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Lo spread Btp-Bund chiude a 285. Tria: "Nervosismo ingiustificato"

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Il differenziale di rendimento con i titoli tedeschi risente della tensione nel governo gialloverde e durante la seduta si spinge fino a 290, poi ritraccia. La Casa Bianca pronta a rinviare di sei mesi i dazi sulle auto, le Borse migliorano

 

di RAFFAELE RICCIARDI

15 Maggio 2019

 

MILANO - Resta alta la tensione sul debito pubblico italiano, con lo spread che sale in parallelo all'escalation di frizioni nel governo gialloverde. Il differenziale tra il rendimento di Btp e Bund tedeschi, ormai tradizionale termometro di quanto i mercati percepiscano salda la tenuta del nostro Paese, sugli schermi di Bloomberg raggiunge quota 290, dai 280 della vigilia. Dopo i massimi dallo scorso dicembre, quando si cercava di ricomporre la frattura con la Ue sulla Manovra in deficit, lo spread chiude la seduta a quota 285.

 

A innescare questa fase di innalzamento, in un periodo già di per sé poco felice per i mercati finanziari vista la querelle tra Usa e Cina sui dazi, è stata l'uscita di ieri del vice presidente del Consiglio, Matteo Salvini, che ha definito "doveroso" lo sforamento dei parametri Ue su deficit e debito per dimezzare la disoccupazione. Una dichiarazione che ha chiamato la repentina contro-mossa di Luigi Di Maio, che si è invece schierato in nome della responsabilità invitando il coinquilino di Palazzo Chigi a evitare sparate e a concentrarsi piuttosto sui tagli agli sprechi e sul recupero di risorse dall'evasione fiscale. Richiamo sul quale è tornato oggi Salvini: "Se una cosa è giusta, va fatta. Non sono al governo per crescere dello 0,3% o dello 0,4%, servono scelte coraggiose, non scelte irresponsabili", ha detto. "Ho due figli, non mi interessa guadagnare consenso alle elezioni europee per poi lasciare una landa desolata a me interessa ambire a un tasso di disoccupazione che non sia del 10,2%". E a chi gli domandava della fiammata dello spread, il leader leghista ha risposto di non esser "assolutamente" preoccupato: "Prima viene il diritto al lavoro, alla vita e alla salute degli italiani".

 

Sull'andamento del Btp è intervenuto infine anche il ministro delle Finanze, Giovanni Tria, per il quale "il nervosismo dei mercati, che si legge nelle oscillazioni dello spread, è ingiustificato ma comprensibile alla vigilia di queste importanti elezioni europee. "Gli obiettivi di finanza pubblica del governo sono quelli proposti dal governo stesso e approvati dal parlamento con il Documento di economia e finanza", ha chiarito sgombrando il campo dalle ipotesi di Salvini.

 

In effetti sui mercati qualche effetto si è già visto. Il Btp decennale italiano rende ora il 2,75%, mentre quello tedesco ha ampliato il suo rendimento negativo a -0,1% ai minimi dal 2016. A voler guardare un Paese più simile a noi, il decennale spagnolo non arriva all'1 per cento. Il differenziale tra Roma e Madrid è arrivato a superare 180 punti base, ai livelli della crisi con Bruxelles che aveva portato l'Italia a sfiorare la procedura di infrazione sul debito, nello scorso autunno. Pochi giorni fa, Antonio Forte del Cer calcolava per Repubblicache veder salire lo spread oltre 350 punti comporterebbe un costo di quasi 750 milioni per la restante parte di quest'anno e 7,7 per il prossimo biennio 2020-2021 (complessivamente 8,45 miliardi).

 

 

L'andamento dello spread tra Btp e Bonos decennali

 

I mercati azionari si sono rafforzati sul finale di seduta, dopo che la Casa Bianca ha fatto filtrare l'intenzione di far slittare di sei mesi l'entrate in vigore dei dazi sulle auto. Trump ha davanti a sè la scadenza del 18 maggio, entro la quale decidere se imporre dazi sulle vetture e le componenti automobilistiche importate. Per legge, ha poi altri 180 giorni per prendere una decisione. Wall Street, reduce da una seduta in recupero, ha girato al rialzo: alla chiusura delle Borse europee, il Dow Jones sale dello 0,4% e il Nasdaq dell'1%. Passano così in secondo piano i deludenti dati Usa sulle vendite al dettaglio (-0,2% ad aprile contro stima per +0,2%) e la produzione industriale (-0,5% sempre ad aprile contro attese invariate).

 

Riprende fiato anche l'Europa: Londra accelera per chiudere a +0,7%, Francoforte sale dello 0,9% e Parigi dello 0,6%. Milano è la più in difficoltà ma limita decisamente le perdite: alla fine l'indice Ftse Mib cede lo 0,14% dopo esser arrivato a -1,5%, complici i ribassi delle banche penalizzate dal caro-spread. In luce Ferragamo dopo i conti pubblicati ieri a mercati chiusi, debole Snam nonostante la trimestrale positiva. Tokyo questa mattina ha chiuso positiva, nonostante le tensioni tra Cina e Usa, soprattutto dopo l'ottimismo mostrato dal presidente Donald Trump sull'esito di un accordo tra Washington e Pechino.

 

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L'euro chiude stabile sopra quota 1,12 dollari. La moneta unica passa di mano a 1,1205 dollari e 122,67 yen. Dollaro/yen frena a 109,49.

 

Dal fronte macroeconomico sono arrivate indicazioni di rallentamento dalla Cina, con la produzione industriale in aprile che è cresciuta del 5,4% annuo ma ad un ritmo nettamente inferiore al tasso annuo dell'8,5% registrato in marzo. Hanno perso slancio anche le vendite al dettaglio che in aprile sono salte del 7,2% ma in decelerazione rispetto al dato di marzo: +8,7%. E' invece ritornata alla crescita la Germania, che nel primo trimestre del 2019 ha visto il Pil salire dello 0,4% congiunturale grazie ai consumi privati e agli investimenti interni nelle costruzioni. Anche il Pil dell'Eurozona, nella stima provvisoria, è cresciuto dello 0,4% mentre gli occupati del trimestre sono saliti dello 0,3%. Luci e ombre nei dati Istat sul fatturato, in crescita a marzo ma con una domanda interna molto debole.

 

La distensione sul fronte azionario manda l'oro in lieve calo sui mercati asiatici. Il lingotto con consegna immediata cede lo 0,1% a 1.295 dollari l'oncia. Il petrolio Wti al Nymex ha virato in rialzo, poco dopo il dato sulle scorte statunitensi, aumentate inaspettatamente di 5,4 milioni nella settimana conclusa l'11 maggio scorso; l'aumento, però, è stato inferiore a quello invece prospettato dall'American petroleum institute, che attendeva un +8,6 milioni di barili. Dopo aver aperto in calo di oltre lo 0,8%, il petrolio guadagna ora lo 0,63% a 62,17 dollari al barile.

 

(La Repubblica)