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Basta "fallimenti": il nuovo Codice della crisi e dell'insolvenza in pillole

La nuova legge "fallimentare" non si chiamerà più così: sarà cancellato il termine "fallimento" per abbandonare la connotazione negativa e di discredito, per favorire una cultura di risanamento piuttosto che dell’eliminazione delle imprese dal mercato

 

di FILIPPO LAMANNA*

19 Marzo 2019

 

Il Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza (contenuto nel D.Lgs. n. 14/2019) soppianterà definitivamente il R.D. n. 267/1942, ossia l'attuale legge fallimentare, disciplinando in un unico corpo normativo le procedure che hanno come obiettivo la soluzione della crisi o dell'insolvenza sia dell'imprenditore (commerciale e non), che del debitore civile sovraindebitato, fatte salve alcune eccezioni (enti pubblici, amministrazione straordinaria per le grandi imprese, alcune forme speciali di liquidazione coatta amministrativa).

 

Il Codice esprime peraltro una diversa filosofia, orientata, da un lato, a prevenire le situazioni di crisi, introducendo un diffuso sistema di monitoraggio con strumenti di allerta, interni ed esterni all'impresa, per anticiparne l'emersione e consentire un più tempestivo intervento per fronteggiarle; dall'altro, quando sia inevitabile "fallire", permette di rendere meno traumatico tale evento, obiettivo già sollecitato da varie fonti europee (da ultimo, la Proposta di direttiva UE 2016).

 

Il Codice cerca dunque di favorire una cultura del risanamento anziché dell'eliminazione delle imprese dal mercato, superando la concezione di fondo, storicamente radicatasi, che correlava al fallimento un disvalore sociale considerando il debitore insolvente come un frodatore (decoctor, ergo fraudator) e l'insolvenza come illecito da sanzionare. Più laicamente, l'insolvenza viene vista ora come evento naturale nel quadro del rischio implicito nell'attività d'impresa, e dunque, per quanto fenomeno patologico, comunque statisticamente prevedibile.

 

Da ciò l'idea non più di eliminare al più presto dal mercato le imprese insolventi viste come cellule impazzite, ma di intervenire, da un lato, per prevenirne e arrestarne il declino ai primi segnali, e in ogni caso, dall'altro, non per sanzionare l'imprenditore (salvo che nei casi in cui abbia commesso veri e propri illeciti penali) quanto piuttosto per salvare i valori dell'impresa e consentire allo stesso imprenditore una seconda chance (fresh start). Così, scomparsa la parola "fallito" dalle tavole della legge (per scongiurare l'effetto di disvalore e riprovazione sociale che ancora l'accompagnava), il fallimento è stato rinominato liquidazione giudiziale, e così, a cascata, ogni istituto cui si accompagnava l'aggettivo "fallimentare" è stato rinominato in senso politicamente più corretto.

 

Dalle semplici variazioni estetico-nominalistiche si è passati poi a elaborare nuovi istituti e a ridisegnare, aggiornandoli, quelli preesistenti, nel contesto di una complessiva razionalizzazione dell'intero sistema giusconcorsuale, cui è stato ridato quel connotato di organicità ormai perduto dalla legge fallimentare del '42. Ciò è avvenuto attraverso plurimi strumenti: l'elaborazione di principi generali; la contestuale disciplina sia della crisi dell'impresa, che di quella del debitore civile; la riunificazione dei diversi procedimenti per l'apertura delle procedure di risoluzione della crisi o dell'insolvenza in un unico procedimento; la semplificazione/unificazione dei vari riti processuali; il coordinamento organico tra la disciplina concorsuale e quella societaria, con innovativa attenzione ai gruppi d'imprese; la semplificazione/unificazione del sistema notificatorio con modalità telematiche; la riduzione delle ipotesi di prededuzione e la riduzione della durata delle procedure concorsuali; la previsione di forme di esdebitazione anche automatica; l'estensione dell'area delle imprese soggette all'obbligo di dotarsi di un sindaco o revisore; la previsione di nuove responsabilità dei professionisti; la maggiore responsabilizzazione degli organi di gestione e di controllo; la semplificazione dei criteri di quantificazione del danno nelle azioni di responsabilità verso gli organi di gestione e controllo. E molto altro.

 

*Presidente del Tribunale di Novara e Direttore scientifico  ilFallimentarista.it , il portale tematico Giuffrè Francis Lefebvre  in materia di crisi di impresa e diritto fallimentare

 

(La Repubblica)