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In condominio, interventi di riqualificazione facilitati

La legge di conversione del dl slocca cantieri contiene disposizioni specifiche per dare impulso ai lavori post sisma. Da una parte viene ulteriormente abbassato il quorum deliberativo, dall’altra, viene data ai sindaci la possibilità di incidere maggiormente sul recupero degli edifici degradati

 

Pagine a cura di Gianfranco Di Rago

 

Nuovo impulso agli interventi di riqualificazione degli edifici condominiali. La legge n. 55/2019 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 140 del 17 giugno scorso) di conversione, con modifiche, del cosiddetto decreto legge slocca cantieri n. 32/2019, contiene disposizioni specifiche per i lavori in condominio. Da una parte viene ulteriormente abbassato il quorum deliberativo per interventi di recupero edilizio conseguenti a eventi sismici e, dall'altra, viene data ai sindaci la possibilità di incidere maggiormente sulla riqualificazione degli edifici degradati, anche chiedendo al tribunale la nomina di un amministratore giudiziario. In quest'ultimo caso rimane però il dubbio sulle modalità con le quali il neoamministratore dovrà decidere gli interventi e, soprattutto, reperire i fondi per finanziarli.

 

Gli interventi di recupero edilizio nelle aree interessate da eventi sismici. Il cosiddetto decreto sblocca cantieri e la sua recente legge di conversione contengono numerose disposizioni volte ad accelerare la ricostruzione degli edifici nelle zone colpite da eventi sismici. In particolare, l'art. 10 disciplina le modalità di concessione ai privati da parte dei commissari straordinari dei contributi economici destinati alla ricostruzione e/o al recupero degli immobili. Per esempio per gli edifici distrutti è prevista la possibilità di un contributo fino al 100% del costo delle strutture, degli elementi architettonici esterni, comprese le finiture interne ed esterne e gli impianti, e delle parti comuni dell'intero edificio per la ricostruzione da realizzare nell'ambito dello stesso insediamento, nel rispetto delle vigenti norme tecniche che prevedono l'adeguamento sismico e nel limite delle superfici preesistenti, aumentabili esclusivamente ai fini dell'adeguamento igienico-sanitario, antincendio ed energetico, nonché dell'eliminazione delle barriere architettoniche. Il comma 9 della medesima disposizione introduce una significativa riduzione del quorum necessario a deliberare in assemblea i singoli interventi. Vengono espressamente richiamati gli artt. 1120, 1121 e 1136, quarto e quinto comma, del codice civile, relativi, rispettivamente, alle innovazioni, alla ricostruzione dell'edificio e alle riparazioni straordinarie di notevole entità. In particolare, in tema di innovazioni, l'art. 1120, comma 1, e l'art. 1136, comma 5, c.c. richiedono che i lavori siano approvati dalla maggioranza degli intervenuti all'assemblea che rappresenti almeno i due terzi del valore dell'edificio. A questo proposito si ricorda come il quorum sia già a sua volta derogabile ove si tratti degli specifici interventi previsti dal nuovo comma 2 dell'art. 1120 c.c. introdotto dalla riforma del condominio del 2012. Nei casi di cui sopra, infatti, è sufficiente il voto della maggioranza dei presenti all'assemblea che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio. Il medesimo quorum è poi richiesto dal menzionato art. 1136, comma 4 c.c. per validamente deliberare i lavori di ricostruzione dell'edificio e le riparazioni straordinarie di notevole entità. Si tratta, in ogni caso, di cosiddette maggioranze qualificate, ossia di quorum superiori a quello ordinariamente necessario per le deliberazioni dell'assemblea condominiale (cosiddetta maggioranza semplice).

 

Con il cosiddetto decreto sblocca cantieri questi quorum sono stati quindi ulteriormente ridotti. Il comma 9 dell'art. 10, per quanto con una formulazione ancora una volta non del tutto chiara, dispone infatti che gli interventi di cui sopra, a condizione che riguardino immobili distrutti e/o danneggiati da eventi sismici, possano essere decisi con la sola maggioranza semplice, ovvero con il voto della maggior parte dei presenti in assemblea che rappresenti almeno un terzo dei millesimi totali (cosiddetto quorum deliberativo), a condizione che alla riunione abbia partecipato un numero di condomini che rappresentasse almeno la metà dei millesimi dell'edificio (cosiddetto quorum costitutivo). Viene quindi operato un rinvio alla maggioranza semplice soltanto ai fini della deliberazione, mentre l'assemblea potrà dirsi validamente costituita (e potrà quindi deliberare) solo se siano presenti almeno 500 millesimi (e non soltanto un terzo come previsto in via ordinaria).

 

I poteri del sindaco sugli immobili degradati. Rientra normalmente nel novero dei poteri del sindaco quello di ordinare ai privati interventi necessari e urgenti su immobili pericolanti e che rappresentino quindi una possibile fonte di pericolo. Detto potere è da ultimo stato disciplinato dal cosiddetto Testo unico degli enti locali (dlgs n. 267/2000), il quale all'art. 50, comma 5, attualmente prevede che il sindaco, quale rappresentante della comunità locale, può adottare ordinanze contingibili e urgenti a fronte della necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana. Si tratta di un potere eccezionale del primo cittadino, come tale da utilizzare con parsimonia e nella scrupolosa osservanza dei presupposti di legge che ne autorizzano l'esercizio.

 

L'art. 5-sexies del cosiddetto decreto sblocca cantieri, come modificato in sede di conversione in legge, introduce però delle significative novità. È infatti previsto che negli edifici condominiali dichiarati degradati dal sindaco con ordinanza contingibile e urgente, che sia stata quindi già notificata all'amministratore condominiale, qualora ricorrano le condizioni di cui all'art. 1105, quarto comma, del codice civile, si possa procedere alla nomina di un amministratore giudiziario su impulso del medesimo primo cittadino. La nuova disposizione prevede quindi che sia stato individuato un edificio privato sito sul territorio comunale che versi in stato di abbandono e degrado. In questi casi, ove il sindaco, per mezzo dell'ufficio tecnico comunale, abbia valutato che lo stesso possa costituire un pericolo per i terzi, può emettere un'ordinanza di necessità e urgenza con la quale prescrivere gli interventi da effettuare per mettere in sicurezza l'immobile e comandare al proprietario di attivarsi entro un dato termine. Nel caso in cui si tratti di un edificio condominiale, tale ordinanza dovrà essere notificata all'amministratore, quale rappresentante legale della compagine condominiale. Qualora questo non si attivi nei termini indicati, ed è questa la novità introdotta dalla legge, il sindaco potrà presentare ricorso al tribunale competente per territorio affinché si proceda alla nomina di un nuovo amministratore che, come dispone la nuova norma, «assume le decisioni indifferibili e necessarie in funzione sostitutiva dell'assemblea».

 

Il richiamo operato dalla legge all'art. 1105, ultimo comma, c.c. è riferito a una disposizione prevista per la comunione e applicabile analogicamente al condominio. La stessa dispone che in caso di mancata adozione dei provvedimenti necessari per l'amministrazione del bene comune, ovvero allorché non si formi una maggioranza o non venga eseguita una deliberazione assembleare, ciascun partecipante possa ricorrere al tribunale, il quale provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore. È utile anche richiamare il procedimento di nomina in via giudiziaria dell'amministratore di cui all'artt. 1129 c.c. (la relativa legittimazione attiva era fino a oggi riservata ai soli condomini e all'amministratore uscente). La nuova disposizione normativa sembra assegnare un vero e proprio potere sostitutivo all'amministratore, attribuendogli di fatto il potere di agire anche senza autorizzazione assembleare, presumibilmente sulla base delle indicazioni fornite dal tribunale ex art. 1105, ultimo comma, c.c.. Il tallone di Achille di questa nuova previsione sembra però risiedere nella sottovalutazione dell'eventuale mancanza di fondi nelle casse condominiali (eventualità che molto frequentemente è la vera causa della mancanza di interventi di manutenzione sull'immobile). La medesima disposizione si affretta a stabilire che dalla sua attuazione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Spetterà quindi all'amministratore chiamare i condomini a rimpinguare il conto corrente condominiale e perseguire per via giudiziaria i morosi, con (probabile) buona pace delle esigenze di celerità e urgenza sottese all'ordinanza sindacale che aveva messo in moto l'intero procedimento.

 

24/06/2019

(Italia Oggi)