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"Il decreto dignità funziona". "Bugiardi, meno occupati". Chi ha ragione tra DI Maio e Boschi sul lavoro

Botta e risposta tra Luigi Di Maio e Maria Elena Boschi sui dati dell'occupazione: nessuno ha ragione perché confrontano mele con pere. Ma da quando è arrivato il governo gialloverde i posti di lavoro sono calati

di FLAVIO BINI e RAFFAELE RICCIARDI

21 Febbraio 2019

MILANO - I dati pubblicati oggi dall'Inps "sono i primi effetti del decreto dignità e mi danno tanto entusiasmo per andare avanti su questa strada" esulta Luigi di Maio. "Di Maio è un bugiardo. I dati positivi del 2018 sono i nostri, non i suoi. Anzi. Da maggio -75 mila occupati, -122mila a tempo indeterminato. Oggi il ministro della disoccupazione ha fatto autogol", gli replica l'ex ministra per le riforme Maria Elena Boschi. Possibile che anche di fronte ai numeri maggioranza e opposizione raccontino due storie diverse? In questo caso sì, perché Di Maio e Boschi fanno riferimento a due fonti di numeri diversi.

Andiamo con ordine. I dati pubblicati oggi dall'Inps si riferiscono al numero dei contratti nel settore privato, attivati o cessati. Non si tratta di posti di lavoro perché una persona può in un arco temporale attivarne (o interromperne) di diversi, restando comunque un singolo occupato. L'obiettivo principale del decreto dignità era limitare l'utilizzo da parte delle imprese dei contratti a termine e in somministrazione, cioè attraverso le cosiddette agenzie interinali, a vantaggio di quelli stabili, quindi a tempo indeterminato.

I dati di oggi mostrano che da quando il decreto dignità è pienamente operativo (da novembre in avanti scaduta la fase transitoria, anche se il decreto è entrato in vigore a luglio) il numero di assunzioni "precarie", quindi a termine, è drasticamente sceso in confronto al 2017. Di fronte alla possibilità di assumere qualcuno, le imprese hanno utilizzato meno questa strada. Le assunzioni a termine sono scese di oltre 57 mila unità in due mesi. Allo stesso modo, da agosto in avanti, sono crollate anche quelle in somministrazione. La strategia di scoraggiamento di questo strumento, anche in questo caso, ha funzionato.

I riflessi della stretta normativa si sono mostrati chiaramente anche sull'andamento delle trasformazioni dei precari in contratti stabili. Da quando è finito il periodo transitorio (fine ottobre scorso), le aziende si sono trovate di fronte a una scelta più stringente su cosa fare dei loro lavoratori a tempo o apprendisti. In alcuni casi, hanno scelto di mantenerli in organico con un contratto stabile. Non a caso, nel bimestre di fine anno le trasformazioni sono più che raddoppiate (da 52 a 114mila per i contratti a termine).

Meno precari, ma adesso?

Quello che dai dati è più difficile capire è quanti lavoratori in scadenza di contratto si siano "persi" in questa trasformazione forzata e, dall'altra parte, cosa succeda a chi un lavoro oggi non ce l'ha e spera di averlo. Per quanto riguarda le nuove assunzioni, quelle cioè di chi era fuori dall'azienda, sono lievemente aumentate. Il saldo (differenza tra attivazioni e cessazioni) dei contratti stabili è migliorato, quello dei contratti a termine (che sono numericamente molti di più) è peggiorato sensibilmente. Basta per dire che il decreto dignità ha funzionato? Nella tipologia di contratti si è visto un cambiamento. Ma solo con un orizzonte temporale più ampio sarà possibile capire se le aziende, di fronte all'irrigidimento delle regole, si limiteranno a mantenere i contratti in essere, con il risultato però di mantenere immobile l'occupazione, o creeranno nuovo lavoro.

Meno persone al lavoro

Si arriva così a Maria Elena Boschi. I numeri della ministra arrivano dall'Istat. L'Istituto di statistica non censisce il numero di assunti e "cessati", ma scatta una di fotografia (a campione) su quante persone stanno effettivamente lavorando e con quali condizioni. Si tratta di un dato che spesso viene considerato più rilevante per testare lo stato di salute del mercato del Lavoro.

Su questo fronte i numeri danno torto a Di Maio. Da quando il governo è insediato, meno persone lavorano e meno persone hanno un posto fisso. I dati citati da Maria Elena Boschi sono corretti. Da maggio ad oggi gli occupati sono scesi di 72 mila unità e in particolare quelli a tempo indeterminato sono scesi di 122 mila.

Di Maio quindi non è un bugiardo, ha scelto un dato comodo a confermare la propria tesi, la de-precarizzazione dei posti di lavoro, scordandosi però del più importante dato di fondo. Da quando il governo gialloverde si è insediato, meno persone hanno un lavoro.

(La Repubblica)