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Cartellino obbligatorio per tutti i lavoratori

I datori di lavoro, infatti, devono essere obbligati per legge a istituire un sistema di misurazione della durata dell’orario giornaliero svolto da ciascun lavoratore. Lo stabilisce la corte di giustizia Ue

 

di Daniele Cirioli

 

Cartellino per tutti. I datori di lavoro, infatti, devono essere obbligati per legge a istituire un sistema di misurazione della durata dell'orario giornaliero svolto da ciascun lavoratore. Lo stabilisce la Corte di giustizia Ue nella sentenza alla causa C-55/18 emessa ieri, interpretando in questi termini la direttiva Ue n. 89/391/CE con le misure a favore di sicurezza e salute dei lavoratori.

 

Troppi straordinari. La novità scaturisce da un contenzioso sorto in Spagna, dove un sindacato ha fatto causa a un istituto bancario per vederlo condannato a istituire un sistema di registrazione dell'orario di lavoro giornaliero al fine di consentire la verifica delle ore normali e straordinarie effettuate dai dipendenti. Questo perché la banca, nonostante le disposizioni collettive (Ccnl), non aveva ritenuto necessario l'istituzione all'interno degli uffici di un sistema di rilevazione dell'orario di lavoro. In tal modo, secondo il sindacato, ai lavoratori (e al sindacato stesso) era negata la possibilità di controllare il rispetto dell'orario di lavoro pattuito, come pure di calcolare le ore di lavoro straordinario eventualmente prestate.

 

Cartellino per tutti. Nell'affrontare la questione, la corte di giustizia rileva innanzitutto che la normativa Ue fissa delle prescrizioni minime per migliorare le condizioni di vita e lavoro dei lavoratori, tra cui la previsione di limiti massimi di orario di lavoro, normale e straordinario, di permessi e riposi, ecc. Diritti, questi, che spetta agli stati garantirne la fruizione da parte ai lavoratori. Quindi, la corte osserva che, in assenza di un sistema di misurazione della durata dell'orario di lavoro giornaliero svolto dai lavoratori, non c'è altra via per stabilire con oggettività e affidabilità il numero di ore di lavoro svolte, la loro ripartizione nel tempo e il numero di ore straordinario, di fatto rendendo difficile se non impossibile per i lavoratori far valere i loro diritti (in tal casi, infatti, si è costretti a ricorrere a «testimoni» per provare in sede giudiziale le eventuali ore di lavoro prestate in più rispetto a quanto rilevato dal datore di lavoro). In conclusione per la corte è necessario che gli stati obblighino per legge l'istituzione di strumenti che consentano la determinazione effettiva e affidabile delle ore di lavoro; ciò al fine di non privare i datori di lavoro e i lavoratori della possibilità di verificare se i diritti loro garantiti sono rispettati. Un sistema di registrazione dell'orario, infatti, offre ai lavoratori uno strumento efficace che, tra l'altro, facilita sia la prova di violazioni dei loro diritti e sia il controllo da parte dei giudici.

 

Rilevazione e misurazione. Spetta ora agli stati individuare le concrete modalità di attuazione del sistema di misurazione, in particolare per quanto riguarda la forma e tenendo conto delle specificità di ogni settore di attività e delle dimensioni delle imprese. La novità potrebbe modificare l'attuale sistema di rilevazione delle presenze, in base al quale il datore di lavoro è tenuto a indicare nel Lul, Libro unico del lavoro, soltanto un calendario delle presenze dei lavoratori e per ciascun giorno il numero delle ore di lavoro effettuate. Misure spesso rivelatesi insufficienti a fissare l'effettiva «quantità» di lavoro, tanto da indurre gli ispettori ad adottare «prescrizioni» alle aziende, in sede di vigilanza, con l'obbligo di predisporre sistemi di registrazione giornaliera, cartacei o informatici, con orari di inizio e fine dei turni di servizio di ciascun lavoratore. D'altro lato, la novità dovrà fare i conti con la giurisprudenza e le norme in materia di privacy che, in più occasioni, hanno posto come limite, all'adozione di sistemi più particolareggiati di rilevazione delle presenze, l'art. 4 della legge n. 300/1970 che vieta il «controllo» anche indiretto dei lavoratori.

 

15/05/2019

(Italia Oggi)