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Datacenter pubblici, uno spreco miliardario. La strategia per risparmiare

Il Team Digitale (responsabile dell'Agenda Digitale presso la presidenza del Consiglio) annuncia una strategia per rendere più efficienti e sicuri i datacenter della Pa. Facendo risparmiare soldi e parando il rischio di perdita di informazioni critiche per il Paese. Ma c'è il rischio di un nuovo scontro con le Regioni e di un conflitto tra M5S e Lega. Nello stesso giorno, l'Agenzia per l'Italia Digitale presenta il nuovo piano triennale ICT della PA

 

di ALESSANDRO LONGO

12 Marzo 2019

 

Un grosso taglio dei datacenter pubblici, con una gestione centralizzata grazie a una nuova entità amministrativa, per risparmiare 2 miliardi di euro pubblici. È la strategia che ha presentato il Team Digitale (responsabile dell'Agenda Digitale presso la presidenza del Consiglio). Una mossa dirompente, che mira a tagliare il nodo gordiano dei datacenter pubblici, su cui si dibatte dal 2012 tra presidenza del Consiglio e PA locali. Ma è stata anche una mossa che - a quanto risulta a Repubblica - ha spiazzato le Regioni e l'Agenzia per l'Italia Digitale (Agid, l'altra struttura che lavora all'Agenda digitale presso la presidenza), che su questo tema stavano lavorando da anni e che ormai avevano trovato una proficua intesa (come dimostra un documento delle Regioni di febbraio).

Proprio nello stesso giorno l'Agid ha presentato (dopo una lunga attesa) il Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2019- 2021: 240 pagine che descrivono le 90 linee di azione che delineano il percorso di innovazione che le PA devono intraprendere; qui dentro anche il piano Agid sui datacenter.

 

Insomma, da una parte un progetto strategico che mira a far risparmiare tanti soldi allo Stato e anche migliorare la sicurezza ed efficienza di datacenter strategici per il Paese. Dall'altra, c'è di nuovo il rischio che tutto venga rallentato o bloccato per via del perdurante braccio di ferro all'interno delle strutture competenti (figlio di un più grande scontro tra Lega e M5S su questi temi, come già emerso l'anno scorso).

 

Intanto, la strategia - nero su bianco - del Team affronta con decisione la materia.

 

La strategia (si legge sul post di Medium dove la raccontano) si basa su una distinzione fondamentale tra:

 

Servizi non essenziali della pubblica amministrazione. Sono la stragrande maggioranza dei servizi gestiti dagli enti locali e centrali, che non hanno un valore strategico per la sicurezza e il funzionamento del sistema Paese. Rientrano in questa categoria servizi diffusissimi, come ad esempio la posta elettronica, il servizio di protocollo informatico, la rassegna stampa di un ente.

Servizi essenziali o strategici, espressamente elencati dalla direttiva NIS dell'Unione Europea sulla sicurezza informatica e di rete. Questi servizi riguardano la sanità, l'energia, i trasporti, il settore bancario, le infrastrutture dei mercati finanziari, la fornitura e distribuzione di acqua potabile e le infrastrutture digitali. Tutti servizi che per loro stessa natura strategica non possono subire interruzioni e devono essere protetti con il più alto livello di sicurezza.

 

A questo scopo, si propone di "creare un piccolo numero (tra i tre e i sette) di data center nazionali, realizzati secondo dei criteri di massima sicurezza ed efficienza energetica in altrettanti siti idonei, dislocati in diversi punti del territorio nazionale; un'entità amministrativa, il Polo strategico nazionale per le infrastrutture digitali, che a livello centrale avrà la responsabilità di gestire questi data center in maniera coordinata".

 

Ad oggi ci sono circa 11mila datacenter pubblici, scrive il Team (ma nessuno lo sa per certo e secondo altre stime si arriva a 20-30mila, perché spesso sono server pubblici semplici computer nello scantinato di una PA). Questo crea grandi inefficienze di gestione e spesa energetica, pari a 2 miliardi l'anno, sui circa 5,8 miliardi di euro che la Pubblica Amministrazione italiana spende ogni anno nel settore ICT (fonte Consip/Sirmi).

 

Non solo: "Data center così piccoli sono naturalmente poco sicuri. Non parliamo soltanto di sicurezza informatica, ma anche di sicurezza fisica, protezione dei server e del loro funzionamento. Questo perché i data center sono quasi sempre situati in luoghi non idonei, come i centri abitati, oppure in zone a rischio sismico o idrogeologico. Non è un problema teorico: esiste una lunga serie di casi in cui interi servizi della Pubblica Amministrazione sono andati in tilt per fattori esogeni, come un blackout improvviso che ha colpito un data center, o l'esplosione legata a una fuga di gas in un appartamento adiacente, o, nel caso più grave, per il terremoto di Amatrice".

 

Se sono tutti d'accordo sulla necessità di razionalizzare i datacenter e sui motivi stringenti per farlo, il busillis è su come fare: in modo più centralizzato (come vuole il Team) o in modo più radicato sul territorio e in accordo con le Regioni (che in più contesti si lamentano di non avere rapporti con il Team, ma solo con Agid). Regioni che hanno già investito milioni di euro nella riqualificazione dei propri datacenter, confidando - come d'accordo con l'Agid - di renderli "poli strategici nazionali", in base ad alcuni criteri stabiliti.

 

Il nuovo piano triennale Agid

Razionalizzazione, centralizzazione, efficienza sono leit motiv anche del nuovo piano triennale Agid, che guiderà il modo in cui le PA fanno il digitale e vi investono. Ma lo spirito, sostenuto dall'attuale direttrice di Agid Teresa Alvaro, è improntato sull'ampia collaborazione tra tutti gli attori (centrali e locali) dell'innovazione italiana. Questo stesso piano, a quanto risulta, è stato rinviato di mesi perché anche questo finito in una contesa di competenze tra Agid e Team Digitale.

 

(La Repubblica)