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Ici e Imu possono essere pagate anche dal conduttore dell’immobile

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La clausola contrattuale che impone al locatario di pagare le imposte locali non si pone in contrasto con il principio di capacità contributiva e non vìola la regola sul divieto di traslazione del carico tributario a un soggetto diverso

 

di Sergio Trovato

 

Ici e Imu possono essere pagate anche dal conduttore dell'immobile se questo obbligo è previsto nel contratto di locazione. La clausola contrattuale che impone all'affittuario di pagare le imposte locali non si pone in contrasto con il principio di capacità contributiva e non viola la regola sul divieto di traslazione del carico fiscale a un soggetto diverso dal soggetto passivo del tributo. È legittima la clausola contrattuale che pone a carico del conduttore l'onere di pagare le imposte, il cui importo concorre a determinare l'ammontare complessivo del canone dovuto al locatore. Questo importante principio è stato affermato per la prima volta dalle Sezioni unite della Cassazione, con la sentenza 6882 dell'8 marzo 2019.

 

Per le Sezioni unite della Cassazione, la clausola contrattuale che prevede il pagamento a carico del conduttore non viola l'articolo 53 della Costituzione, che sancisce il principio di capacità contributiva. Allo stesso modo non si pone in contrasto con la regola di intrasferibilità del carico tributario su un soggetto diverso rispetto a quello individuato dalla norma di legge. In effetti, l'Imu (e prima ancora l'Ici) è dovuta dal soggetto che sia possessore di diritto dell'immobile (proprietario, usufruttuario o titolare di altro diritto reale di godimento). Non è soggetto passivo del tributo il locatario, il comodatario, l'utilizzatore o l'occupante. Le Sezioni unite, però, hanno giudicato corretta la sentenza impugnata che ha previsto «un'ulteriore voce o componente (la somma corrispondente a quella degli assolti oneri tributari) costituente integrazione del canone locativo, concorrendo a determinarne l'ammontare complessivo a tale titolo dovuto dalla conduttrice». Con «due distinte clausole contrattuali» di un «unico atto», le parti hanno nella specie inteso «determinare il canone in due diverse componenti». I giudici in questa circostanza non hanno ritenuto nulla la clausola volta a riversare l'onere tributario relativo all'Ici e all'Imu, gravanti sull'immobile locato, su un soggetto diverso da quello passivo tenuto per legge a subire il «relativo sacrificio patrimoniale». Nonostante l'articolo 89 della legge 392/1978, che disciplina le locazioni, non indichi in alcun modo, «tra gli oneri accessori a carico del conduttore, ivi tassativamente elencati, anche le imposte patrimoniali relative ai beni locati». Il contratto di locazione prevedeva espressamente che il conduttore si dovesse far carico di ogni tassa, imposta e onere relativo ai beni locati.

 

La Cassazione ha chiarito, inoltre, che la pronuncia non si pone in contrasto con la sentenza 6445/1985, emanata sempre dalle Sezioni unite, con la quale ha sostenuto che il patto traslativo d'imposta è nullo per illiceità della causa contraria all'ordine pubblico, qualora comporti che «effettivamente l'imposta non venga corrisposta al fisco dal percettore del reddito». Questa ipotesi, per i giudici di legittimità, si verifica solo per la rivalsa facoltativa, vale a dire quando il sostituto perde la qualità tipica di mero anticipatore del tributo, non corrisposto al fisco. In questi casi il dovere tributario non viene adempiuto, pur «verificandosi un aumento di ricchezza del contribuente». Cosa diversa è, invece, se l'imposta viene regolarmente pagata e l'obbligazione che impone l'accollo non ha per oggetto direttamente il tributo, ma «riguarda una somma di importo pari al tributo dovuto e ha la funzione di integrare il «prezzo» della prestazione negoziale».

 

14/03/2019

(Italia Oggi)