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Agenti immobiliari responsabili e trasparenti

Rientra nel dovere di informazione del mediatore comunicare alla parte interessata all’acquisto che l’immobile è nelle mani del venditore per donazione, in modo da rendergli note le possibili conseguenze ove vi siano eredi. Lo ha chiarito la Corte di cassazione

 

Agenti immobiliari responsabili. Rientra nel dovere di informazione del mediatore comunicare alla parte interessata all'acquisto che l'immobile è pervenuto al venditore per donazione, in modo da rendergli note le possibili conseguenze ove vi siano eredi pretermessi. Lo ha chiarito la seconda sezione civile della Corte di cassazione con la sentenza n. 965 del 16 gennaio 2019.

 

Il caso concreto. Nella specie la parte che aveva intenzione di acquistare un appartamento aveva chiamato in giudizio i venditori e l'agenzia immobiliare che aveva intermediato l'affare per la restituzione della somma corrisposta al mediatore per la provvigione che questo avrebbe dovuto incassare alla conclusione della compravendita, oltre al risarcimento del danno. L'attore aveva sostenuto che successivamente alla presentazione della proposta di acquisto aveva scoperto che l'immobile in questione non era di proprietà della persona indicatale dal mediatore come proprietaria, in quanto quest'ultima aveva donato il bene alla propria figlia. Per questo motivo, acquisita la conoscenza della diversa proprietà del bene e, soprattutto, della provenienza del medesimo da una donazione, aveva dichiarato di revocare la propria proposta di acquisto. Quindi, nonostante l'agente immobiliare gli avesse comunicato che i genitori della proprietaria erano disponibili a intervenire al preliminare per garantire l'operazione e anche eventualmente a risolvere la donazione e a intestarsi nuovamente l'appartamento, il potenziale acquirente aveva deciso non finalizzare la compravendita.

 

Il tribunale presso il quale era stato avviato il procedimento giurisdizionale aveva accolto la domanda e condannato tutti i convenuti in solido alla restituzione dell'importo consegnato all'agente immobiliare, oltre al risarcimento del danno. Contro la sentenza era però stato presentato appello. I giudici di secondo grado, dopo avere identificato e separato i titoli di responsabilità dei soggetti convenuti in giudizio, contrattuale per l'agenzia ed extracontrattuale per i vecchi proprietari dell'immobile, si erano però mostrati di contrario avviso, accogliendo il gravame e annullando la sentenza impugnata. In dissenso rispetto al giudice di primo grado, che aveva accolto la domanda ritenendo la provenienza dell'immobile da donazione pregiudizievole per l'acquirente, a causa della difficoltà di ottenere mutui e per la negativa incidenza sul valore (circostanze che il primo giudice aveva ritenuto fatti notori), la Corte aveva invece ritenuto detta valutazione meramente astratta, non corrispondente al caso concreto, essendo nella specie pacifico che la beneficiaria della donazione dell'immobile fosse figlia unica dei coniugi precedentemente proprietari del bene, per cui la donazione portava a una situazione di stabilità definitiva che non poteva assolutamente ingenerare il timore del rischio di una futura azione di riduzione, non esistendo altri eredi legittimari.

 

I giudici di appello avevano inoltre rimarcato che la violazione dell'art. 1759 c.c., a mente del quale il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note e relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare, che possono influire sulla conclusione di esso, sussiste solamente se siano state taciute circostanze che avrebbero indotto la parte a non concludere il contratto o a concludere a condizioni diverse, mentre ciò doveva escludersi nel caso di specie. Infatti risultava dagli atti di causa che la persona interessata all'acquisto, dopo avere saputo della provenienza del bene, aveva rinnovato la propria proposta, cosa che avrebbe dimostrato che le circostanze taciute non avevano per quest'ultimo rilevanza né ai fini della conclusione dell'affare né ai fini del prezzo.

 

Di qui la decisione di ricorrere in Cassazione. La sentenza di secondo grado era quindi stata contestata soprattutto nella parte in cui la corte di appello aveva negato che la provenienza dell'immobile da donazione costituisse fatto idoneo a incidere sulla sicurezza dell'acquisto, essendo la donataria la sola figlia dei coniugi precedenti proprietari del bene, per cui la donazione avrebbe condotto a una situazione di stabilità definitiva che non poteva assolutamente ingenerare il timore del rischio di una futura azione di riduzione, non esistendo altri eredi legittimari.

 

La decisione della Suprema corte. Nel prendere in esame il ricorso presentato dal soggetto originariamente interessato all'acquisto, i giudici di legittimità hanno ripercorso il tema dei rischi connessi agli acquisti di immobili ricevuti per donazione dai rispettivi venditori, dimostrando come la valutazione operata in concreto dalla Corte di appello non fosse stata del tutto corretta.

 

La Cassazione ha quindi ricordato come la tutela dei legittimari, ovvero di quelle categorie di eredi che non possono essere pretermessi nell'assegnazione dell'asse ereditario, presenta caratteristiche tali da far sì che ne risulti gravemente ostacolata la circolazione dei beni di cui il proprietario abbia disposto per donazione. Infatti l'erede pretermesso può, da un lato, esperire l'azione di riduzione sui beni conferiti in donazione (che, seppure con alcune limitazioni, ha effetti anche nei confronti dei terzi acquirenti) e, dall'altro, si applica la regola inderogabile che la lesione di legittima si determina con riguardo esclusivo al momento della morte del donante. Così l'acquisto del donatario e quello dei suoi aventi causa sono posti in condizione di instabilità per l'intero spazio di tempo che va dal momento della donazione a quello in cui il titolo di acquisto può essere impugnato dall'attore che agisca in riduzione. Tuttavia detta instabilità si verifica anche se il donante, al momento dell'atto di disposizione, non abbia coniuge, discendenti o ascendenti, perché i legittimari potrebbero sopravvenire in un secondo tempo. Di qui, secondo la Suprema corte, l'errore in cui erano incorsi i giudici di appello, i quali avevano considerato che la presenza di un'unica figlia, la donataria dell'immobile, non potesse creare alcun rischio a carico dei futuri acquirenti. In verità, da questo punto di vista, i giudici di legittimità hanno ritenuto che l'affermazione della corte di merito non fosse esatta nemmeno se riferita al tempo della donazione, perché i genitori donatari erano coniugi fra loro e quindi reciprocamente legittimari, in concorso con la figlia, nella successione dell'altro.

 

Proprio in considerazione degli inconvenienti ai quali dà normalmente luogo la provenienza di un immobile da donazione (basti pensare che il sistema bancario non concede credito garantito da ipoteca se il bene offerto in garanzia è stato acquistato a titolo gratuito) la Cassazione ha quindi ritenuto di confermare il principio per cui la provenienza da donazione costituisce circostanza relativa alla valutazione e alla sicurezza dell'affare, dunque rientrante nel novero delle circostanze influenti sulla conclusione di esso, che il mediatore deve riferire ai propri clienti in base a quanto previsto dall'art. 1759 c.c. Di conseguenza l'agente immobiliare ha l'obbligo di comportarsi con correttezza e buona fede e di riferire alle parti le circostanze dell'affare a sua conoscenza, ovvero che avrebbe dovuto conoscere con l'uso della diligenza da lui esigibile. Tra queste ultime, come specificato dalla Suprema corte, rientrano necessariamente le informazioni sull'eventuale contitolarità del diritto di proprietà in capo a più persone, sull'insolvenza di una delle parti, sull'esistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli, nonché sull'esistenza di prelazioni od opzioni concernenti il bene oggetto della mediazione. Detto obbligo del mediatore, quindi, non è limitato alle circostanze conoscendo le quali le parti o taluna di essa non avrebbero dato il consenso a un determinato contratto, ma si estende anche a quelle che avrebbero indotto le parti a concludere quel contratto con diverse condizioni e clausole. Il dovere di imparzialità che incombe sul mediatore è quindi violato tanto nel caso di omessa comunicazione di circostanze che avrebbero indotto la parte a non concludere l'affare, quanto nel caso in cui la conoscenza di esse avrebbe condotto le parti a concludere l'affare a condizioni diverse.

 

11/02/2019

(Italia Oggi)