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Salvini sull’oro di Bankitalia: “Per me resta lì, ma è degli italiani”

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Il ministro dell’Interno: «Venderlo per non fare aumentare l’Iva? Voglio approfondire»

 

Pubblicato il 11/02/2019

Ultima modifica il 11/02/2019 alle ore 14:12

ilario lombardo

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L’oro è della Patria e la Patria all’occorrenza può farne quello che vuole. Matteo Salvini non esclude il retroscena pubblicato dalla Stampa, secondo il quale la maggioranza di governo avrebbe puntato alle riserve auree conservate nei caveau della Banca centrale (ma anche in diversi depositi all’estero in Europa e negli Usa). L’idea dei gialloverdi sarebbe di usare parte di lingotti e monete (circa 90 miliardi il valore complessivo) come tesoretto d’emergenza per evitare una manovra correttiva e l’attivazione dell’aumento dell’Iva, inserita come clausola di salvaguardia per volere dell’Unione europea se non si dovessero raggiungere gli ambiziosi obiettivi di bilancio. Salvini non si inoltra troppo nella questione ma conferma l’intenzione di far passare per legge l’oro sotto il controllo dello Stato (cioè del governo): «Può essere un’idea interessante. So che c’è una proposta di legge che dovrà ribadire quello che per me è scontato: l’oro della Banca d’Italia è degli italiani, non è in prestito. Dopodiché per quanto mi riguarda ci saranno altri metodi. Siccome è custodito in alcuni paesi del mondo, uno lo può far custodire dove vuole. Ma è di proprietà degli italiani e di nessun altro».

 

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Una dichiarazione che rispecchia fedelmente il cuore della proposta firmata e depositata tre mesi fa alla Camera dal deputato della Lega e presidente della commissione Bilancio, l’economista no-euro Claudio Borghi. Una legge costituita da un solo articolo per chiarire che «la Banca d’Italia gestisce e detiene, ad esclusivo titolo di deposito, le riserve auree, rimanendo impregiudicato il diritto di proprietà dello Stato italiano su dette riserve, comprese quelle detenute all’estero». Una tema, quello della proprietà dell’oro, che più volte ha investito i vertici di Palazzo Koch e che ora sembra incrociarsi al braccio di ferro sulla riconferma di Luigi Federico Signorini alla vicedirezione generale della Banca centrale. I timori che agitano il Tesoro e la stessa Via Nazionale sono proprio questi: che dietro l’assalto partito dal M5S contro il direttorio ci sia l’intenzione di mettere le mani sulle riserve per venderle, come proposto anche in un articolo pubblicato da Beppe Grillo sul suo blog a settembre.

 

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Oggi scade il mandato di Signorini. Il premier Giuseppe Conte, a cui spetta la delibera sulla nomina, salvo sorprese prenderà tempo per non impegnarsi in una decisione che potrebbe scavare una frattura nel governo. Con il leader dei 5 Stelle che preme su Conte chiedendo discontinuità e il ministro dell’Economia Giovanni Tria che, sostenuto dal Quirinale, difende l’indipendenza della Banca d’Italia. Mentre la Lega assalti e moderazione. Prima il ministro dell’Agricoltura si schiera con Tria a favore di una Banca indipendente, poi Salvini, lo stesso che aveva parlato di azzeramento dei vertici di Via Nazionale, evita di «personalizzare» il bersaglio come invece fanno i grillini e lascia a Conte la responsabilità di una decisione: «C’è il premier e il ministro dell’Economia quindi mi affido alla loro competenza. Se c’è qualcuno che deve vigilare e non l’ha fatto visto i disastri che sono venuti fuori è evidente che qualcosa va cambiato, non dico qualcuno ma necessariamente qualcosa».

 

(La Stampa)