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Decretone: paletti più rigidi per il reddito agli stranieri

 

Approvato in commissione Lavoro al Senato un emendamento della Lega che richiede certificazioni ulteriori per gli stranieri extra-Ue: necessaria un attestazione prodotta dai Paesi di origine che attesti redditi e patrimoni

 

20 Febbraio 2019

 

MILANO - Gli stranieri extra europei dovranno farsi rilasciare dallo Stato di origine un documento che certifichi la composizione del loro nucleo familiare, il reddito e il patrimono, tradurlo e farlo validare dal consolato, prima di poter accedere al reddito di cittadinanza.

 

Sono i paletti, più rigidi, per l'accesso degli stranieri al reddito di cittadinanza approvati in commissione Lavoro del Senato, dove è arrivato l'ok a un emendamento a firma leghista al decretone che contiene anche le norme su quota 100. Limitazioni che ricordano in parte quanto previsto dalla sindaca leghista del comune di Lodi, che aveva condizionato l'accesso alle mense scolastiche ai figli di stranieri alla presentazione di documenti rilasciati dai Paesi di origine che attestassero il non possesso di auto, conti correnti e immobili nei Paesi di origine. Documenti però impossibili da reperiere perché non rilasciati dai Paesi stessi.

 

La modifica approvata oggi per l'accesso al reddito prevede che i cittadini di Stati non appartenenti alla Ue debbano produrre "apposita certificazione rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, tradotta in lingua italiana e legalizzata dall'Autorità consolare italiana" per comprovare la composizione del nucleo familiare e il rispetto dei requisiti di reddito e patrimonio. Il riferimento giuridico è al testo unico sulla documentazione amministrativa del 2000. Obblighi ulteriori che - nella riformulazione rispetto all'emendamento originale - non si applicano nei confronti dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea con lo status di rifugiato politico; in caso di convenzioni internazionali che dispongono diversamente; in caso di provenienza da paesi da cui è "oggettivamente impossibile" ottenere tali certificazioni, che verranno specificati dal ministero del Lavoro in tre mesi.

 

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Approvato anche l'emendamento che prevede che sia il disoccupato a seguito di dimissioni volontarie a non poter ricevere il reddito nei dodici mesi successivi l'abbandono del lavoro, e non tutto il nucleo familiare come disposto dal testo originario.

 

La discussione procede dopo le forti critiche delle opposizioni dei giorni scorsi, che hanno lamentato lo stallo nei lavori in attesa che la maggioranza trovasse la quadra su alcuni dei punti più dibattuti. L'approdo in Aula del testo slitterà a lunedì della prossima settimana, come deciso dalla riunione della Capigruppo di Palazzo Madama.

 

Ieri, nel vertice di Palazzo Chigi, è stato trovato l'accordo tra componenti leghista e cinque stelle sull'escludere dal reddito di cittadinanza i separati o divorziati per finta, che hanno cioè cambiato residenza dopo l'1 settembre 2018 e non riescono a dimostrare di vivere separati (ci saranno scrupolosi controlli dei vigili urbani). Così anche - e per 5 anni - chi rilascia dichiarazioni mendaci. E' stato poi deciso di ampliare il monte ore per servizi sociali: con l'accordo del Comune e del beneficiario si può passare da 8 a 16 ore. Resta alla finestra l'attesa modifica per i disabili, voluta dai leghisti e sulla quale si è impegnata anche la sottosegretaria al Tesoro, Laura Castelli: arriverà alla Camera. La Lega spinge per 400 milioni in più per ampliare la platea del reddito (in realtà 373 milioni il primo anno, 460 milioni dal secondo). Ma per questo occorre cambiare la scala di equivalenza (ogni 0,1 in più costa 80 milioni) con cui si calcola l'assegno e trovare le coperture. In cambio la Lega ha ritirato le proposte più spinose: dal tetto temporale al reddito al divieto di sommare il bonus assunzioni con il bonus Sud.

 

(La Repubblica)