lo sarebbero immaginato, eppure è così. Rischio per l’occupazione? No, rispondono gli economisti danesi e la Confederation of Danish Industry, la Confindustria locale: quando un’azienda si robotizza vende di più e rende più sicuri i posti di lavoro dei suoi dipendenti, magari assume anche più gente. Robotizzare può aumentare la competitività fino a riportare a casa i 150mila posti di lavoro delocalizzati negli ultimi anni, afferma Adam Lebech, portavoce della sezione aziende high tech della Confindustria locale. “I robot sono parte della soluzione del problema del futuro del Welfare”, aggiunge Helge Pedersen, chief economist a Nordea. Vedremo se funzionerà.

(La Repubblica)