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Nel 2018 presenza femminile nelle società quotate ai massimi storici

E' quanto emerge dal Rapporto Consob 2018 sulla corporate governance delle società quotate italiane. Il modello di controllo prevalente continua a essere quello familiare

 

A giugno 2018 la presenza femminile nelle società quotate raggiunge il 36% del totale degli incarichi di amministrazione e il 38% degli incarichi di componente degli organi di controllo, in entrambi i casi registrando i massimi storici per effetto dell'applicazione della Legge Golfo-Mosca (legge 120/2011). E' quanto emerge dal Rapporto Consob 2018 sulla corporate governance delle società quotate italiane presentato oggi. La maggioranza degli emittenti ha già riservato al genere meno rappresentato la quota di un terzo dei componenti del board, sia nel caso delle società giunte al secondo e al terzo rinnovo del board successivo alla legge (rispettivamente 156 e 24 con una presenza femminile pari al 36%) sia nel caso degli emittenti al primo rinnovo, a cui è applicabile la quota di genere di un quinto (31 casi, 35% di donne in Cda); il dato si riscontra anche nelle società non soggette alla legge 120/2011 in quanto neo-quotate e nelle imprese che hanno già completato i tre rinnovi previsti dalla legge (complessivamente 17 casi, 33% di donne in Cda).

Mentre aumenta rispetto al passato la quota di donne qualificate come indipendenti (72% a metà 2018 a fronte del 69% nel biennio precedente), si riduce lievemente il numero di casi in cui una donna ricopre la carica di amministratore delegato (14 dai 17 rilevati a giugno 2017).

La presenza delle donne nel board risulta più pronunciata nelle grandi aziende e nel settore dei servizi. Alla maggiore partecipazione femminile si associa una riduzione dell'età media dei consiglieri, un aumento del numero di laureati e una maggiore diversificazione dei profili professionali. Infine, ha raggiunto il minimo storico dell'11% circa la presenza nel board di donne che sono anche azionisti di controllo ovvero sono a questi legate da vincoli di parentela (cosiddette family).

In linea con le evidenze passate, il modello di controllo prevalente delle società quotate italiane continua a essere quello familiare, presente in 145 società. Lo Stato è azionista di riferimento in 23 imprese di dimensioni elevate, che rappresentano il 34% della capitalizzazione di mercato.

Alla fine del 2017 la maggior parte delle 231 società quotate sull'Mta è controllata o da un singolo azionista (177 emittenti) o da più azionisti aderenti a un patto parasociale (22 imprese; erano rispettivamente 181 e 51 nel 2010). La quota media detenuta dal principale azionista è pari al 47,7%, superiore al valore del 2010, pari al 46,2%, mentre il mercato detiene in media una quota di capitale del 40%.

Il 26% delle società quotate (60 emittenti) conta almeno un investitore istituzionale nell'azionariato rilevante, ossia con una partecipazione superiore alle soglie individuate per gli obblighi di trasparenza proprietaria. Il dato, in netto calo rispetto al 2010 e in linea con l'evidenza registrata nel 2016, conferma da un lato la riduzione della presenza di investitori istituzionali italiani e dall'altro l'aumento della presenza di quelli esteri.

Gli investitori istituzionali italiani sono con maggior frequenza azionisti rilevanti di imprese di piccole dimensioni e operanti nel settore industriale, mentre quelli esteri sono presenti soprattutto in società finanziarie e a elevata capitalizzazione.

 

18/03/2019 15:05

(Italia Oggi)