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Il Garante boccia la tassa su money transfer: "Concorrenza violata". La ricaduta sugli immigrati

L'Antitrust contesta il prelievo dell'1,5% che il decreto discale del 2018 impone sulle società che inviano denaro verso i Paesi extra-comunitari: "La legge è discriminatoria e va cambiata"

di ALDO FONTANAROSA

20 Febbraio 2019

ROMA - Il Garante della concorrenza e dei consumatori (l'Antitrust) contesta l'imposta sui money transfer che il governo ha introdotto nel decreto fiscale di dicembre 2018. Un'imposta alta, pari all'1,5 per cento delle somme di denaro spedite verso Paesi non comunitari. Un'imposta che il governo Lega-Cinquestelle scarica soltanto sui money transfer, di cui si servono i cittadini immigrati.

In una sua segnalazione al governo, il Garante bolla questa imposta come "ingiustificatamente discriminatoria" perché non grava sulle banche (italiane o estere) e neanche sulle Poste. Colpisce - chirurgicamente - i soli money transfer che dunque vedono ridotti i loro margini per presentare "offerte competitive" ai clienti. Non solo.

L'imposta ha almeno altri due effetti perversi. E' probabile che i money transfer scarichino questa imposta - in tutto o in parte - sulle persone che inviano soldi alle famiglie nelle Nazioni d'origine. E poi l'imposta riduce anche "il grado di trasparenza sulle condizioni economiche praticate per il servizio di rimesse di denaro".

Questo deficit di trasparenza non piace al Garante visto che i costi per trasferire soldi sono già opachi perché condizionati da "numerose e mutevoli variabili, tra cui commissioni e spread sui tassi di cambio".

Il Garante, dunque, chiede al governo "opportune modifiche" alla legge che eliminino gli "effetti discriminatori" dell'imposta e ripristinino "le condizioni per un corretto confronto competitivo".

(La Repubblica)