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Dazi Usa-Cina, prevale l'ottimismo. Manifatturiero Ue in contrazione

Confermata la frenata dell'inflazione tedesca, indici Pmi sotto la soglia critica di 50 punti. Fed divisa sul rialzo dei tassi. Tokyo guadagna lo 0,15%. Crolla il dollaro australiano: la Cina bandisce l'import di carbone

di RAFFAELE RICCIARDI

21 Febbraio 2019

MILANO - La marcata flessione dell'inflazione tedesca a gennaio è un altro segnale di pericolo per l'andamento dell'economia della zona euro, soltanto un giorno dopo un timido segnale di ripresa giunto dalla fiducia dei consumatori. Nel primo mese dell'anno, secondo la lettura finale, l'inflazione in Germania si è attestata all'1,4% su base annua, in linea con la lettura preliminare e le attese del mercato. Su base mensile, l'indice dei prezzi al consumo ha registrato una flessione dello 0,8%, anche in questo caso in linea con il consensus e la precedente lettura. Notizia alla quale si è aggiunta la rilevazione dell'istituto Ihs Markit sugli indici Pmi che anticipano l'andamento del manifatturiero nell'Eurozona: il dato è sceso a febbraio da 50,5 punti a 49,2. Pesa la lettura sotto i 50 punti, lo spartiacque tra la contrazione e l'espansione economica. Spicca la contrazione tedesca, a 47,6 punti, mentre la Francia migliora leggermente.

I mercati restano alla finestra in attesa che Pechino e Washington definiscano la partita dei dazi: c'è ottimismo perché entro il 1° marzo si trovi un accordo che eviti la nuova stretta tariffaria. Oggi i colloqui che si tengono negli Usa entrano nel vivo. Ieri sono arrivati i verbali della riunione del 30 gennaio della Federal Reserve, che ha confermato la sua pazienza in materia di tassi ma ne è emerso un istituto diviso sulla loro rotta futura. Sembra invece esserci un consenso sulla prossima fine della normalizzazione del bilancio della Fed, attesa per quest'anno. In seno alla Bce, hanno invece mostrato le minute pubblicate da Francoforte sul meeting di gennaio, i governatori hanno discusso di nuove aste di liquidità agevolate per le banche, le cosiddette Tltro. I banchieri centrali hanno concordato che non serve fretta nell'adottare la decisione, ma le analisi tecniche preparatorie devono esser condotte con rapidità.

Milano alla fine cede lo 0,47%. A Piazza Affari crolla la Juventus dopo la sconfitta di ieri sera in Champions League, male anche Prysmian. Contrastate le altre Borse europee: Londra cede lo 0,85%, Francoforte sale dello 0,19% e Parigi termina piatta. Wall Street tratta debole: alla chiusura dei mercati europei il Dow Jones cede lo 0,4% e il Nasdaq lo 0,45%. Questa mattina, la Borsa di Tokyo ha chiuso in leggero rialzo con il Nikkei a +0,15%. Debole invece Shanghai che ha perso lo 0,34%.

Lo spread tra Btp e Bund tedeschi torna a scendere in chiusura, segnando 271 punti base, dopo aver toccato ieri in serata quota 280 punti. Il rendimento del decennale torna sotto al 2,9% a quota 2,83%. Dietro i recenti rialzi c'è l'incertezza sulle prossime mosse della Bce, la quale secondo quanto dichiarato da Peter Praet, membro del comitato esecutivo, dovrebbe avviare una discussione su una nuova tornata di Tltro (prestiti pluriennali alle banche) al direttivo del prossimo 7 marzo, senza però assumere decisioni concrete. Inoltre pesa il timore che l'economia italiana, entrata in recessione tecnica, possa contagiare il resto d'Europa. Ci sono timori anche per il rallentamento dell'economia tedesca.

L'euro chiude in leggero rialzo sopra 1,13 dollari. La moneta europea passa di mano a 1,1345 dollari e 125,53 yen. Dollaro/yen giù a 110,64. In mattinata si è registrata la caduta del dollaro australiano dopo che la Reuters ha scritto del bando da parte del porto cinese di Dalian al carbone proveniente dall'Australia, un nuovo fronte commerciale che si è aperto.

Dal fronte macro, oltre ai prezzi tedeschi e al Pmi, si registra la conferma dell'inflazione italiana da parte di Istat. In discesa a 48,5, dal 50,3 di gennaio, l'indice Pmi manifatturiero del giappone. Sulla stima preliminare pesano le aspettative dei responsabili per gli acquisti delle aziende sull'andamento della produzione industriale, che virano in negativo per la prima volta da novembre 2012. Markit ricorda che un livello superiore a 50 segnala il miglioramento delle condizioni del settore mentre uno inferiore indica un peggioramento. I dati finali saranno pubblicati il primo marzo. Negli Usa gli ordini di beni durevoli (+1,2% a dicembre) hanno mancato le stime (+1,5%), le richiste iniziale di sussidi per la disoccupazione hanno fatto meglio (-23mila) e ha deluso l'indice manifatturiero della Fed di Philadelphia (-4,1 punti a febbraio). Male anche le vendite di case esistenti a gennaio, scese dell'1,2% a gennaio contro stime per +0,6%, e il superindice dell'economia nello stesso mese (-0,1%).

Tra le materie prime, infine, si segnala la crescita delle scorte Usa di greggio superiore alle attese: +3,67 milioni di barili nell'ultima settimana analizzata. Quando in Europa le contrattazioni volgono al termine, il petrolio Wti cede lo 0,45% scendendo sotto 57 dollari al barile e il Brent lima lo 0,2% poco sotto 67 dollari. L'oro scivola dello 0,55% segnando 1.331 dollari l'oncia.

(La Repubblica)