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Ascensore anti-barriere, meno vincoli

Sì all’ascensore esterno all’edificio da costruire molto vicino alle finestre degli appartamenti. E ciò perché le opere che eliminano le barriere architettoniche ben possono essere realizzate in deroga ai regolamenti e agli atti di normazione primaria. Lo sottolinea il Tar Lombardia

 

Pagine a cura di Dario Ferrara

 

Sì all'ascensore esterno all'edificio da costruire molto vicino alle finestre degli appartamenti. E ciò perché le opere che eliminano le barriere architettoniche ben possono essere realizzate in deroga ai regolamenti e agli atti di normazione primaria, dunque anche all'art. 9 del dm 1444/68 che prescrive la «distanza minima assoluta di dieci metri tra pareti finestrate». Il tutto grazie alla sentenza costituzionale 251/08, che ha indicato i problemi dei diversamente abili come «nodi dell'intera collettività». È quanto emerge dalla sentenza 1659/19, pubblicata dalla seconda sezione del Tar Lombardia.

 

Combinato disposto. Accolto il ricorso dell'invalido dopo che il dirigente dello sportello unico per l'edilizia del Comune ha bloccato la Scia per la realizzazione dell'impianto di sollevamento. L'anziano, che vive al quarto piano con la moglie, risulta inabile al lavoro al 35% ed è disponibile a realizzare un servoscala: risulta impossibile portare la cabina al livello del pianerottolo. Sbaglia l'ente locale quando nega il titolo abilitativo in deroga alla distanza tra pareti finestrate. Non c'è dubbio che anche l'ascensore esterno sia un'opera che abbatte le barriere architettoniche, al di là del fatto che sia un disabile a servirsene. E dopo l'intervento della Consulta deve ritenersi che il combinato disposto degli articoli 78 e 79 del Tu per l'edilizia consenta di realizzare anche l'impianto esterno al di là delle distanze previste dai regolamenti e pure dall'art. 9 del dm 1444/68, a patto che siano rispettate quelle indicate dagli articoli 873 e 907 c.c. Non conta che l'ascensore serva un solo piano dell'edificio: si può fare in modo che l'impianto risulti utile anche ad altri.

 

Senza discrezionalità. Possono derogare alle distanze dei regolamenti edilizi non solo gli impianti tecnologici ma anche i volumi tecnici per favorire la mobilità dei disabili: sono opere che consentono di superare le barriere architettoniche. Via libera, dunque, al progetto che prevede sia l'ascensore sia la scala esterni all'immobile realizzati in deroga alle norme sulle distanze minime tra fabbricati previste dai regolamenti edilizi. È quanto emerge dalla sentenza 809/18, pubblicata dalla prima sezione del Tar Lombardia.

 

Bocciato il ricorso del vicino: lecito il piano che prevede la realizzazione dei manufatti che si trovano a nove metri invece di dieci rispetto alla costruzione confinante. Parla chiaro il dm 236/89 all'articolo 2, lettera A), punti a) e b): sono barriere architettoniche gli ostacoli fisici che costituiscono fonte di disagio per la mobilità di chiunque e in particolare per chi ha capacità motoria ridotta o impedita. L'intervento è realizzato proprio per adeguare l'edificio di tre piani alla normativa pro disabili: accanto alla costruzione dell'ascensore e della scala esterna sono demolite le vecchie scale condominiali interne troppo strette per montare il servoscala. In tal caso è automatica e specifica la deroga alle distanze fra costruzioni previste dagli strumenti urbanistici, senza la necessità di valutazioni discrezionali da parte dell'amministrazione. Ma devono essere rispettate le distanze ex articoli 873 e 907 Cc. Il confinante non riesce a dimostrare che vi sarebbero valide alternative al progetto presentato né che i manufatti costituirebbero un'ingiusta servitù a carico della sua proprietà: l'art. 79 del Tu dell'edilizia non esclude il principio di reciprocità nell'applicazione della normativa in deroga al regime sulle distanze.

 

Bilanciamento inadeguato. Il legislatore guarda con favore alle persone che hanno difficoltà a muoversi. Basta la Scia per realizzare in condominio l'ascensore che serve a superare le barriere: il permesso di costruire è superfluo perché l'impianto rappresenta un mero volume tecnico. Il Comune non può bocciare il progetto dell'ente sul rilievo che non rispetta le dimensioni minime senza verificare se c'è possibilità di deroga o suggerire alternative. È quanto emerge dalla sentenza 175/19 del Tar Campania. Il ricorso del condominio viene accolto perché risulta insufficiente la motivazione del provvedimento di stop. Da una parte la Scia è sufficiente in quanto l'ascensore serve ad apportare un'innovazione allo stabile che non costituisce una costruzione in senso stretto; dall'altra l'amministrazione viene meno alla necessità di un bilanciamento fra l'interesse pubblico all'osservanza della normativa di riferimento e l'interesse del condominio a limitare l'impatto delle barriere architettoniche. È lo stesso dm 236/86, nel dare attuazione alla legge 13/89, a prescrivere che l'ascensore vada installato negli edifici con più di tre livelli. E l'articolo 7.5 autorizza il sindaco del Comune a concedere una deroga quando per motivi strutturali l'impianto non può rispettare gli standard dimensionali prescritti. Insomma: l'ente deve motivare in modo rigoroso le condizioni che impediscono l'installazione nel vano scale.

 

Bene primario. Il Comune non può limitarsi a stoppare i lavori se la Scia per l'ascensore a spese del disabile risulta protocollata da più di un mese: è invece tenuto a ricorrere all'autotutela perché il titolo deve ritenersi consolidato. L'autorizzazione al progetto non può essere ostacolata dalle questioni di natura privatistica poste dai condomini contro la realizzazione dell'impianto. Anzi, la giurisprudenza della Cassazione richiede «attenzione civile» nei confronti delle persone con problemi di deambulazione che si fanno carico delle spese laddove l'elevatore può attenuare la loro condizione di disagio. È quanto emerge dalla sentenza 9/2019, pubblicata dalla terza sezione del Tar Puglia.

 

Accolto il ricorso della signora con difficoltà di movimento che abita al terzo piano e vuole realizzare l'impianto nel pozzo della luce condominiale. Alcuni proprietari esclusivi lamentano che ne sarebbe compromesso il loro godimento delle parti comuni dell'edificio perché la cabina può limita la visibilità e toglie aria al cavedio. Ma sono doglianze da rivolgere al giudice civile. E in ogni caso è l'inerzia dell'amministrazione che consente al privato di eseguire l'intervento edilizio in base all'art. 23, comma 6, dpr 380/01: per un solo giorno di ritardo il provvedimento dell'ente locale risulta illegittimo. L'istruttoria degli uffici, poi, è lacunosa: non emergono elementi secondo i quali l'ascensore può incidere su stabilità e sicurezza dell'edificio, mentre la relazione tecnica di parte attesta il contrario. E soprattutto le sentenze di legittimità sono dalla parte delle opere che agevolano la fruizione del bene primario dell'abitazione da parte di chi si trova in condizioni di disabilità.

 

Pregiudizio e serietà. Il favore del legislatore vuol dire anche meno vincoli. La Soprintendenza non può bocciare il progetto dell'ascensore esterno che serve alla persona anziana solo perché la realizzazione dell'impianto in cortile può arrecare un pregiudizio all'immobile vincolato: la legge contro le barriere architettoniche impone all'amministrazione di valutare i rischi che corre il bene tutelato considerando anche la situazione del richiedente, che ha problemi di mobilità. È quanto emerge dalla sentenza 9557/18, sezione seconda quater del Tar Lazio.

 

Accolto il ricorso della signora che chiede di installare l'elevatore nel cortile di un edificio di pregio nel centro storico della Capitale. La vicenda è finita al Consiglio di stato che ha annullato il parere negativo Mibact: in seguito le Belle Arti si dichiarano disponibili a valutare l'installazione di un montascale invece che dell'ascensore. Il punto è che in base al regolamento di attuazione della legge 13/1989 il primo tipo d'impianto non equivale al secondo: può essere utilizzato come alternativa solo negli interventi di adeguamento o per superare modeste differenze di quota. Soprattutto l'amministrazione non effettua alcun bilanciamento degli interessi: troppo generico il riferimento alle dimensioni del cortile e alle aperture esistenti, mentre non risulta spesa una parola sulla salute della richiedente.

 

Normativa di favore anche per le persone non disabili ma solo anziane con disagi fisici e difficoltà motorie: l'amministrazione deve verificare la serietà del pregiudizio all'immobile e l'impatto del progetto rispetto al fabbricato in relazione alle esigenze di tutela richieste dall'interessata. Insomma: i vincoli non possono essere superati in automatico ma il Mibac deve motivare in modo adeguato il diniego.

 

19/08/2019

(Italia Oggi)